Divorzio o nullità?

di Rita Occidente Lupo

Oltre 54.000 le coppie che nel 2008 hanno divorziato: situazione analoga a quella di tanti che in 40 anni hanno strizzato emozioni, destinate a stemperarsi nel tempo. Per dar vita alla routine abitudinaria, all’incomunicabilità spesso, alla carenza d’interesse per l’altro partner. Se molti, coloro che soffrono un giogo definito solo un tempo indissolubile, altri ancora credono nel sì eterno. In un impegno che sposa una scelta di vita a due, esorcizzante la solitudine, sulla base d’un amore che si rafforza nel menage di coppia. Chi decide di sciogliere un vincolo ritenuto pesante o non più idoneo alle proprie esigenze, rinnega l’antico suono d’organo, l’Ave Maria ed i fiori d’arancio! Il matrimonio, secondo molti, tomba dell’amore. Di qui, il passo per accedere alla soluzione spicciola, ormai alla portata di tutti: il divorzio! Un tempo, il rito religioso, per gli effetti concordatari, valido civilmente. La recente sentenza della cassazione a Venezia, per l’annullamento, apre uno squarcio legislativo notevole a riguardo. Occorre verificare fino a che punto la Chiesa perderà di vista gli effetti concordatari. Alla base del divorzio, perfino il periodo di separazione, ridotto. Il Parlamento ridusse da cinque a tre anni lo stacco, necessario ai fini di ottenere lo scioglimento del matrimonio. Negli anni successivi, altre proposte di riduzione. A inizio 2010, la discussione sul divorzio breve dopo appena un anno di separazione o al massimo due anni. Intanto la Chiesa, col Family Day, proprio nello stesso giorno in cui 33 anni prima, gli italiani erano stati chiamati a esprimersi sull’abrogazione del divorzio, incisivizzava il ruolo dell’indissolubilità familiare. Ora bisognerà attendere che si pronunci il base al verdetto che la Sacra Rota ed i singoli tribunali ecclesiastici emetteranno, per decidere le sorti di tante coppie, volitive nel voler ricostruire una vita di coppia, annullando la precedente viziata.