Montevergine: “Juta dei Femminielli”  

Montevergine: “Juta dei Femminielli”  

Maria Amendola    

 Il 2 febbraio si celebra un famoso pellegrinaggio fatto di tanta fede ma anche tanto di folklore cioè quello della “Juta dei femminielli (“l’andata” degli uomini che sentono di essere donne)” da Mamma Schiavona, la Madonna Nera di Montevergine (AV). In questo giorno la prima delle grandi festività mariane che sono quattro e cade anche con la “Candelora, il giorno della purificazione (40 giorni dopo la nascita di Gesù)” ed in questo giorno si benedicono e distribuiscono le candele “simbolo di Gesù, luce che illumina i fedeli”. Questo pellegrinaggio trae origine da un evento datato al 2 febbraio 1256 e riguarda una coppia omosessuale (alcuni tramandano che si trattasse di 2 donne altri sostengono che si trattasse di 2 uomini) sorpresa a baciarsi, la coppia fu cacciata dalla comunità e anche denudata, incatenandola ad un palo o ad un albero condannandola ad essere sbranata dai lupi e uccisa dal pungente freddo sul monte Partenio, sacro alla Madonna nera di Montevergine che salvò la coppia facendola sopravvivere e riscaldandola con la sua luce misericordiosa, e liberandola dalle catene facendo in modo che il miracolo fosse palese e per tanto permettendo così alla coppia di vivere alla luce del sole nella comunità.

Da allora ogni 2 febbraio si onora questa grazia. Si tratta di un pellegrinaggio dapprima silenzioso e lento, poi sul sagrato della chiesa si prega, si danza, si da sfogo alle tammorre, si invoca, si canta, si ci inginocchia e si saluta la Madonna promettendole di tornare l’anno seguente e facendogli i dovuti omaggi. Dopo aver ringraziato la Madonna l’emozione prende il sopravvento e il viaggio di ritorno è una festa. Nelle “Cronache di Montevergine” del 1642 dell’abate Gian Giacomo Giordano, si narra che in un incendio avvenuto in un ospizio tra le vittime furono ritrovati molti uomini vestiti da donne e molte donne vestite da uomini.

Anticamente esisteva il culto pagano di Cibele (dea Madre degli  Dei del II millennio, divinità protettrice delle Terra e delle fecondità) e di Artemide (dea greca della caccia, della foresta e del tiro dell’arco), infatti vicino la chiesa si trovano i resti di due tempi pagani dedicati alle due dee grandi Madri pagane, culto affine e sembra che si sia trasformato poi in quello cristiano per  la Mamma Schiavona ovvero la Madonna di Montevergine, una delle  Madonne sette “sorelle” che rappresentano sette particolarità di Maria Vergine: Madonna dell’Arco (Sant’Anastasia), la Madonna delle Galline (Pagani); Madonna Pacchiana (Castello di Samma Vesuviana), Madonna dei Bagni (Scafati); Madonna di Materdomini (Nocera Superiore); Madonna dell’Avvocata (Maiori) e Madonna di Montevergine (Avellino). Secondo la tradizione sei Madonne erano bianche quindi “belle” e una dalle pelle scura considerata la più “brutta”, ovvero la Madonna di Montevergine  che a causa delle sua “bruttezza” prese l’appellativo di “Schiavona” ovvero di straniera. Il culto delle Madonne e dee “con la pelle scura” ha origini medievali, in quanto è un vero richiamo a Iside (dea egiziana della maternità, della fertilità e  della magia) e alla dea Cibele. “Nigra sum sed formosa (Bruna sono ma sono bella. 1.5)”, frase estrapolata dal “Dal Cantico dei Cantici”.

La Madonna di Montevergine  viene festeggiata due volte ogni anno: il 2 febbraio con la “Juta dei femminielli”, e il 12 settembre giorno in cui si celebra la “juta” (andata) in onore del “nome di Maria”, ma si tratta di un pellegrinaggio usuale e non particolare come quello del 2 febbraio.

Otto secoli di fede e di folklore, con una promessa che si rinnova ogni anno, quella di tornare da Mamma Schiavona l’anno seguente.