Dismissione Italia- L’era digitale, cancella, tra l’altro, gli scrittori italiani

Giuseppe Lembo

L’Italia, un tempo felice, Terra di poeti, di pensatori e di tanti ottimi scrittori, conosciuti nel mondo e patrimonio caro al mondo, oggi rischia di vedersi cancellata la figura assolutamente importante dello scrittore, smontata dal digitale e sempre più indifferente alla società italiana.  Per falso e vuoto “populismo culturale” il nostro Paese è concretamente convinto che la sola cultura del futuro italiano sia quella del web, dove si può trovare di tutto e di più, ma dove e sempre più spesso ci sono, purtroppo, i soli surrogati di una pseudocultura o meglio dire di una cultura spazzatura che non giova assolutamente al nuovo italiano e soprattutto non giova ad un’umanità italiana, soprattutto giovanile, opportunamente capace di protagonismo e di utili saperi per conoscere le cose del mondo e costruire insieme nuovi percorsi di umanità condivisa. Purtroppo anche la cultura, diventata cammin facendo, pseudocultura, è considerata in Italia un bene di consumo; un bene di consumo di massa, dove non è più di casa il dominus di sempre, ossia chi era capace di pensare e di scrivere per il pubblico, meglio rappresentato come il pubblico dei lettori che, nelle pagine scritte, ricche di saperi, di idee e di valori, ritrovava sempre il necessario per una forte e consapevole condizione umana e per un insieme capace di protagonismo condiviso, per costruire l’uomo sociale proiettato nel futuro possibile. Per questo obiettivo di società in cammino nel nostro Paese, lo scrittore ha avuto un ruolo importante; un ruolo che, nonostante la crisi con le radici in pratiche culturali fortemente spurie nate dalle nuove tecnologie digitali del web, niente e nessuno potrà comunque, mai cancellare, come valore culturale acquisito di cui l’Italia ha sempre avuto bisogno, traendone vantaggi e benefici e di cui, anche nel “saggio” futuro, non si potrà assolutamente fare a meno. Siamo, in Italia e nel mondo, ad un bivio. Non si può con leggerezza commettere l’errore di cancellare la voce narrante degli scrittori, mancando i quali, ci sarebbe un grave ed assordante vuoto di futuro. Non si può nel nostro Paese, terra di pensatori e di poeti, fare a meno della voce amica dei pensatori e dei poeti; non si possono assolutamente cancellare gli scrittori. Saremmo, se così fosse, ad un mondo, non mondo. Saremmo ad un mondo umanamente dismesso; ad un mondo di un opprimente vuoto umano, dal futuro fortemente negato. Gli scrittori, i poeti, servono oggi più che mai all’Italia; servono alla gente italica che ha bisogno della loro voce, dei loro saperi, dei valori universali dei loro messaggi di umanità che non possono essere assolutamente cancellati e/o affidati ad altro, il surrogato del pensiero di chi scrive. L’Italia, il mondo, senza il saggio pensiero degli scrittori, senza la loro coinvolgente umanità, senza la voce dei suoi poeti, dai valori infiniti, proprio non potrebbero vivere; l’Italia, il mondo senza di loro, avrebbero una assoluta difficoltà ad esistere come insieme umano; come mondo dell’anima, orfano della loro presenza, sarebbe un mondo senz’anima; sarebbe un mondo senza vita; sarebbe un mondo poco italiano; assolutamente poco, da futuro italiano. L’allarme sulla fine degli scrittori nel nostro Paese è, purtroppo, un allarme fondato; fa parlare molto di sé. Produce in tutti gli italiani, anche in quelli che sono indifferenti alla cultura, ai saperi, alla conoscenza, un comune senso di “allarme rosso” ed un appello condiviso di continuare a dare voce, creandone concretamente le condizioni, ai tanti scrittori e poeti italiani, saggi depositari di saperi, di conoscenza, di umanità e di valori che non possono essere assolutamente cancellati; che non possono essere negati a nessuno e tantomeno possono essere negati al futuro italiano. Non possono essere negati ad un Paese con un passato di saperi umanistici che ci invidia il mondo ma che, maltrattati dal diffuso nanismo culturale delle false mode, ne fa, purtroppo, rischiare l’estinzione. Siamo al tentativo di fare trionfare l’imbecillità; un tentativo che, come detto da M. Maccari, spinge tanti italiani di pensiero, a considerare un onore l’essere sconfitti. Una condizione purtroppo triste; una condizione umanamente triste che, proprio non porta da nessuna parte, se non al disastro finale della società del nostro Paese, una società dalle crescenti dismissioni e dalle mancate opportunità di investimento, tra l’altro, anche per quella conoscenza, che in sé ha la grande forza di produrre, cambiamenti e sviluppo e che ha le sue concrete radici nel sapere dei libri.