Il fallimento dell’Italia inizia il suo cammino nel fallimento degl’ Italiani

Giuseppe Lembo

L’Italia, il nostro Paese, è in una condizione da vero e proprio “sfasciume pendulo”. Si respira una brutta aria; un’aria di fallimento e del tutti contro tutti. A questo punto il rigore di Stato a che ed a chi serve? In un clima avvelenato, dove la percentuale dei giovani disoccupati e dei disoccupati in generale ha raggiunto livelli mai conosciuti prima dal nostro Paese, dove si assiste alla chiusura di imprese e di negozi con un ritmo crescente ed accelerato, dove la condizione dell’indifferenza umana per altro, è ormai a livelli patologici, dove lo Stato – padrone, con un rigore che non produce niente di buono, se non disperazione, morte e tanti, tanti fallimenti di un apparato produttivo in una condizione preagonica abbandonato com’è a se stesso, ciascuno pensa a salvarsi, pensando egoisticamente a se stesso, del tutto indifferente a quello che succede a chi gli sta a fianco. Mentre l’Italia vive in un clima avvelenato ed irrespirabile, ancora si fa vedere dietro l’angolo l’uscita dal tunnel, il ritorno al miracolo italiano. Ma di quale tunnel si parla, di quale miracolo si pensa alla Berlusconi, tentando ancora una volta di far sognare gli italiani, oggi in  condizioni di vita assolutamente proibitive? L’Italia dei tecnici il suo default se lo sta costruendo giorno dopo giorno; il regalo agli italiani, ai tanti italiani onesti è quello di un rigore aggressivo e violento che pensa ad un Paese normale, imponendo regole che aggravano per tanti le già gravi condizioni di pura sopravvivenza, ad un punto tale che si vede crescere il numero di chi, rovinosamente nel culo nel sacco, decide di farla finita con la vita, resa invivibile ed avvelenata da un sistema Paese, ormai fallito, ma ancora arrogantemente padrone. Come si fa a non accorgersi di tanto “sfasciume pendulo”? Come si fa a non capire che le condizioni reali del Paese sono da resa dei conti?  Lasciando da parte lo “spread” sempre più ballerino e l’euro senza futuro, in balia di se stesso, c’è da fermarsi a riflettere sulle reali condizioni del Paese. Come si fa a pensare positivo con il lavoro sempre più negato? Con i consumi sempre più giù e con una “disperazione italiana”, che ha creato nel Paese il clima del “non c’è niente da fare”? E che si fa di fronte a tutto questo? Si continua con i proclami; si continua con lo Stato di pulizia; si continua a pensare di poter spremere il limone ormai inacidito e senza succo. C’è da una parte, la trasgressione della sopravvivenza e dall’altra il disumano rigore di chi sta togliendo al Paese anche l’aria che si respira ed emana editti che cadono nel nulla non per l’indifferenza nei confronti delle istituzioni del Paese, ma per l’assoluta impossibilità a sopravvivere a quel rigore di Stato che alla fine non produce risultati, anzi aggrava le già gravi situazioni. Ultimo, il tanto minacciato controllo dei vip italiani e delle loro splendide dimore galleggianti; in numero crescente navigano per le acque tranquille di altri Paesi indifferenti al controllo. E così le vacanze dorate di chi ha e non paga, non producono ricchezza all’erario, ma una fuga che aggrava le già gravi condizioni di un’economia turistica anch’essa in grave affanno e sempre più afflitta da condizioni di provvisorietà e di incertezze per il futuro. Ci sono segnali fortemente allarmanti del mal funzionamento di questo nostro Paese che, giorno dopo giorno, somiglia sempre meno a quell’Italia, Paese civile, solidale e culturalmente in crescita in cui era veramente bello vivere. Purtroppo non è così; purtroppo è sempre meno così. Con la smania di risanare per poi risanare un bel niente, il nostro Paese culturalmente, umanamente e nei suoi comportamenti sempre meno solidale, è sempre più ripiegato su se stesso; tanto dal centro alle periferie ed alle realtà più piccole ormai private di tutto e dove è sempre più difficile poterci vivere. Le condizioni umane e sociali comuni e condivise si riflettono sui comportamenti dei singoli dove c’è la differenza dell’uno verso l’altro; c’è immalinconimento; c’è la crescente rabbia e tanta disperazione per le inesorabili difficoltà della vita di tutti i giorni, un vero e proprio inferno per i tanti che ormai non hanno più il piatto in tavola e giustamente si disperano per la propria sopravvivenza e per il futuro sempre più negato dei propri figli. Tutto questo ci capita come italiani traditi e come Paese ormai sedotto ed abbandonato, all’inizio del terzo millennio, un’epoca che va a veloci passi verso la globalizzazione umana, in una condizione di umanizzazione mondializzata, fatta di insieme di diversità in cui tutti devono poterci vivere, nel rispetto dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali, primo tra tutti, il diritto alla vita ed il diritto alla libertà. Ma che facciamo noi italiani per guardare serenamente al futuro del mondo globale? Ci muoviamo con passi incerti e senza la volontà di agire per il bene comune. E così, per effetto della spending review inventata dal governo dei tecnici impegnati a cancellare l’ottimo welfare del nostro Paese, conquistato in anni di lotte e di sacrifici, cominciando a ridurre la spesa non utile, ma necessaria per la salute, con un’occupazione in preoccupante calo e prospettive di futuro negato per i propri figli. I tagli assolutamente sbagliati alla sanità, così come previsti dalla spending review mettono in forte discussione la tenuta del nostro Servizio Sanitario, con inevitabili gravi danni per i servizi al cittadini. Pensare, così come si sta facendo, a ridurre la spesa pubblica in un settore delicato come la sanità, è una vera e propria follia; gli effetti saranno devastanti per il Paese e la sua gente in un momento in sé difficile che ha bisogno di un welfare funzionante e non certamente di una crisi con effetti devastanti per tutti. Altro atteggiamento assolutamente sbagliato è quello di ridurre la spesa già in sofferenza per la cultura, così come previsto dai tagli della spending review. Preconizzare lo smantellamento di buona parte del sistema di gestione dei beni culturali del nostro Paese, è ancora un’ulteriore e vera e propria follia. La governance della cultura è l’anima ed il futuro dell’Italia; è impensabile che qualche scheggia di un potere assolutamente impazzito pensi a tagliarne la spesa. I beni culturali sono il petrolio italiano; dai beni culturali può derivare tanta parte del futuro del nostro Paese. Può venire anche il lavoro che oggi non c’è per i nostri figli fortemente sedotti ed abbandonati. I beni culturali sono un giacimento di identità che a toccarli con la rozzezza di chi non ne vuole capire l’importanza, si fanno poi male tutti; ma proprio tutti. È un settore vitale per l’Italia; come da statistiche, ogni euro investito in eventi culturali ha un ritorno di 3,5 euro; tra l’altro l’investimento delle aziende in cultura, nonostante i tempi di crisi, è in crescita e supera i 3 miliardi di euro l’anno. Come può lo Stato non capire questo e fare azioni di governo che pensano di tagliare risorse alla cultura, ai tanti beni culturali italiani, un patrimonio che ci invidia il mondo? Occorre un atteggiamento diverso; occorrono comportamenti virtuosi, finalizzati a promuovere la cultura ed i beni culturali, una via certa per uscire dal tunnel della crisi in atto, capace di risollevare le sorti del Paese ormai sull’orlo del disastro economico. Ma le follie non finiscono qui; tutto, ma proprio tutto, nella convinzione di essere sulla strada giusta, porta inevitabilmente a strade sbagliate; a strade disumane e senza futuro. Il risanamento del Paese è necessario e voluto da tutti; per questo, occorrono atti e fatti equi e solidali; occorrono atti e fatti politicamente seri e convinti, con prospettive certe di sviluppo. Se non si fa questo, non si va da nessuna parte; non ci sarà resurrezione, né sviluppo possibile. Purtroppo il progetto Italia non ha prospettive certe, né basi solide perché è un progetto poco equo ed altrettanto poco solidale. Il primo grave male italiano è nel fisco che a ben analizzarlo manifesta delle crepe da eliminare se si vuole garantire la certezza di futuro al nostro Paese, garantendo al primo posto i servizi ai cittadini, al cui funzionamento tutti devono contribuire, a seconda delle proprie capacità di reddito, senza le furbizie di chi, in modo assolutamente disonesto ed incivile, guadagna tanto, usa i servizi e non paga niente, manifestando, tra l’altro, un tenore di vita assolutamente superiore a quello che si potrebbe consentire stando al suo infedele rapporto con il fisco. Ma mentre c’è da chiarire questo punto importante, da cui passa la salvezza del nostro Paese, c’è anche da capire tanti fatti da sistema impazzito che accadono ogni giorno nel nostro Paese, mettendone in crisi funzionamento e futuro. Il primo di questi fatti sconosciuto ai più, appartiene al sistema bancario italiano. Con un’informativa diretta ai propri clienti, le banche ricordano che, per effetto dell’art. 117 bis del decreto legislativo 385/1993 (Testo Unico Bancario) introdotto dalla legge 201/2011, artt. 27 e 27 bis del decreto legge 27/2012; decreto di urgenza del Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 644/2012, può unilateralmente essere modificato sugli utenti il contratto di conto corrente; tanto, con una serie di clausole, tra l’altro, di non facile lettura. Ma quel che si capisce facilmente e fa rabbrividire, è la parte finale dell’informativa relativa agli sconfinamenti. Recita testualmente:

          per gli sconfinamenti fino a 1.500 euro: 20,1000% (così calcolato: tasso limite vigente pari a 22,1000% meno 2 punti percentuali). Il tasso effettivo annuo è quindi attualmente pari a 21,666%.

          per gli sconfinamenti oltre i 1.500 euro: 19,8750% (così calcolato: tasso limite vigente pari a 21,8750% meno 2 punti percentuali). Il tasso effettivo annuo è quindi attualmente pari a 21,406%.

Le banche italiane, stando così le cose, sono autorizzate a praticare tassi da usura. Non è l’11 % il tetto massimo oltre il quale scattano gli interessi di usura? Questo succede da noi con denari ricevuti dalle banche italiane dalla BCE ad un tasso di favore dell’1%. La cosa, così come presentata ai clienti, fa tremare le vene ai polsi. Uno sconfinamento di necessità per un correntista imprenditore, costa tassi da usura, tassi che non potendoli sopportare, determinano per tanti, la scelta disperata di abbandonare la scena, ponendo la parola fine alla propria vita. È lo Stato di fronte alle banche usuraie, che fa? Legalizza, così come per il decreto d’urgenza 644/2012. E allora è veramente ben riposta la preoccupazione di quanti pensano, che nel nostro Paese siano in atto tanti suicidi di Stato per vittime innocenti di un subdolo sistema di usura legalizzata dallo Stato. Se è così, allora in che Stato viviamo? Uno Stato che non garantisce più i suoi cittadini e che promuove contro di loro azioni contro, la cui soluzione finale è quella del disperato suicidio, essendo venute meno tutte le buone ragioni per pensare a vivere, pur agendo responsabilmente per il proprio bene e per il bene degli altri. Al nostro sistema  Paese, non interessa più neanche questa normale regola di vita, presupposto e base di quell’equilibrio umano e sociale, senza il quale c’è solo il vuoto umano e sociale che produce disperazione e volontà crescente di cercare il NULLA, come soluzione alla propria vita d’inferno. Ma nella confusione mentale di chi ci governa e dispone le regole su cui costruire i comportamenti dell’agire individuale e collettivo, non finisce qui; c’è dell’altro; c’è, tanto altro. Per concludere, mi sembra, da comunicatore autentico ed impegnato a fare comunicazione corretta, assolutamente opportuno portare a conoscenza dei più, un’altra ciliegina dell’ormai ammalato e prossimo a morire, sistema Italia. Occorre molta attenzione e riflessione da parte di chi legge. Questa notizia assolutamente scioccante, ci viene dall’INPS. Con un’informativa, per mancato versamento di contributi previdenziali e assistenziali, dell’importo di 2.500 euro circa, viene ricordato al malcapitato cittadino italiano impegnato, tra l’altro, a produrre lavoro per gli altri, che la grave inadempienza de qua, comporta gravi conseguenze sul piano non solo amministrativo, ma soprattutto penale. Così recita l’informativa INPS ad un datore di lavoro che deve versare 2.561 euro per contributi previdenziali ed assistenziali relativi al periodo 11/2011 – 12/2011 – 01/2012: “le ricordiamo che questa inadempienza è punibile con la reclusione fino a tre anni e con la multa di 1.032,00 euro (art. 2 comma 1 bis, del D.L. 12/09/83, n. 493, convertito con modificazioni nella legge 11/11/83 n. 683)”. L’informativa con tono arrogante e minaccioso, continua comunicando al malcapitato cittadino italiano impegnato a produrre lavoro per gli altri e con il lavoro il pane della vita che “quanto esposto in questa comunicazione riguarda esclusivamente l’aspetto penale della violazione e che l’Istituto provvederà comunque al recupero della somma a credito sulla base delle denunce contributive …”. Con quanto accanimento lo Stato-padrone ed i suoi servitori, sempre più sciocchi, agiscono contro i cittadini italiani ormai in condizioni di difficoltà tali che non possono più rispettare i propri impegni economico-finanziari nei confronti dello Stato che, con tono minaccioso ricorda le conseguenze di un mancato pagamento. E lo ricorda con toni fortemente minacciosi evidenziando che per 2.561 euro non versati, c’è la prospettiva di 3 anni di reclusione ed una multa di 1.032,00 euro. Non vi sembra inopportuno il tono minaccioso e soprattutto non vi sembra da sistema “barbaro”, minacciare il tintinnio delle manette e l’intervento di soppressione della libertà personale per lunghi tre anni, solo perché, per qualche temporaneo momento di difficoltà commerciale, non si è adempiuto al pagamento dei contributi dovuti. Ma veramente siamo arrivati a tanto? Se così è, come è, i cittadini onesti di questo nostro Paese, impegnati a lavorare per il bene comune ed a produrre anche per gli altri pane e lavoro, hanno di che allarmarsi; hanno da gridare basta ed incrociando le braccia, smetterla a fare il proprio lavoro da cittadini onesti, compensati per una inadempienza – ritardo nel versamento dei contributi da versare, se va bene, come in questo caso, con le patrie galere, inferno di disumanità e di violenza e se va male, per la disperazione di chi non ce la fa più a sopportare, con il suicidio, un magnifico suicidio di uno Stato che bada solo a fare cassa per ripianare i conti e non se ne fotte assolutamente niente del destino dei cittadini, spinti verso il NULLA da chi agisce ed invoca il rispetto delle regole perché così è, perché così sta scritto nelle sacre ed inviolabili scritture che sono le strane leggi del nostro Paese, il prodotto di un mondo politico super invecchiato che sta lì a godersi i privilegi che gli vengono dal proprio ruolo, assolutamente indifferenti a tutto quello che sta succedendo alla società italiana, ormai stanca di tutto, ormai abbandonata a se stessa, ormai e sempre più, dal futuro negato. Bel capolavoro hanno costruito i “cervelloni” italiani. Chi sa quando e se finirà. Finirà solo dopo l’agonia della crocifissione; è allora che ci potrà essere veramente una resurrezione italiana ed un mondo assolutamente nuovo con protagonisti nuovi, non contaminati da decenni, decenni e decenni di parassitismo politico, che hanno portato l’Italia, il nostro Bel Paese, in una grave condizione da “sfasciumo pendulo”.