TFR in busta paga: al via dal 1 marzo

Enzo Carrella  

Dal primo marzo scorso, i lavoratori dipendenti potranno scegliere se farsi anticipare o meno il TFR in busta paga utilizzando uno strumento previsto dalla Legge di Stabilità 2015: ricordiamo brevemente cosa deve fare il lavoratore e quali sono gli adempimenti dell’azienda. La norma sull’anticipo del TFR, trattamento di fine rapporto, è contenuta nel comma 26 della legge 190/2014, la manovra 2015 In cosa consiste e chi ne ha diritto? La possibilità di chiedere l’anticipazione in busta paga della liquidazione è riservata ai dipendenti del privato assunti da almeno sei mesi. Come? Attraverso redazione e consegna della domanda Qu.I.R.,il modulo il cui acronimo sta per “Quota maturanda del Trattamento di fine rapporto come parte Integrativa della Retribuzione» La scelta può essere effettuata una sola volta ed è irreversibile fino al 30 giugno 2018. La domanda va presentata all’ufficio del personale dell’azienda,che poi deve trasmettere i dati all’INPS. L’istituto previdenziale certifica l’importo della retribuzione imponibile utile per il calcolo del Tfr utilizzando il Durc (documento unico di continuità contributiva.

Cosa cambierà in busta paga per il dipendente? Il dipendente riceve mensilmente le quote maturande di TFR, dal 1 marzo 2015 al 30 giugno 2018. Il primo versamento in busta paga arriva il mese successivo a quello della domanda. Attenzione al Tranello fiscale! Sulla liquidazione anticipata non si applica la “morbida”  tassazione separata del TFR prevista dal Tuir ( artt 17 e 19 )  ma quella ordinaria, sicuramente  meno favorevole. In  definitiva, c’è il vantaggio di monetizzare subito somme che altrimenti vengono accantonate e recuperate in precisi e determinati periodi tra i quali quello previsto all’atto della risoluzione del rapporto di lavoro, compensato da una tassazione meno favorevole. Possono chiedere l’anticipazione anche i dipendenti che versano il TFR ai fondi pensione. Come sopra chiarito,  l’anticipo riguarda il TFR maturando, non quello maturato negli anni precedenti, che resta accantonato, e che eventualmente si può chiedere utilizzando norme già esistenti (dopo otto anni di anzianità aziendale, per particolari esigenze, come ad esempio un mutuo o esigenze di salute, fino al 74% dell’importo accumulato). Rispolverando la normativa, è opportuni rammentare quali principali  somme  delle voci di retribuzione  rientrano nell’imponibile TFR: Paga base, contingenza, terzo elemento contrattuale, scatti di anzianità, superminimo individuale; Tredicesima mensilità e quattordicesima mensilità ( se prevista dal ccnl); Lavoro straordinario non occasionale; Maggiorazione per lavoro notturno (in caso lavoro su turni);indennità di mensa, di funzione, di mansione, di alloggio, di cassa o maneggio denaro, indennità di trasporto, attrezzi, indennità di servizio estero, indennità per lavori disagiati; premi di fedeltà, premio annuo, premio di anzianità, premio finale, l’una tantum; festività infrasettimanali retribuite, festività cadenti di domenica, ex festività 4 novembre spostata alla domenica; l’indennità sostitutiva delle ferie non godute (quando la mancata fruizione non dipende da cause imputabili al datore di lavoro) e l’indennità sostitutiva del preavviso; risarcimento del danno in caso di reintegrazione per licenziamento illegittimo. C’è posto anche per il fringe rappresentato dall’auto aziendale. Con sentenza di ottobre 2012, la Cassazione ha affermato, infatti,  che anche l’auto aziendale rientra nel calcolo del Tfr. In sintesi la nozione di retribuzione contenuta nell’articolo 2120 c.c. è onnicomprensiva per cui deve ricomprendere “tutti gli emolumenti che trovano la loro causa tipica e normale nel rapporto di lavoro cui sono istituzionalmente connessi”. Per cui nel Tfr va ricompreso “il controvalore dell’uso dell’autovettura di proprietà del datore di lavoro utilizzata anche per motivi personali, le relative spese di assicurazione e accessorie nonché le polizze assicurative stipulate dal datore di lavoro a favore del lavoratori L’effetto Isee. Ma i guai peggiori arrivano con l’effetto Isee, l’indicatore di ricchezza che stabilisce il diritto o meno a buona parte delle prestazioni sociali. L’effetto domino sulle agevolazioni sociali è assicurato. Per esempio a Milano chi ha oggi un reddito Isee di 12.500 euro paga per l’asilo nido una tariffa di 103 euro al mese. Incamerando il Tfr l’Isee sale e con lui la rata, che lievita a 232 euro. A Salerno, invece, chi ha un Isee inferiore ai 7 mila è esentato dalla tari. Insomma l’anticipo del  Tfr maturando  si rivela non proprio un affare, sul quale c’è  poco tempo per riflettere: fate bene i conti e nel dubbio chiedere   consigli  a professionisti esperti del settore.