Mi riappare Padre Pio

Mi riappare Padre Pio

Dott. Carmine Paternostro
Sembro osservare le onde del mare in flussi, riflussi, calme, serene o improvvisamente scosse dal vento, vibranti, agitate, urlanti, aggressive. Memorie liete, tristi, serene, ondulanti si accavallano in mente.
In un momento di quiete mi pervade un sonnellino ristoratore. Rimuove le scorie di mille pensieri ed appare, improvvisa, in luce diversa, un’ombra a me nota. Mi sorride, mi accoglie, apre le braccia. Improvvisamente il cuore si acqueta, forse il battito cessa, il respiro è diverso. Ascendo con Lui in un’oasi nuova, rasserenante, paradisiaca, estasi d’attimi ascetici. E ricordo. Svolgo il film di quegli anni infantili, oggi a colori.
Scorrevano gli anni 50: timido, procedevo da bimbo verso il confessionale del Padre, penetrato da chiodi. Taciturno, era assiso su un sedia di paglia e scrutava la profondità del tuo animo. Penetrava, scavava, intimoriva. Quell’inginocchiatoio di legno diventava sempre più duro nell’agitarsi mnemonico delle mie monellerie infantili di giochi spensierati e incoscienti. Avevo atteso il mio turno nella lunga fila di uomini.
Mi aveva preceduto mio padre, benedetto, assolto, accolto come figlio spirituale.
Confessai, ahimè, di aver disertato una Messa domenicale. “Vattene!” fu la risposta imperiosa, decisa. Timidamente replicai: “se mio padre non mi vede fare la Comunione mi mena”. “Fa bene a menarti”, aggiunse. Il mio era un fragile tentativo di impietosirlo, mio padre, un buono per eccellenza, non mi avrebbe mai “menato”. A posteriori capii
il significato del Sacramento che ci coniuga a Cristo, nell’ascendere verso il Calvario.
Oggi avrei replicato che se Dio è amore, misericordia e perdono, perché non aspirare anche alla sua misericordia e perdono, con assoluzione finale? Ma oggi è oggi, i decenni si sono succeduti nelle stagioni. Il tempo matura, apre la conoscenza di tanti misteri, svela, dà risposta ai tuoi dubbi. E conobbi il vero volto del Padre.
Nella confessione successiva, diplomaticamente affermai: “Padre, questa volta sono pentito e ho giocato anche a fare il santo”. Mi rispose, sereno: “E che ci vuole? Mica è difficile diventare santi”. Aggiunse: “di dove Sei?”, “calabrese”, risposi. “Brutto calabresaccio”, replicò, salutandomi con una benefica benedizione e assoluzione ristoratrice. E mi chiedo, tuttora, se è più facile essere santo o peccatore. La risposta mi viene dal suo incedere lento lungo la fila di noi uomini, in rispettoso silenzio e dalle carezze e sorrisi ai tanti bambini, al mio desiderio d’essere visto, considerato, non trascurato. Il suo messaggio mi suggerisce che la mia missione non è terminata, che la strada continua pietrosa. Sul duro selciato ho battuto violentemente la testa, sono ancora vivente. Per penitenza dovrò percorrere ancora la dura salita e sia felicemente
così.
E’ più facile essere santo o peccatore? Accolgo il Suo sorriso, la benedizione e il perdono. E’ privilegio riconoscermi amico. Occorre tempo per lievitare. Nell’estatica oasi paradisiaca di un sogno, sorridente, luminoso, accogliente mi benedice e continua ad assolvermi.