La Voce e la Vita della Chiesa: ”Predicare il Vangelo con la vita“

La Voce e la Vita della Chiesa: ”Predicare il Vangelo con la vita“

Diac. Francesco Giglio

La settimana dopo la resurrezione del Signore che volge al termine, segna anche per tutti noi un momento importante per la nostra fede. L’aver vissuto i momenti forti della Settimana Santa ,ci richiama ad approfondire quanto vissuto e sperimentato. Inizia con la resurrezione la crescita della Chiesa, nata dal costato di Cristo sulla croce. Il Signore come ai suoi discepoli dice anche noi: “Andate il tutto il mondo ed annunciate il mio Vangelo”. L’incontro con il Signore è un grande mistero che si compie nella misura in cui Lo lasciamo entrare dentro le porte chiuse (cfr. Gv 20,19) della nostra storia, con la forza inarrestabile del Suo amore, capace di donarsi anche in mezzo alle tenebre del peccato e della morte: «Non temere!… Ero morto, ma ora vivo per sempre» (cfr. Ap 1,17-18). Tutti i racconti delle apparizioni di Gesù che si verificano in questi otto giorni dalla sua resurrezione, mostrano un Signore risorto che, si rivela con estremo pudore ai suoi discepoli, mostrandosi senza alcuna fretta e attraverso una serie di segni: le bende a terra, il cuore che arde, la rete che raccoglie pesci, la testimonianza delle donne. Presentandosi così, il Signore Gesù ridona fiducia e speranza: «E i discepoli gioirono al vedere il Signore» (cfr. Gv 20,20). Il segno inequivocabile di questa speranza ritrovata è assicurato dal mandato di essere testimoni della rivelazione di Dio che il Signore, non ha alcuna intenzione di revocare ai suoi amici. Infatti, Egli dice loro: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (cfr. Gv 20,21). Gesù non fa nessuna considerazione, nessun rimprovero e nessuna predica ai suoi apostoli. Egli conosce bene le loro debolezze e la fragilità dell’umanità. Ciò nonostante, dona prima a loro e poi a noi lo Spirito Santo. Il Signore risorto, nonostante i nostri tanti fallimenti, desidera ancora stare insieme a noi perché crede che proprio la nostra fragilità, sia capace di esprimere il mistero della pace e del perdono reciproco. Ci aiuta a non isolarci e a non creare barriere e incomprensioni, alimentando in noi il desiderio e la gioia di stare insieme e in comunione con Lui, per realizzare già in terra il Suo regno di amore e di pace. Otto giorni dopo la Pasqua si conclude il grande «giorno che ha fatto il Signore» (cfr. Sal 117[118],24) per noi e per la nostra salvezza. L’esperienza dei primi testimoni del Risorto ci ricorda che alla gioia della risurrezione, non si accede in modo scontato e lineare. L’incontro con il volto del Signore è un grande mistero che si compie, nella misura in cui lasciamo entrare dentro le porte chiuse (cfr. Gv 20,19) della nostra storia, la forza inarrestabile di un amore capace di donarsi anche in mezzo alle tenebre del peccato e della morte: «Non temete!… Ero morto, ma ora vivo per sempre» (cfr. Ap 1,1718). Tutti i racconti delle apparizioni con cui ci siamo allietati nei giorni dell’ottava, ci hanno mostrato un Signore risorto che, anziché manifestarsi in modo clamoroso e convincente a tanti, preferisce rivelarsi con estremo pudore a pochi, mostrandosi senza alcuna fretta e attraverso una serie di segni: le bende a terra, il cuore che arde, la rete che raccoglie pesci, la testimonianza delle donne. Egli si presenta senza alcuno spirito di rivalsa, anzi offrendo i segni di un amore liberamente vissuto «le mani e il costato» e a tal vista “i discepoli gioirono al vedere il Signore» (cfr. Gv 20,20) e accolsero il suo saluto e il suo mandato. Dopo avere incontrato il Signore non si può fare a meno di dire anche agli altri che, oltre alla morte e il dolore, c’è un amore immenso che ci custodisce. Oltre la morte c’è una vita autentica che ci attende. Il mondo aspetta sempre la” Parola di Dio” e aspetta chi l’annuncia. L’annuncio non è solo roba da missionari, ma impegno di ogni battezzato e di ciascun discepolo. Il Vangelo è perciò dinamismo. Non possiamo più pensare di evangelizzare tutti comodamente da casa o dai banchi delle nostre chiese. Proclamare il Vangelo vuol dire anzitutto conoscerlo per annunziarlo a chi ha bisogno di una parola che libera, consola, guarisce e ridona vita. C’è chi impone il suo modo di vedere come se fosse “vangelo” oppure chi annuncia una versione riveduta e corretta del Vangelo secondo le proprie esigenze. Chiediamo al Signore che ”la nostra vita sia Vangelo e che il Vangelo sia tutta la nostra vita”. Riconosciamo che è  il Risorto che incrocia la nostra esistenza e facciamo in modo che, attraverso di noi, tutti possano incontrare Gesù e sperimentare quella dolcezza di cui il mondo ha bisogno. Il suo invito è rivolto anche a noi, che nella semplicità della vita quotidiana,  ci aiuta a testimoniare la nostra fede attraverso gesti di gentilezza e attenzione agli altri.

Oggi è anche la domenica della divina misericordia che è una festività cattolica, istituita nel 2000 da San  Giovanni Paolo II. Essa coincide con la “domenica in albis”, ossia con la domenica successiva a quella di Pasqua. Questa ricorrenza nasce in seguito ad una apparizione ed una richiesta fatta alla santa mistica polacca Faustina Kowalska che ella riportata nel suo diario:  “Desidero che la Festa della misericordia sia di riparo e di rifugio per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori. In quel giorno sono aperte le viscere della mia misericordia, riverserò tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della mia misericordia. L’anima che si accosta alla confessione e alla santa Comunione riceve il perdono totale delle colpe e delle pene… Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me, anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto”.