Mzungu, bianco, europeo

Padre Oliviero Ferro

La prima volta che i bambini mi hanno visto in Africa, mi hanno detto:”Angalia,mzungu” (guarda un bianco). Loro che sono “Nyeusi”(neri,scuri), i bianchi li vedevano ogni tanto, soprattutto all’interno. Di fronte a quella parola, mi è venuta la curiosità di capire cosa volesse dire. Il “mzungu” (il bianco) è un po’ il colore, se vogliamo, dei fantasmi (ammesso che siano colorati). Anche a me, a dire la verità, era successo una cosa simile, quando dalla Sardegna (dove la gente è un po’ più scura) ero arrivato in “continente”, sbarcando all’aeroporto di Pisa. Vedevo la gente così chiara, così “bianca”. Mi sembrava di essere arrivato in un mondo diverso. Per tornare al nostro “mzungu” africano, la gente faceva una distinzione, tra il “mzungu padiri” (il padre, missionario bianco) dagli altri “wazungu” (bianchi, commercianti, operai). Capivano che i missionari erano venuti non per farsi i loro interessi, ma per mettersi a disposizione della gente. Mentre i commercianti pensavano a fare soldi…Anche dalle parole si può capire cosa pensa la gente. Il linguaggio è bello perché ti fa incontrare delle persone. E’ un po’ il messaggio di una mostra interculturale sul “dialogo tra le lingue e le culture” che i Missionari hanno allestito qui a Salerno. Poi mi ero abituato al “mzungu” dei bambini, rispondendo loro che erano “Nyeusi” ( negretti). E questo mi ricordava la canzone “Pittore, ti prego, fammi un angelo negro”. Erano simpatici e si divertivano un sacco a prenderti in giro, ma lo facevano bonariamente. Era un modo per cominciare a fare amicizia con loro. Bastava poco. Anche una parola scalda il cuore. E io ne avevo bisogno, essendo “mgeni”(straniero). Loro mi hanno fatto sentire a casa mia sulle rive del Lago Tanganika.