La grande illusione

Angelo Cennamo 

Jep Gambardella, il re della mondanità, non si accontentava di partecipare alle feste della buona borghesia romana : voleva avere il potere di farle fallire. Col tempo, però, Jep si accorge che quel mondo di  vizi e di lustrini, l’humus nel quale ha bivaccato per anni alla ricerca dell’ispirazione perduta, è già svanito prima ancora che lui se ne rendesse conto. E’ la tragica scoperta di un gaudente scrittore di insuccesso, illusosi di poter affogare nel divertimento senza limite le amarezze di una vita effimera e vuota di valori. Jep Gambardella, alias Tony Servillo, è il protagonista de La grande bellezza il capolavoro di Poalo Sorrentino che la scorsa notte, a Los Angeles, ha vinto l’Oscar come miglior film straniero. La pellicola di Sorrentino trionfa ad Hollywood nei giorni in cui a Pompei, città che richiama i fasti e la gloria dell’antica Roma ( per certi versi, ancora meglio della stessa capitale, visti i livelli di conservazione delle domus, delle strade e dei colonnati) si ripetono crolli e smottamenti  a causa dell’incuria e delle lungaggini burocratiche che ne impediscono o ritardano i necessari restauri. Lo scenario maestoso che fa da cornice alle disavventure del mondano Jep è la Roma di fine millennio, rassegnata quasi al suo declino fisico oltre che etico, nell’indifferenza di un’umanità perduta e sorda ai richiami della vera bellezza. E’ esattamente quello che accade nella realtà nella vicina Pompei, divenuta luogo di culto per milioni di turisti stranieri ma, nello stesso tempo, terra di saccheggio e di abbandono per una popolazione ignara della sua storia e presa da ben altri interessi. Chissà quanti sono gli italiani, se non addirittura quanti i pompeiani di oggi, che saprebbero riconoscere la casa del Fauno o quella del Profumiere più della domus del Grande fratello o di qualche discoteca romagnola. Temo pochi, pochissimi. Eppure, non molto tempo fa, il British Museum di Londra con i reperti di quella civiltà, presi in prestito dal Museo Archeologico di Napoli, ha allestito una mostra milionaria che ha battuto ogni record di incasso conquistando le prime pagine di giornali e riviste. Difficile dire se nel belpaese l’eco di quel successo internazionale stimoli più l’orgoglio per essere i depositari di cotanta ricchezza o la rabbia per l’insensibilità e la maldestra gestione di quei tesori. Resta il fatto che un Paese come l’Italia –  ma ancora di più una Regione come la Campania, con un reddito pro capite ed un tasso di disoccupazione sovrapponibili a quelli del Peloponneso – non sia in grado sfruttare e valorizzare un patrimonio che nessun luogo al mondo può vantare per importanza e per estensione. I crolli di Pompei ormai non fanno più notizia, un po’ come i festini rozzi e pacchiani organizzati dagli amici di Jep Gambardella nel film di Sorrentino. Sono l’ultimo segnale di un declino inesauribile e inesorabile di un popolo che ha perduto il meglio di sé e che stenta ad orientarsi tra il frastuono della volgarità e il fascino dell’indolenza. Sorrentino ne ha tratto un premio Oscar, Pompei e l’Italia cosa ci guadagneranno?Foto repubblica.it 

2 pensieri su “La grande illusione

  1. mai come oggi mi trovo in totale sintonia con la tua melanconica e desolata analisi. mi devo preoccupare?

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