Follia, tra incubo e reinserimento

di Rita Occidente Lupo

Ancora un dramma: quello della follia a Monte di Procida. La vittima, una neonata, soffocata nei suoi vagiti dallo zio affetto da turbe psichiatriche. Esulta Basaglia?A distanza di  32 anni dalla legge-quadro da lui ideata e vergata poi dal Parlamento, closed per i vecchi istituti, dall’aspetto più detentivo che curativo. Carcerario quasi, per i vetusti strumenti di forza di un tempo, in bacheca da un bel pezzo. All’appello, assenti ancora 3 strutture nel Sud, 2 in Puglia e 1 in Sicilia: i circa 300 ospiti, traslocati in ambienti residenziali, di nuovo accodati per l’accredito regionale. Al di là della legge 180, diktat per la chiusura dei manicomi, resistenze sul reperimento del personale idoneo. A tappeto, ancora la questione degli Ospedali psichiatrici giudiziari, ex manicomi criminali, con oltre 1.000 pazienti in condizioni problematiche. E dire che i frenocomi, già presenti nel XV sec. generosamente spalmati in tutt’Italia. Solo agl’inizi del ‘900, da Gorizia il boom nel pianeta della mente. E Nocera Superiore a ruota,  attrezzandosi alla meglio, fanalino del Sud. La sperimentazione d’un nuovo tipo d’approccio al degente psichiatrico, mediante un decalogo, atto a reinserirlo nella famiglia e nella società. Da allora, iter farraginoso, centri di salute mentale, con semiresidenzialità e  trattamenti sanitari, terapeutici. Ma tante le defaiance, d’ un sistema troppo vacillante, per potersi consolidare. L’Italia, col suo buco nero per la Sanità, specialmente al Sud,  in tema di matrice psichiatrica. Le strutture atte a reinserire il paziente, con opportuni programmi terapeutici e riabilitativi, centellinate. Le diverse patologie, un tempo apostrofate soltanto sotto il tetto comune della pura follìa, allarmiste per svariate famiglie, spesso inermi nel gestire il proprio infermo. Se i vecchi manicomi, barricate tra il mondo “Normale” e quello “Folle”,  quali nuove strutture coperte, per organizzare l’assistenza anche psicologica, non si comprendono. Il Paese guarda all’inserimento del soggetto psichiatrico senza averne prima collaudato le capacità. E garantito un percorso, interattivo nella realtà, privo di danni per la comunità. Esente da raptus o gesti inconsulti, tali da compromettere il sociale. Basaglia pensò ai “suoi” degenti, mutilandone soprattutto la ghettizzazione, ma omise la diffidenza anche sociale, che spesso scorta la patologia psichiatrica. In tanti, a ciondolare per strada, spesso affidati a se stessi, se privi di congiunti o di reddito: schivati dai passanti, senza che la stessa società li assuma in carico, offrendo loro, se non altro un dignitoso ricovero. Ancora sparute le strutture, atte a recepire le istanze psichiatriche ed a far fronte al disagio, spesso complice d’un accattonaggio,  inquietante le moderne realtà urbane!

 

 

Un pensiero su “Follia, tra incubo e reinserimento

  1. Direttrice, vede? quando si scrive di contenuti, senza effetti speciali, si pubblicano ottimi editoriali.

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