Willy Monteiro e Maria Paola Gaglione, vittime di sopraffazione su più debole

Bianca Fasano
Persino la voce di un Papa, oggi, si sta facendo sentire, per far comprendere che l’amore, tra due persone responsabili, deve essere rispettato. Noi ci preoccupiamo del virus Ebola, ci preoccupiamo del Covid, che non “INFETTI” i nostri giovani studenti nelle ore di scuola. Non ci preoccupiamo di un altro “virus”, quello dell’odio e dell’incomprensione per le scelte degli altri. Difatti, Willy Monteiro e Maria Paola Gaglione, sono state vittime della più grave “infezione” della società: la convinzione del diritto alla sopraffazione sul più debole e la “falsa coscienza di una normalità” che in natura non esiste.
Il virus che ha infettato (lui, sì), Michele Antonio Gaglione. Lui che si preoccupava del come la sorella fosse stata “infettata” dal suo innamorato, Ciro. I fatti sono noti:
Michele Antonio Gaglione  ha speronato lo scooter su cui viaggiavano da Caivano ad Acerra la sorella Maria Paola Gaglione e Ciro Migliore, un ragazzo trans di sesso femminile nella notte tra giovedì e venerdì. Maria Paola è morta, mentre il compagno è rimasto ferito; non essendosi forse reso conto di avere uccisa la sorella,il Gaglione si è poi scagliato contro Ciro Migliore, picchiandolo e accusandolo di avere plagiato Maria Paola. Ai carabinieri ha detto: “Volevo darle una lezione, non ucciderla. Ma era stata infettata.”
Altro che Covid! Il vero virus che si dovrebbe estirpare è quello della ignoranza. È la colpevole delle reazioni smodate, esagerate, villane, aggressive, persecutorie, che molte persone hanno nei confronti di chi ritengono essere in dovere di subirle. Può trattarsi di un genitore, che uccide una figlia perché accusata di non seguire le regole della loro religione (in molti casi dell’interpretazione giustificativa di questa). Di un partner che recita :”O mia o di nessun’altro”, della violenza sui figli. Non è una “ignoranza” purtroppo, che l’insegnamento delle lettere latine o della matematica, possa sanare. È l’ignoranza rispetto alla libertà degli altri ed al fatto che la nostra termini, quando inizia, appunto, quella altrui. È anche l’ignoranza che vive proprio del concetto “il debole va sopraffatto”, perché “io sono il più forte, il più “ganzo”, ho i muscoli, sono abbronzato, faccio palestra, mi faccio fotografare coi muscoli in mostra, sono esperto, magari, di lotta, wrestling e boxe tailandese, anche karate. Volete che non lo metta in mostra in qualche pestaggio? Debbo pure mostrare agli altri le mie qualità, cosa importa se “l’altro” si chiami Willy Fonteiro Duarte, abbia 21 anni e stia difendendo un amico? Noi, già in altre occasioni, abbiamo dimostrato la nostra forza e nessuno ci ha fermato, quindi abbiamo il potere di uccidere. Lo distribuiamo: un colpo tu, un calcio io, una mossa di karate per ciascuno; mica siamo colpevoli singolarmente? Uccidiamo in gruppo.” Si potrebbe pensare che Michele Antonio Gaglione abbia ucciso, invece, da solo. Però non è vero: alle sue spalle c’erano le convinzioni del territorio in cui vive. Le parole offensive che forse qualcuno aveva avuto verso la sorella e Ciro, “la tradizione” della “normalità”. Infine: la chiamiamo ignoranza, per semplificare.
Intanto la stima che volevano trovare negli altri, a merito della loro “potenza”,i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, insieme a Mario Pincarelli accusati dell’omicidio di Willy Monteiro, in carcere non sembra l’abbiano trovata:
sono in isolamento a Rebibbia, secondo la normativa anti-Covid, però potrebbero vedere prolungato il proprio confinamento anche allo scadere della quarantena sanitaria disposta per tutti i nuovi ingressi in carcere, perché non sembra desiderino compagnia. Difatti i legali dei tre “presunti assassini” di Willy Monteiro pare abbiano chiesto al giudice di tutelare l’incolumità dei loro assistiti. Temono i rischi connessi ad eventuali ritorsioni nei loro confronti da parte di altri reclusi. Non hanno ricevuto, quindi, appoggio alla loro dimostrazione di forza, avvenuta con il pestaggio-omicidio del 21enne Willy Monteiro Duarte.
Anche in carcere vi sono regole che potrebbero fare apparire, piuttosto che come una dimostrazione di forza, come un gesto vigliacco e odioso, l’avere massacrato in gruppo un ragazzo indifeso. Tra chi finisce in galera, per una legge non scritta, quella violenza sarebbe assimilabile a quella consumata contro donne e bambini. Come “Una macchia nel curriculum anche del peggior criminale”, che potrebbe portare ad una ulteriore violenza da parte dei carcerati, sotto forma di “giustizia”. Almeno questo si legge su il Messaggero che riporta la richiesta degli avvocati dei fratelli Bianchi.
Annotiamo che i profili social degli indagati per la morte di Willy, così come quelli dei familiari, sono da giorni inondati di minacce.
Michele Antonio Gaglione, accusato di omicidio preterintenzionale, violenza privata e lesioni personali, é nella Casa Circondariale di Poggioreale. Forse non voleva davvero uccidere. Voleva soltanto fermare quella coppia che lui riteneva essere anomala, restituire alla sorella quella che lui percepiva come “normalità”. Si ritrova con una indimenticabile colpa sulla coscienza, qualsiasi sia il giudizio che la legge avrà nei suoi confronti, in quanto, se la sorella non fosse morta nell’impatto con un tubo per l’irrigazione (che le ha tranciato la gola), ma soltanto ferita, come il compagno, non sarebbe stato accusato di omicidio preterintenzionale e violenza privata aggravata dall’omofobia. Come verrà accolto dai detenuti per la sua volontà di “salvare l’onore della sorella”? Non lo sappiamo.