Teologia sugli angeli lungo i secoli

don Marcello Stanzione

Nel Medioevo, secolo tormentato da guerre, malattie, da un profondo divario fra la religiosità colta e quella popolare, religiosi e teologi si soffermano sull’aspetto metafisico delle creature angeliche. L’orientamento monastico è quello di confermare l’esistenza terrena a imitazione della vita celeste, prendendo ad esempio gli angeli e venerandoli secondo l’esortazione di S. Bernardo di Chiaravalle, il quale, con Gregorio Magno, concorda la gerarchia angelica suddividendola in nove cori, e in modo ascendente: angeli, arcangeli, virtù, potestà, principati, dominazioni, troni, cherubini e serafini. La loro origine è dello stesso Spirito che ha attribuito loro dei doni, distribuendoli secondo il Suo volere; loro compito principale è la custodia.
In questo periodo, sotto le volte dei monasteri e delle cattedrali risuonano inni sacri in onore dei cherubini e dei serafini.
Tommaso d’Aquino (1221-1274) ha trattato degli angeli in quasi tutti i suoi maggiori scritti (in particolare nella Summa Theologica). La novità del suo pensiero consiste nell’ammettere la totale spiritualità dell’angelo e l’assenza di elementi materiali e corporei. Gli angeli sono sostanze incorporee, cioè esseri spirituali non congiunti ad un corpo, i quali sono vicini a Dio per la loro natura spirituale e vicini agli uomini che sono creature limitate; sono liberi, intelligenti, esecutori del pensiero divino.
Per Giovanni Scoto (1266-1308), la spiritualità degli angeli non differisce molto da quella degli uomini: essi possiedono delle conoscenze ricevute da Dio, ma sono anche in grado di elaborarne altre di eterne, come fanno gli uomini. 
Nei secoli che vanno dal XIV al XVII, si assiste ad una stasi nel pensiero speculativo riguardante l’angelologia presentandosi però un nuovo fervore devozionale particolarmente per l’angelo custode. Tra il 1400 e il 1500, per devozione popolare, si cominciarono a fissare delle date per le loro feste in seguito approvate dai papi. Alla festa di S. Michele, già celebrata in epoca patristica, si aggiungeranno quella dedicate all’arcangelo Gabriele, approvata da Leone X e all’arcangelo Raffaele, fissata per il 24 ottobre, come quella degli angeli custodi sancita da papa Clemente X e dichiarata festa primaria da Leone XIII. L’epoca moderna è contrassegnata dalla riforma protestante. Calvino, respingendo forme di devozione molto accentuate, prende posizione contro l’eccesso di fantasia dello Pseudo-Dionigi sulle gerarchie celesti seppur ne ammette l’esistenza. Il concilio di Trento, per tanti motivi, non tratta la questione degli angeli. Nel catechismo romano ad uso dei parroci, promulgato da Pio V nel 1566, nella parte IV viene messa il rilievo la loro missione di custodia; leggiamo infatti: «Per divino volere è affidato agli angeli il compito di custodire il genere umano e di vegliare al fianco di ogni individuo affinché non lo colpisca troppo grave danno…». Anche il messale romano di Pio V esprime la fede della comunità cristiana negli angeli e la loro presenza nella liturgia. Lo stesso rituale romano promulgato da Paolo V nel 1614, conferma la presenza degli angeli nei sacramenti: battesimo, penitenza, matrimonio, ordine episcopale, unzione degli infermi, liturgia dei defunti.
Giovanni della Croce, pur non trattando in maniera diretta degli angeli, li nomina nei suoi vari scritti e composizioni poetiche; egli non rifiuta la prospettiva dello Pseudo-Dionigi sulle gerarchie celesti, ma rende questa elevazione più accessibile all’uomo. Luigi Gonzaga nel 1589 scrisse per un’esercitazione scolastica un trattato o meditazione sugli angeli, pubblicato postumo in due parti: Degli angeli in comune e Degli angeli in particolare. Nella prima parte egli spiega la dignità della natura angelica e le grazie che le loro virtù possono donare all’uomo. Nella seconda parte si sofferma sugli aspetti e sulle funzioni degli arcangeli, in particolare di Michele (protettore prima d’Israele e poi della Chiesa), successivamente Gabriele (nunzio della divina incarnazione e di Raffaele, che si assume per primo il ruolo di custode nei confronti di Tobia e di suo padre.
Il movimento culturale del ‘700, detto “secolo dei lumi”, tolse splendore e credibilità alle figure angeliche. L’illuminismo si propose di superare i concetti medievali del mondo e dell’universo basati sulla fede, per sostituirsi con i canoni della razionalità. Uno dei principali bersagli dell’illuminismo fu proprio la Chiesa Cattolica, considerata la maggiore responsabile del non progresso della società. C’è una svolta anche nella riflessione angelologica. Di essa incominciarono ad occuparsi alcuni studiosi e cultori della “teosofia” (dottrina filosofica religiosa). Questi però confinavano gli angeli nel mondo dei sogni e dell’immaginazione.
Un importante contributo alla rivelazione dell’angelologia venne offerto in quel periodo da Antonio Rosmini che, per affermare l’esistenza degli angeli, prende spunto dalla legge di discontinuità e gradazione che fece dire a Bacone: “Natura non facit saltus”. Le scoperte scientifiche del XIX e XX sec. e il progredire di una mentalità razionalistica e critica nei confronti di tutto ciò che non poteva essere effettivamente sperimentato, portarono ad un certo scetticismo angelologico mettendone in discussione l’esistenza. Nota è la posizione del teologo protestante Rudolf Bultman il quale considera gli angeli e i demoni soltanto reminiscenze di superstizioni mitologiche.
K. Barth, invece, in sintonia con la dottrina luterana, crede nell’esistenza degli angeli tramandata dalla Scrittura ritenendola una verità di fede, mentre considera un errore della teologia patristica “il mito della caduta degli angeli”, in quanto la loro libertà di creature è pari alla loro innata obbedienza e le loro azioni non possono essere in contrasto con la loro essenza in quanto esseri di Dio.  
 

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