Napoli: carceri, SAPPE su Sepe ai detenuti di Secondigliano

“Quel che serve ai detenuti in carcere è il lavoro, altro che abbonamenti pay tv”. Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, commentando le parole dell’Arcivescovo di Napoli ai detenuti di Napoli Secondigliano in occasione della funzione delle Palme celebrata oggi nell’istituto. Capece sottolinea come “il fatto che i detenuti non siano impiegati in attività lavorative o comunque utili alla società (come i lavori di pubblica utilità) favorisce l’ozio in carcere e l’acuirsi delle tensioni. In Campania lavora solamente 1 detenuto su 5, e per di più per poche ore al giorno. Sul tema del lavoro in carcere c’è profonda ipocrisia. Tutti, politici in testa, sostengono che i detenuti devono lavorare: ma poi, di fatto, a lavorare nelle carceri oggi  è una percentuale davvero irrisoria di detenuti (circa il 20% dei ristretti). Peraltro, il condannato che espia la pena in carcere ha un tasso di recidiva del 68,4% contro il 19% di chi ha fruito misure alternative e addirittura l’1% di chi è inserito nel circuito produttivo. Stare invece 20 ore al giorno chiusi in cella favorisce una tensione detentiva fatta di risse, aggressioni, suicidi e tentativi suicidi, rivolte ed evasioni che genera condizioni di lavoro dure, difficili e stressanti per le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, sotto organico di ben 7mila unità a livello nazionale”.