Padre Anselm Grun e l’ angelo della consolazione nel Getsemani

don Marcello Stanzione

Anselm Grun è nato a Junkershausen, nella regione tedesca della Rhon. Nel 1964 si è diplomato al liceo di Wurzburg ed è entrato in noviziato presso i benedettini di Munsterschwarzach. Dal 1965 al 1971 ha studiato teologia a S. Ottilio e a Roma. Nel 1974 si è laureato in teologia con una tesi su Karl Rahner. Dal 1974 al 1976 ha studiato economia a Norimberga. Dal 1977 è economo della sua Abbazia. E’ Assistente spirituale e guida corsi sulla meditazione, l’interpretazione dei sogni sulla base della psicologia del profondo. Conferenziere è autore di quasi trecento pubblicazioni, alcune di grande successo. Il suo libro uscito nel 1997 Cinquanta angeli per accompagnarti durante l’anno, che lui chiama un “libro ispirato”. Questo sottotitolo [presente nell’edizione originale tedesca] mette in evidenza, che si tratta di un’opera di carattere eccezionale, fatto confermato anche dal successo ottenuto. Anselm Grun raggiunse una tiratura totale di un milione di copie con la trentaquattresima edizione. E questo dice molto sull’autore e sulla sia epoca. Con i piedi molto piantati per terra,  padre Anselm s’inoltra nel regno dei cherubini e dei serafini. Mentre la sonda di marte si affretta sul pianeta rosso, delicate ali angeliche si librano sulla terra. Ma il commovente idillio del “ritorno degli angeli” descrive un processo molto più serio. In un mondo perfezionista che vuole assaltare il cielo è emerso un nuovo desiderio di valori e virtù così “antiquate” come lo sono la sicurezza, la bellezza e la speranza. La riscoperta della “leggerezza dell’essere” per mezzo di un angelo contraddice in maniera inerme e affettuosa i massicci tentativi di anticipare “la levitazione nella direzione adeguata” per mezzo di droghe, del sesso, dell’alcool, della nicotina o della cocaina. Ma alla base c’è una dimensione ancora più profonda che, in un mondo di piaceri stimolati, manifesta una ricerca inquieta di piaceri stimolati, manifesta una ricerca inquieta della pienezza della vita. La religione non risulta essere più il tanto deriso “oppio del popolo”, ma chiaramente l’unica fonte affidabile che libera dal vizio di stordimento. Attraverso il messaggio degli angeli diventa visibile il profilo di un mondo aldilà del mondo, la vita dopo la morte. Nell’oscurità del tempo c’è ancora luce, c’è luce sufficiente per lanciare uno sguardo all’ “immagine originaria” di se stesso che ciascuno di noi porta come un’icona nel proprio cuore. Dopo il successo di “ 50 angeli per accompagnarti durante l’anno” padre Grun compose “ Ciascuno cerca il suo angelo” dove il benedettino affermò che ciascuno ha bisogno per la sua vita della forza della propria anima. L’anima dispone di spazi di protezione, di spazi della fiducia che tutto possa ridiventare buono. L’anima offre possibilità di abbandono e di ancoraggio, presenta spazi dove si possono usare le ali della fantasia e della leggerezza del gioco. Queste possibilità dell’anima prendono forma nell’immagine degli angeli di cui parlano i racconti della Bibbia. Tali racconti degli angeli biblici sono potenti ispirazioni per la nostra vita. Il terzo libro di Grun sugli spiriti celesti fu “ 50 angeli per l’anima” dove l’anima è presentata come la forza e l’energia vitale dell’essere umano o meglio come il suo proprio Sè. E’ l’anima a costituire la nostra unicità e sono proprio gli angeli a metterci in contatto con questo particolare spazio che è l’anima. Ispirano l’anima a sviluppare la ricchezza delle proprie attitudini. La proteggono, la guariscono e la destano alla vita che viene così spesso offesa. Nel suo quarto libro sugli spiriti celesti intitolato “ Angeli” edito in Italia dalle Paoline dove il Benedettino commenta gli Acquarelli sugli spiriti celesti di Andreas Felger, padre Grun scrive nell’introduzione: “ Gli angeli sono messaggeri di Dio. La Bibbia è piena di storia di angeli. Dio invia ripetutamente il suo angelo all’uomo nel  momento del bisogno, per mostrargli la sua vicinanza che guarisce. Quando la Bibbia parla di angeli, si tratta sempre di una situazione di aiuto, assistenza, sfida e di annuncio che Dio ci fa pervenire. La teologia ci dice che gli angeli sono esseri spirituali creati e potenze personali. Gli esseri creati possono essere conosciuti. Dio è spesso al di là della nostra esperienza. Attraverso gli angeli, egli entra nel nostro mondo, affinché noi possiamo sentita la sua vicinanza in modo tangibile. Attraverso gli angeli, la parola di Dio giunge alle nostre orecchie. Allora può essere ascoltata. Attraverso gli angeli, Dio ci parla in quanto persone. Soltanto quando siamo interpellati da Dio diventiamo veramente persone, interlocutori di Dio. Gli angeli proteggono il nostro essere persone. Ci preservano dalle potenze distruttive che vorrebbero lacerarci nell’intimo e disgregarci nel nucleo della nostra dignità. Dio ci degna della presenza dei suoi messaggeri. Nei suoi messaggeri ci mostra che ci è vicino. La Bibbia non può che parlare della vicinanza risanatrice e amorevole di Dio raccontandoci di angeli che entrano nella nostra vita. E’ nelle situazioni quotidiane che Dio manda i suoi angeli: nella difficoltà di quando si ha paura, si è abbandonati e senza prospettive, vittime di pretese eccessive, depressi. Allora l’angelo ci risolleva. Porta luce nella nostra oscurità, speranza dove manca la speranza, fiducia nella situazione di paura. L’angelo trasforma la nostra vita. Porta la realtà divina nel nostro mondo senza Dio. Ci apre le orecchie, affinché udiamo la parola di Dio. Ci toglie la benda dagli occhi, affinché riconosciamo la realtà di Dio nella nostra vita. Interviene quando siamo privi di aiuto e siamo ridotti alla disperazione. L’arte rappresenta spesso gli angeli con le ali. Così facendo, esprime l’idea che gli angeli volino, per così dire, dentro la nostra vita e che non possiamo trattenerli. Volano via di nuovo non appena vorremmo aggrapparci a loro. Gli angeli non lasciano che si disponga di loro. Sono un po’ come Dio, il quale non è nostra disposizione. In ambito esoterico, si vorrebbe conoscere esattamente l’identità degli angeli. Tuttavia, già sant’Agostino ci ammonisce di non preoccuparci troppo della natura degli angeli. Gli angeli – sostiene Agostino – sono messaggeri di Dio. Dobbiamo comprenderli più dal punto di vista del loro compito che da quello della loro natura. Gli angeli sfuggono non appena vogliamo sapere esattamente quello che sono. Sugli angeli si può parlare solo in modo incerto. Riguardo all’angelo del Getsemani, il fecondo scrittore benedettino nel suo libro “ Ciascuno cerca il suo angelo” così scrisse riguardo all’angelo che toglie l’angoscia: “  Nel racconto lucano della scena dell’Orto degli Ulivi, un angelo appare a Gesù durante la sua lotta di preghiera e lo conforta. Gesù prova angoscia. Si domanda se deve fuggire o resistere. Combatte con Dio, chiedendosi se può corrispondere alla sua volontà il fatto che deve morire. Egli voleva annunciare agli uomini il messaggio del Padre misericordioso. Voleva mostrare a loro la bontà e l’amicizia di Dio per gli uomini e condurli sulla via della pace e della vita. Adesso però i rappresentanti dei Giudei, i Sadducei amici dei Romani, vengono contro di lui. Dovrà tradire la sua missione e salvare solamente se stesso? Nella sua lotta di preghiera, Gesù prega incessantemente: “Padre , se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà. Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo” (Lc 22,42 s.). L’angelo lo assiste nella sua angoscia: Luca descrive quest’angoscia di Gesù molto realisticamente: “In preda all’angoscia, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra” (Lc 22,44). Il termine greco che qui viene tradotto con angoscia è “agonia”. Deriva da agon=lotta, competizione. “Agonia” è la rivolta interiore, l’apprensione, l’angoscia per la vittoria, “la tensione ultima delle forze prima delle decisioni imminenti e delle catastrofi irrompenti” (Stauffer,Grande Lessico del N.T. I, 377). Il termine indica la paura della morte, la ribellione ultima di tutte le forze prima di essere uccisi. In Gesù è l’angoscia di finire nel nulla, l’angoscia della lotta per la vita e la morte, l’angoscia per un supplizio che non si può prevedere, l’angoscia per l’arbitrio del potere a cui egli è consegnato indifeso. In quest’angoscia l’angelo è presso Gesù, lo conforta e trasforma l’angoscia. Infatti, dopo questa lotta Gesù va dritto e tranquillo dai discepoli e dice loro : “Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione” (Lc 22,46). La preghiera ha aiutato Gesù a ritrovare chiarezza nella tentazione, nel turbamento, e a riprendere forza per seguire la sua strada. Molte persone oggi sono prese dalle angosce. Anche quando esse non mostrano all’esterno la loro angoscia, questa le accompagna costantemente. E quando si decidono a parlare apertamente di se stesse, l’angoscia diventa l’argomento centrale dei loro discorsi. E’ l’angoscia del fallimento, l’angoscia di fare una brutta figura, di apparire ridicole di fronte agli altri. Cadono nel panico se altri le criticano, se questi le affrontano con la loro autorità. E’ l’angoscia che gli altri possano fare di uno quello che vogliono. Oppure è l’angoscia di essere rifiutate dagli altri, di non essere più amate quando si fanno degli sbagli. Oppure è un’angoscia diffusa che non si riesce più a spiegare con precisione. Può essere la paura del buio, la paura di spazi chiusi, degli ospedali, degli scassinatori. Oppure è l’angoscia esistenziale per la malattia e la morte, la paura di non farcela, di non aver combinato nulla nella propria vita. Le nostre paure traggono alimenti da angosce originarie che si trovano nel nostro inconscio collettivo e che sono descritte da tutti i popoli nelle loro saghe e nei loro miti: l’angoscia per l’annientamento, l’angoscia di essere divorati, di affondare. E l’angoscia che affiora per una situazione concreta viene rafforzata dalle esperienze di paura che si sono fatte nella prima infanzia. Conosco, ad esempio, una signora che già da bambina ha dovuto trascorrere molto tempo all’ospedale senza ricevere visite. In alcune situazioni questa donna prova una paura di perdere qualcosa che non è affatto giustificata dalle condizioni esterne. Questa signora conosce queste angosce originarie e riesce pertanto a comportarsi meglio in simili situazioni. Le angosce originarie riaffiorano però continuamente e rafforzano la paura che viene innescata da esperienze concrete. Un’altra signora ha paura di ogni autorità, perché l’autorità le ricorda subito il padre che l’ha picchiata brutalmente e di fronte al quale era impotente ed inerme. Ogni volta che qualcuno le si rivolge con un tono alto di voce, riappare questa angoscia originaria della bambina per il padre che la sgrida e la picchia. Ci sono naturalmente delle angosce che possono essere affrontate e trattate apertamente nella terapia, ma non possono essere totalmente liquidate. Esse rimangono malgrado tutte le prese di coscienza. Si può provare a vivere con esse. Se si conoscono le radici delle angosce, non ci si domanda più quando l’angoscia compare. La si accetta e perciò la si può relativizzare. Non giova a nulla combattere contro l’angoscia. Combattendola non faccio che rafforzarla. Devo acquistare familiarità con essa, devo farmi il modo e il tempo di capire per che cosa provo angoscia. Posso immaginarmi, ad esempio, che faccio una brutta figura, che comincio a balbettare o che sudo per l’eccitazione e l’insicurezza. Che cosa capita allora? E’ proprio brutto come temo? E’ poi vero che non riesco a perdonarmi quando faccio uno sbaglio? Posso anche immaginarmi che un angelo mi accompagna nella mia angoscia, posso pensare di non essere solo con la mia angoscia. L’angoscia può esserci, ma nella mia angoscia io ho la certezza dell’angelo che è accanto a me. L’angelo che è in me mi mette in contatto con la fiducia che è sempre in me, anche in presenza della mia angoscia. L’angoscia di Gesù non è passata subito quando l’angelo lo ha consolato. Qualcosa però è cambiato per lui. Quando penso che un angelo è presso di me nella mia angoscia, l’angoscia per questo non scompare ancora. Ma, nella mia angoscia, entra una scintilla di speranza. Talvolta l’angoscia sembra essere addirittura senza fondo. Si pensa di non avere più la terra sotto i piedi. L’immagine che anche qui il mio angelo procede con me, mi ridona, anche in questa infondatezza, un pezzetto di terra sotto i piedi, anche se è ancora vacillante. Io non sono consegnato completamente all’angoscia, ma con l’angelo al mio fianco posso sperimentare anche uno spazio di fiducia.”.