Velia, come Pompei, muore nell’indifferenza di tutti

Giuseppe Lembo

 

In Campania, una regione sempre più nemica della sua gente, un caso grave dell’indifferenza istituzionale e non per il nostro passato, oltre a quello di Pompei dove abbiamo assistito al crollo della “casa dei gladiatori” (una vera e propria vergogna nazionale), è quello, che riguarda il prestigioso sito di Elea – Velia, patrimonio dell’umanità, sotto la tutela UNESCO. Lo segnala all’attenzione di tutti noi, purtroppo sempre più distratti ed indifferenti alle cose che contano, presi come si è per l’apparenza, per il possesso egoistico di beni tutti per sé, un turista per bene che da Torino viene a visitare nel Cilento ad Ascea – Velia la terra dell’essere di Parmenide e di Zenone.In una lettera a Repubblica Napoli, nella rubrica “lettere e commenti” -la parola ai lettori pagina 10 di giovedì 11 novembre- Ugo Leo di Torino, esprime, a giusta ragione, le sue lagnanze da turista tradito ed offeso, per l’incuria umana che riguarda il sito di Velia (Salerno), un tempo patria di Parmenide e di Zenone e residenza estiva di Cicerone e di Orazio. Un vero e proprio atto di accusa per il degrado e l’abbandono in cui si è trovato di fronte quella che un tempo, nel mondo greco, era stata la terra del pensiero umano dell’essere, conosciuto nel mondo tranne per chi la vive, oggi di grande importanza per l’uomo che, soprattutto nel mondo occidentale, lo preferisce all’apparire, cancellandone sempre più l’importanza per il vivere dell’uomo sulla Terra. Il signor Ugo Leo, di recente in visita a Velia con un’amica olandese, ha avuto un’esperienza, così come descritta nella lettera, veramente traumatica, per le condizioni di degrado e di abbandono in cui ha trovato il sito di Velia, di questi tempi abbandonato a se stesso e senza visitatori. Le cose viste e denunciate suonano come il fallimento del Paese Italia nella gestione del suo grande tesoro culturale, purtroppo in una condizione di sofferenza diffusa che ci fa male e fa male al nostro Paese, dal Nord al Sud, ma soprattutto al Sud ed in Campania in particolare dove i suoi siti di eccellenza culturale soffrono di degrado con conseguenti gravi danni per la cultura, l’economia e lo sviluppo dell’intero territorio regionale che non sa essere positivo, non sa utilizzare convenientemente le sue risorse e vive in una diffusa condizione di malasocietà alimentata, tra l’altro, da una condizione dannata della sua classe dirigente. Dice, l’amico piemontese Ugo Leo, dopo aver evidenziato l’importanza culturale artistica ed archeologica di Velia, di aver subito nella visita il tradimento dell’abbandono, che si è poi trasformato in una condizione umana di sofferenza e rabbia. Le cose del degrado viste, vissute e documentate fotograficamente riguardano, tra l’altro, l’inagibilità per effetto delle piogge e l’invadente presenza di una macchia mediterranea che si sta riprendendo, inghiottendola, la terra in tutte le sue parti, della gloriosa Elea – Velia. Altri elementi di spicco visti nel viaggio del sapere, assolutamente estranei al sito archeologico, sono stati la presenza di un gatto morto, un enorme masso caduto da circa 10 mesi che non permette l’accesso alla Porta Rosa,  sedie e tavoli in plastica abbandonati nell’area degli scavi, simbolo moderno di quel popolo degli stomaci che, indifferente al sapere ne usa i luoghi per andarvi a bivaccare, per niente preoccupati di dissacrarli e di arrecare una grave e grande offesa alla loro dignità ed al loro prestigio universale. I fatti così come descritti ci portano a riflettere sulla crisi umana, sociale e culturale in cui versa il nostro Paese; non è solo un problema di scarsità di risorse se siamo arrivati a tanto. Non ci resta che piangere! Signor Ugo Leo, a piangere saremo in pochi. Il popolo degli stomaci in cui si è ridotto il nostro Paese, purtroppo, se la ride e di grosso, del tutto indifferente al fatto che crolla Pompei, che Velia è così ridotta; che crolla lo storico Palazzo dei Poveri a Napoli e che, in tante altre parti d’Italia, altre preziose testimonianze di opere d’arte, se ne vanno in rovina. Purtroppo non c’è niente da fare, data l’insensibilità diffusa per questi problemi. Non sono questi i problemi dei poteri forti. A noi non resta che fare il nostro dovere di denunciare e di cercare di parlare alla gente del come siamo ridotti e del futuro da “barbari” che ci aspetta. L’augurio è che, comunque, riusciamo a cavarcela, per il bene grande del nostro Paese, un Paese malconcio, fortemente sedotto ed abbandonato.