“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 36° 15 agosto 2011, giorni- 27

 Dal Capitolo 36 Parte prima h. 22.30 – 24.00  Sesto senso Le prime ombre della sera caddero d’improvviso. Ben presto il buio fu totale. A Conca dei Marini come altrove. Alle 21.00 la luna era ancora inesistente. Anche i suoi proverbiali fasci di luce e di argento furono recalcitranti ad uscire quella sera. Solo le stelle, mute compagne della notte, ispirarono gli ottimismi dei partecipanti alla battuta di pesca ai totani. Affluiti nel frattempo numerosi, esse resero fervide le loro speranze, ma non meno dolci gli eventuali insuccessi. D’estate quella pesca era in gran parte di tipo amatoriale, soprattutto per i giovani. In prevalenza, vi partecipavano in modo genuino, tanto per trascorrere una serata sana, lontani dal caos godereccio dei piccoli, affollati centri vacanzieri della costa. Le prime lampade ad acetilene furono accese. In breve quel piccolo tratto d’acqua salata si trasformò in una festosa località semovente. Chi dai minuscoli centri abitati osservava lo scenario lontano non poteva esimersi dall’invidiare i fortunati residenti che vi abitavano. I potenti motori del Dominator erano già accesi. Ricevuto l’okay, il giovane comandante diresse la prua al largo, muovendosi a velocità minima. Erano le ventidue circa. Subito dopo la partenza, gli ospiti si ritirarono nelle rispettive cabine. Tutti tranne Ahmed e Alì. Fu una strana cosa. Nessuno tra i proprietari di barche fece caso a quella partenza improvvisa. Anzi, era perfettamente normale in quel periodo. I ricchi si concedevano il meglio. E il meglio era anche partire di notte con la propria imbarcazione per raggiungere Capri, Ischia, Palinuro, le Isole Eolie, oppure effettuare una breve escursione notturna! Tra uomini di mare ci si aiuta nel bisogno. Per il resto, la discrezione è d’obbligo. Nessuno, quindi, prestò attenzione al potente yacht che si allontanava discreto e silenzioso come una talpa. Neppure il comandante del bialbero nero. Con l’irrinunciabile avana incollato tra le labbra, quell’omone in perfetta tenuta da ufficiale affacciato a babordo, sbuffava fumo e rabbia insieme, nel vano tentativo di trovare sollievo in un mare dipinto. Nessuna brezza, nessuno zefiro, neppure un alito di quel vento agognato da giorni, ma inutilmente. L’aveva letta molti anni prima la famosa ballata del marinaio. Non gli sovveniva il nome dell’autore. Era inglese. Solo di questo era certo. Ma ricordava alcuni versi che, da buon lupo di mare, lo atterrivano ogni qual volta se ne ricordava. «Guai se quella realtà fosse corrisposta al vero un giorno. Guai se la sua nave si fosse fermata in mezzo al mare, senza brezza e senza acqua, arrostita dal sole rovente, infestata dalle stesse viscide creature partorite a sciami da un mare putrefatto.» —  pensò. —  «Guai!» Eppure, ora, quei giorni e quelle notti erano venuti, invece, proprio in un angolo di mondo insospettabile e famoso per la mitezza del suo clima. Dalla barba folta e scura, tendente al grigio-sale, i batuffoli di fumo bianco a forma di anelli sospinti verso l’alto dai leggerissimi soffi della bocca sembravano fermarsi a breve distanza l’uno dall’altro, sospesi nell’aria, aumentando, così, il fastidio che la situazione in generale di per sé già gli creava. Neppure lui fece caso, quindi, al grosso yacht che si allontanava. Non intese farci caso. Era una bella serata, calda e senza un alito di vento. L’ideale per godersi la traversata sul ponte per chi riusciva a sopportare, nella velocità, i forti fremiti della brezza, o per chi, dall’interno del grande salone, preferiva rinunciarvi. Alì, invece, avvertì una sensazione d’incertezza, quasi di timore. Un silenzio insolito, tetro e innaturale, conferiva un fascino segreto e misterioso a tutto l’ambiente. Solo lo sciabordio delle acque sotto lo scafo e il rumore dei motori assicuravano la certezza della vita. Gli stessi uomini dell’equipaggio sembravano muoversi in maniera diversa; distaccata rispetto alle consuete abitudini di cordialità e simpatia. Non più ragazzi allegri e socievoli, esseri normali partecipi naturali della vita di bordo. Ma robot rivestiti dei panni invisibili delle ombre, fantasmi, più che automi, capaci di muoversi a proprio agio tra le ceneri dei propri pensieri e delle proprie virtù, dissoltisi ormai per sempre al richiamo ingannevole e folle dei loro falsi, ma adorati profeti.Un gelo inspiegabile attraversò il corpo di Alì. Brividi di freddo lo assalirono. La fronte si orlò di una leg­gera patina di sudore — Perché tremi? — esclamò Ahmed, spuntando d’improvviso alle sue spalle. Colto di sorpresa, il giovane collega vacillò per la paura. Erano soli nel salone dello yacht.— Non tremo, avverto solo qualche brivido di freddo. Devo essermi preso un raffreddore. Purtroppo soffro di bronchite — mentì — e la minima causa mi provoca una reazione. C’è una forte brezza, sarà meglio che io indossi una giacca a vento.— Non credo proprio che si tratti di bronchite. — rispose Ahmed, puntandogli lo sguardo negli occhi. (…)