Valentina D’Ambrosio
Non si sente parlare d’ altro, sfruttamento della mano d’ opera, la classe operaia si lamenta e borbotta, persone costrette a lavorare in condizioni di precarietà per stipendi da fame. La maggior parte delle volte ricevono la settimana e non il mensile: costrette per necessitate virtute a sottomettersi , spesso devono fare dalle otto alle dieci ore di lavoro al freddo o al caldo. La maggior parte sono donne che non hanno la forza fisica di reggere tante ore di lavoro, ma per amore dei figli subiscono. Tante volte le vediamo nelle fabbriche senza un’ adeguata situazione di protezione, tra scarpe antinfortunistiche e maschere di protezione, costrette a respirare sostanze tossiche e nocive.
Altre volte nei campi di pomodori, chine su loro stesse: vergognoso! La donna andrebbe valorizzata e non costretta a vivere da neo contadina. Come la donna anche l’ uomo ha le sue esigenze: sfatiamo il mito che sia più forte della donna …anche lui un essere umano e non animale. La mano d’ opera femminile sotto pagata: sarte a volte pagate 2,50 – 5 euro per una piega, senza tenere conto del lavoro di pazienza, ma anche della bravura negli aggiusti sartoriali. Si dice che il lavoro nobiliti l’ uomo eppure tante volte vediamo nei mercati generali lavoratori a nero pur di fare qualcosa , svalutando la merce stessa che hanno in esposizione sulle bancarelle pur di guadagnare qualcosa. La sveglia la mattina suona presto se non proprio di notte eppure tanti fanno la raccolta dei mercati generali o prendono gli scarti delle fabbriche o usato in buone condizioni.
Rivendicano giustizia e tutti dovremmo essere una concordi perché una sola voce non fa rumore, ma tante sono l’ eco della vittoria. La classe operaia é giusto che rivendichi i suoi diritti: non si può mettere la testa sotto terra come gli struzzi e continuare a vivere di maltrattamenti per un tozzo di pane. A volte si fa leva sul senso di colpa di persone quando si rifiutano di lavorare: non va bene, la giustizia deve far trionfare contro lo sfruttamento.