Il Sud Crocefisso

Giuseppe Lembo

Purtroppo, il Cilento, pur essendo l’ombelico del mondo, per essere la Terra dei saperi eleatici (il pensiero parmenideo dell’Essere), assolutamente centrale per il futuro dell’uomo che inesorabilmente ha scelto la strada umanamente sbagliata del solo avere-apparire, non sa assolutamente che fare e come potrebbe essere una realtà territoriale saggiamente attenta al proprio futuro. Questo povero e triste Cilento, abituato da tempo a farsi male per colpa dei suoi poco saggi uomini che lo governano, proprio non la smette di stupirci per le tante tappe forzate del suo cammino sbagliato; un cammino fatto di negatività umane che fanno tanto male al presente ed ancora più, fanno tanto, ma tanto male, al futuro cilentano.  La causa dell’arretratezza cilentana è, prima di tutto, una causa culturale; il Cilento, come gran parte del Sud, soffre di una profonda arretratezza culturale. Nel Cilento c’è, purtroppo, un nanismo culturale diffuso e dominante; un nanismo che ha prodotto non sviluppo, con alla base una triste condizione umana, mista a rassegnazione ed a scelte di non protagonismo, quale quella dannata ed ormai di lungo corso, di trovare le soluzioni possibili per il futuro della propria vita, abbandonando il Cilento. Una soluzione non soluzione che a danni aggiunge danni, sottraendo al Cilento quelle risorse umane (di cervelli e di braccia da lavoro), senza le quali non c’è sviluppo; non c’è possibilità alcuna di costruire insieme un progetto di sviluppo possibile sia dal punto di vista umano che dal punto di vista territoriale. Il Cilento, in un tempo non lontano, Terra della civiltà contadina, oggi inesorabilmente ed a passi spediti, sta perdendo anche questa sua specifica identità umana dalle forti radici e dal forte e sacrale fare di un impegno diffuso di conservazione dei territori, strappati con sofferti sacrifici alla macchia mediterranea e con un fare saggio, terrazzati e piantumati (soprattutto con olivi e fichi), conservando una Terra – paesaggio non solo bella da vedere e da vivere per tutte le sue buone caratteristiche ambientali mediterranee, ma anche e soprattutto, per i suoi buoni e salutistici prodotti dai sapori antichi che ne hanno fatto per secoli una Terra del vivere sano, della longevità e della buona salute, così come riconosciuto dall’UNESCO, attraverso l’inserimento della Dieta Mediterranea, nella lista del patrimonio immateriale dell’umanità. Si è trattato di un grande ed importante riconoscimento interamente reso possibile dagli studi riguardante il rapporto cibo/salute, messi a punto per lungo tempo, sul territorio cilentano dallo studioso di nutrizione statunitense Ancel Keys che, attraverso i suoi studi antropico-territoriali, ha fatto conoscere il Cilento nel mondo come Terra del buon vivere e della buona salute. Ma oltre a tutto questo, come attentamente studiato da un altro pensatore americano, il politologo E. Banfield, in senso generale il Sud, ed il Cilento in particolare è umanamente chiuso in se stesso; un mondo di solitudine, con radicate caratteristiche umane familistiche amorali, oggi tra l’altro, mutate in una condizione di individualismo che rende purtroppo invivibili tante realtà cilentane, non più realtà dove è bello vivere (paesi dell’anima), ma un mondo di profonda e sofferta solitudine (paesi senz’anima). Che brutta mutazione genetica! Una situazione ormai e sempre più espressione di una vita non vita dell’umanità cilentana, oggi come non mai rassegnata al nulla esistenziale; tanto, con indifferenza per tutto e con una forte e determinata volontà di rifugiarsi sempre più nel mondo virtuale del web, con amici dialoganti, i soli invisibili del web; tanto succede al Cilento sedotto ed abbandonato, più che altrove, con conseguenze gravi per l’umanità cilentana che, un tempo, nel lungo corso della civiltà contadina era attivamente dialogante ed aperta al confronto con l’altro, bevendo spesso insieme un buon e salutare bicchiere di vino. È questo il Cilento di oggi; un Cilento, più che mai sedotto ed abbandonato; un Cilento, terra di profonda solitudine, dove i suoi tanti paesi dell’anima, sono diventati sempre più paesi vuoti e senz’anima, con tanti scenari tristi dalle profonde sofferenze esistenziali che, volendolo, si possono eliminare, in quanto trattasi di sofferenze volute dall’uomo che nel Cilento, più che altrove, diabolicamente agisce facendo e facendosi male, aggiungendo così mali ai mali, senza saperne poi trovare le soluzioni possibili per uscirne. Un male antropico del Cilento, purtroppo, in continuità con il passato, sta nel fatto che si produce poca conoscenza e di conseguenza altrettanta poca innovazione; l’individualismo e la solitudine agiscono negativamente contro l’insieme solidale e contro la capacità di operare solidalmente per il bene comune; così facendo, proprio non si sa pensare positivo, pensando insieme al futuro, come un percorso umano fatto di idee condivise, utile alla gente non solo e tanto nel presente, ma soprattutto per quelli che verranno e che, nel Cilento, ombelico del mondo, per il suo patrimonio del sapere parmenideo dell’Essere, possono trovare le radici di un mondo nuovo. È importante ricordare al Cilento ed ai cilentani, una significativa frase di Pitagora “Lascia che la tua mente inquieta ascolti e impari”. Una frase importante che, travalicando i confini cilentani, meridionali, italiani, deve necessariamente raggiungere le menti inquiete dell’Europa, dell’Occidente e del mondo, aprendosi così ad un’attenta serenità di ascolto e predisponendo il proprio essere uomo ad atteggiamenti virtuosi finalizzati ad imparare, per meglio conoscere e capire gli altri; i tanti altri della Terra, portatori di diversità-ricchezza.