San Giovanni D’Avila e la conversione di Giovanni di Dio

don Marcello Stanzione

 Il prossimo 7 ottobre 2012 il papa Benedetto XVI proclamerà lo spagnolo del XVI secolo Giovanni D’avila, conosciuto come il Maestro d’Avila, dottore della Chiesa universale insieme alla monaca tedesca Ildegarda di Bingen. Giovanni d’Avila dopo pochi mesi dal suo arrivo a Granada, la Provvidenza gli preparò un incontro con un’anima privilegiata, nella cui conversione egli avrebbe svolto un ruolo di primo piano. Il 20 gennaio 1537, festa di san Sebastiano, Giovanni predicava nel santuario di questo santo, ad Albaicìn. Gran parte della città di Granada era accorsa per ascoltare il famoso predicatore. In mezzo all’uditorio c’era un portoghese di quarantacinque anni, di nome Giovanni Ciudad, che possedeva, a Porta Elvira, un negozio nel quale vendeva oggetti usati e libri a poco prezzo. La parola carismatica del Maestro d’Avila infiammò il cuore del Ciudad che subito si pentì dei suoi peccati. Il portoghese allora uscì dalla chiesa come un pazzo, gridando e proclamando l’enormità dei suoi peccati. Avila lo accolse con grande affetto e paternità. Cambiò il suo nome e decise di andare fino in fondo con eroismo nella sequela di Gesù Cristo. Quella fu una delle conversioni più clamorose realizzate da san Giovanni d’Avila.    Giovanni Ciudad nacque in Portogallo l’8 marzo 1495, ma trascorse la sua giovinezza in Spagna. Nel 1538 si stabilì a Granada, ove un giorno, un misterioso fanciullo lo soprannominò Giovanni di Dio e così fu sempre chiamato in seguito. Sensibile alla sofferenza degli ammalati, affittò una casa che trasformò in ospedale. Per curare gli ammalati si mise a fare la questua esclamando: “Fate bene fratelli”. All’inizio faceva tutto da solo, raccomandandosi all’aiuto dell’arcangelo Raffaele che invocava, non solo come “Medicina di Dio”, ma anche come guida e sostegno. Un mattino Giovanni si rese conto che l’acqua era insufficiente, prese delle brocche e si affrettò alla fontana che era abbastanza lontana dall’ospedale. Ritornò dopo diverse ore ovviamente in ritardo per sbrigare le faccende che di solito compiva di buon mattino. Ma ecco, al suo ritorno, trovò tutto il lavoro terminato: la casa era pulita, i letti rifatti, i piatti e gli altri utensili lavati, puliti e sistemati; il pane tagliato, la carne e le verdure cotte, in una parola, tutto nel miglior ordine possibile. Grande fu la sorpresa di Giovanni, quando, nel chiedere agli ammalati il nome di chi aveva fatto tutto ciò, tutti gli risposero che egli stesso l’aveva fatto e nessun altro che lui, perché essi non avevano visto nessun altro lavorare e non avevano ricevuto alcun servizio da qualche estraneo, ma solo da lui stesso. Giovanni si meravigliò, egli credette che essi lo dicessero per prenderlo in giro, ma gli ammalati erano a loro volta meravigliati della sorpresa di Giovanni e tutti confermarono di nuovo l’accaduto. Allora Giovanni esclamò: “Dio sia benedetto, miei fratelli, perché in verità, egli ama molto i poveri, perché manda i suoi angeli stessi per servirli”.

Poi aggiunse che san Raffaele gli aveva promesso, poco prima, di assisterlo nel suo ministero e che lo stesso Arcangelo era da Dio incaricato di essere il suo collaboratore nella cura dei malati.

Un’altra sera, Giovanni ritornava a casa dopo aver raccolto in città molta beneficenza per i suoi ammalati; all’improvviso s’imbatté in un povero che giaceva sfinito lungo la strada; era quasi notte e non si poteva lasciarlo lì abbandonato. Senza esitare Giovanni lo prese e se lo caricò sulle spalle cercando però di portare anche la beneficenza ricevuta. Purtroppo poco dopo cadde a terra poiché non riusciva a reggere entrambi i pesi. Fece allora grande rimproveri alla debolezza del suo corpo. Improvvisamente si presentò a lui un giovane dall’aspetto nobile che si offrì di aiutarlo e di condurlo all’ospedale e gli disse: “Voi non avete ragione di prendervela con il vostro corpo; perché appesantirlo così? Appoggiatevi a me”. Giunti all’ospedale il giovane si manifestò nella sua vera natura: “Giovanni, io sono l’Arcangelo Raffaele. Dio mi ha incaricato di prendermi cura di te e di tutti quelli che serviranno con te i poveri. Io sono mandato da Lui per aiutarti nella tua caritatevole opera affinché tu sappia bene quanto è gradita al Signore l’opera da te intrapresa, Egli mi ha incaricato di tenere un fedele conto di tutte le tue azioni e di tutte le elemosine fatte. Ed anche io sono incaricato di proteggere e di conservare tutti coloro che favoriranno l’impresa che tu hai assunto in favore dei poveri”. Detto questo, sparì.

Altri esempi del genere – che non ritengo necessario citare – testimoniano la grande familiarità che san Giovanni di Dio ebbe con San Raffaele che viene, dai suoi seguaci, i religiosi Ospedalieri detti “Fatebenefratelli”, considerato patrono e protettore dell’Ordine.