Salerno: presentata III ediz. Festival Musica da Camera Sant’Apollonia

Presentata presso il Salone del Gonfalone di Palazzo di Città, la III edizione del Festival di Musica da Camera Sant’Apollonia. Un evento, nato dalla sinergia del conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno, con un progetto del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani e la Bottega San Lazzaro guidata da Chiara Natella che ospiterà la rassegna nella cornice della Chiesa di Santa Apollonia. Ad illustrare il programma, ospiti dell’amministrazione comunale rappresentata dall’Assessore Ermanno Guerra, che vedrà impegnati allievi e docenti del nostro conservatorio dal I al 12 giugno ogni sera alle ore 20, il direttore della massima istituzione musicale cittadina, Imma Battista, il vice-presidente Franco Massimo Lanocita, Chiara Natella, responsabile della Bottega San Lazzaro, nonché la docente del “G.Martucci” Anna Bellagamba, referente del settore disciplinare Musica da Camera, direttore artistico del progetto. “Il festival raddoppia i concerti e sarà dedicato a Peppe Natella –hanno annunciato coralmente i relatori – che da sempre ha affiancato il conservatorio e il comune, dando spazio ai giovani. “Gli allievi del Martucci devono avere il contatto con il pubblico –ha dichiarato Imma Battista – e Santa Apollonia è un palcoscenico perfetto per lanciarli nell’agone artistico. Gode di un pubblico eterogeneo e molto esigente, che segue tutte le nostre produzioni”. “Un’ouverture alla lunga estate salernitana è divenuto questo festival – ha continuato Ermanno Guerra – ormai istituzionalizzato capace, grazie alla perfetta organizzazione, di indirizzare molto pubblico in un luogo non semplice da individuare e che ora fa coppia con un rinnovato Museo Archeologico Provinciale”. Sono dodici le serate di un cartellone firmato da Francesca Taviani e Anna Bellagamba, in cui allievi e docenti della massima istituzione musicale della città animeranno il palcoscenico privilegiato di Santa Apollonia. Serata inaugurale fissata per il I giugno, con una serata monografica dedicata a Robert Schumann aperta dall’esecuzione di alcuni lied, dettati dall’ attrazione per un intimo ed individualizzato tono lirico, implicito nella peculiare attitudine all’ introspezione, al sondaggio delle impenetrabili regioni dell’io, abbinati al quartetto in Mi bemolle maggiore op.47, che mette in luce una dialettica tra la concezione autenticamente cameristica della scrittura e la sua virtuale proiezione orchestrale, la tecnica compositiva privilegiante il contrasto e la giustapposizione di singole sezioni conchiuse, la molteplicità e la trasformazione delle idee tematiche, la combinazione ed elaborazione contrappuntistica (ispirata a Bach e Beethoven) rispetto allo sviluppo lineare e organico della struttura formale. Voci dalla Spagna il 2, visioni andaluse con le Tonadillas en estilo antiguo di Enrique Granados, Poema en forma de canciones di Joaquin Turina , le Cancionaes espanolas antiguas di Federico Garcia Lorca e le Siete Canciones populares espanolas di Manuel de Falla. “Una lotta dell’intelligenza amorosa con il mistero che la circonda e non può comprendere”, così García Lorca definiva la “pena andalusa”, quel “sentimento celeste” che non ha nulla a che vedere con la malinconia, la nostalgia, l’afflizione e la sofferenza dell’animo. Binomio Mozart-Mahler per due quartetti il K581 in La maggiore e il celebrato Quartettsatz sulle cui parti si incontreranno docenti e allievi, per la serata del 3. Due opere assolute della letteratura cameristica, con il misterioso Stadler Quartett, che ci riporta alla dimensione massonica del genio salisburghese, che pensava al clarinetto bassetto e ad un’emozione che viene unicamente dal suono, in confronto con il Movimento di Quartetto (“Quartettsatz”) con pianoforte in la minore, che costituisce un unicum nella produzione mahleriana. Ancora maestri e docenti il 4, per il Quintetto in La maggiore op.81 di Antonin Dvoràk, attraverso il quale il compositore afferma che lo spirito del canto popolare deve essere ricreato non copiando il popolo, bensì reinventando con la fantasia nuove melodie sul modello della musica popolare. Sassofono principe della musica contemporanea il 5 giugno, con pagine che rispecchiano il dinamismo e la freneticità del terzo millennio, schizzata da autori quali Ryo Nods, Emilio Galante, Ichiro Nodaira e Barry Cockroft, mentre il giorno successivo il 6, quattro mani per il Maurice Ravel di “Ma mere l’Oye”, che schiude un mondo di sogni delicati, attraverso avventure misteriose, magie stupefacenti, sortilegi iridescenti e i quadri visionari di Modest Musorgskij, che soddisfano i diversi archetipi creativi: il gusto per le scene popolari, il mondo della fiaba e dell’infanzia, il senso del grottesco e del macabro, la concezione epica della storia e della tradizione russa. Evocazioni di flauto, sassofono e oboe per le Impresions fugitives in scena il 7 giugno, giocate su di un ponte che unisce la scuola francese di Jacques Ibert e Albert Roussel con Jeux  Joueurs de flute, all’Oriente di Yuko Uebayashi, sino al sentire serbo di Ivan Jevtic. Ensemble di clarinetti e sassofoni l’8, protagonisti di un programma che propone brani originali quali il Divertimento composto da Remigio Coco e trascrizioni da Felix Mendelssohn con l’Allegretto grazioso dal Konzertstuck op.114 n°2 o la Fantasia su i temi de “La fille du regiment” di Gaetano Donizetti, mentre il quartetto di sassofoni si cimenterà con pagine di Takuya Shigeta, Lennie Niehaus e Paul Nagle. Si continua con i fiati il giorno successivo, con pagine di raro ascolto quali il principe della scuola svedese Sodermann con la Schwedischer Hochzeitsmarsch op.12 o due tempi dall’Ottetto op. 216 di Carl Reinecke, la sinfonietta di Rudolf Novacek fresca ed energica, e una delle opere più amate di Joachim Raff, la spumeggiante e allo stesso tempo lirica Sinfonietta op.188. Il 10 giugno ci riconosceremo nello Zodiaco di Karlheinz Stockausen, il suo Tierkreis, per ensemble da camera, un’opera aperta, che consente e richiede infinite differenti versioni potenziali. Non nel senso solito, valido per qualsiasi partitura, che essa può essere interpretata in diversi modi, bensì nel senso che la partitura stessa non è fino in fondo determinata, e lascia un cospicuo margine creativo all’interprete, caratterizzata da uno spianato melodismo, che stabilisce uno standard di fruibilità essoterico. Mozart e Schonberg per il penultimo appuntamento della rassegna con alcuni lied dei due maestri viennesi e il quintetto in Mi bemolle K452, un vero gioiello per formazione di fiati, che compone un’incantata trasparenza timbrica in un dialogo concertante di finissima grana. Finale con Brio il 12 giugno, dietro i fornelli, sulle tracce de’ “La Bonne Cuisine”, 4 ricette per voce e piano di Leonard Bernstein, sul testo originario, Emile Dumot. Che cosa si cucina? Prima di tutto un budino alle prugne, un plum pudding, code di manzo, il Tavouk Gueunikis, pollo all’orientale e coniglio in salmì. Il festival sarà chiuso dall’esecuzione di Façade scritto da William Walton, inglese ma ischitano d’adozione, un open air entertainment con cui il compositore incornicia musicalmente una serie di testi della poetessa sua amica Edith Sitwell. Si tratta di una vera e propria collana di deliziose melodie, maliziose evocazioni dell’Arcadia si tingono alchemicamente di bagliori infernali al suono di una Polka, di un Fox trot, di una Tarantella o di un Fugato canonico, un raffinato circo sonoro dove alla voce umana spetta l’arduo compito di farsi giocoliere affinché, in equilibrio sulle corde tese del pentagramma, anziché esibirsi con palle e birilli, faccia vorticare in aria note e parole.