Il procuratore Roberti e i magistrati in tv

Aldo Bianchini

Peccato che a rispondere al Capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, dr. Franco Roberti, debba essere un “giornalista pubblicista” come me e non, invece, uno dei tanti “giornalisti professionisti” tanto cari al Procuratore. Almeno così mi è parso di capire dalla nota stampa diffusa dalla Procura e pubblicata con grande risalto da tutti i quotidiani. Roberti è da poco in Città e vorrei umilmente suggerirgli che qui a Salerno i “giornalisti professionisti” si sprecano e che qualcuno, pur avendo diretto televisioni e giornali, per scelta deontologica e nel rispetto delle leggi è rimasto “pubblicista” avendo avuto la “sfortuna” di essere “dipendente pubblico”. Detto questo vengo subito al motivo del mio intervento che, comunque, non deve suonare offensivo per nessuno, tantomeno per il Procuratore Roberti che da quando è a Salerno qualche occasione per stare zitto l’ha pure avuta ma non l’ha sfruttata. Il ministro della giustizia, alias il guardasigilli Angelino Alfano (che lunedì sarà a Salerno) credo abbia parlato in via assolutamente generale quando ha invitato “alcuni magistrati” ad essere più presenti in procura e un po’ meno sulle tv, sui giornali ed ai convegni. Mai e poi mai Alfano ha pronunciato il nome di Roberti come “magistrato fannullone”, innanzitutto perché Franco Roberti è un magistrato di vaglia che ha dato ampia prova del suo ottimo operato, e in secondo luogo perché Roberti è uno dei tanti magistrati che ha personalmente e fisicamente rischiato sul fronte della guerra alla malavita organizzata ed ai “Casalesi” in particolare. La sua reazione, quasi indignata, mi stupisce in quanto al di là dell’intervento giusto e doveroso di Piero Grasso a difesa dei magistrati operosi e della reazione di Luca Palamara che ormai parla su tutto, pochi altri procuratori e/o magistrati in tutt’Italia hanno risposto all’improvvido monito del ministro della giustizia che, in un clima così arroventato, avrebbe fatto meglio a saltare a piè pari il problema della presenza sui media di tanti magistrati. Tanto il problema è sotto gli occhi di tutti e non c’è proprio bisogno di rimarcarlo, la gente vede e sente e nell’immaginario collettivo da tempo si è consolidato il giudizio negativo sui tanti, forse troppi, magistrati che continuamente tracimano dalle loro funzioni di “commutare in pena” la responsabilità degli imputati nell’osservanza delle leggi per sconfinare nella “giustizia distributiva” che deve ritornare ad essere rapidamente terreno soltanto della politica. Capisco che “l’erba del vicino è sempre più verde”, ma qui non parliamo di film ma di giustizia di cui il Paese ha tanto bisogno. Questo conflitto perenne tra politica e magistratura non finirà mai, almeno fino a quando la politica non riprenderà il suo ruolo e i magistrati non ritorneranno al loro posto. Da quel famoso editto in tv del 1994 con il pool mani pulite di Milano contro il governo Berlusconi il vizietto di battere il Parlamento sul tempo è divenuto pratica quotidiana per il CSM, l’ANM e vari singoli magistrati di questo Paese; e i pareri diventano sentenze di “incostituzionalità” (come nel caso del Processo Breve) su decreti e disegni di legge prima ancora che ad esaminarli venga chiamata in causa l’unica Corte competente che è quella Costituzionale. Per non dilungarmi ritorno subito al problema della eccessiva “presenza mediatica” di alcuni magistrati. Il procuratore Roberti, nel suo scritto, fa un’attenta analisi di come si svolge la vita lavorativa e professionale della stragrande maggioranza dei magistrati con orari impossibili e tantissime privazioni di carattere personale ed anche affettivo; fortunatamente è proprio come dice il procuratore di Salerno e prendo per oro colato la sua dichiarazione al riguardo. Ovviamente con qualche eccezione che conferma la regola, anche per lo stesso procuratore Roberti che (per sua pubblica dichiarazione) ha impegnato l’intera giornata di venerdì  4 dicembre scorso passando la mattinata in un convegno a Castellammare di Stabbia organizzato da Adriana Musella in un istituto scolastico e il pomeriggio nella vana attesa nella Camera di Commercio di Salerno dell’arrivo del collega Antonio Ingroia per la presentazione del libro “C’era una volta l’intercettazione”. Il procuratore aggiunto di Palermo non venne a Salerno e sapete perché: era stato trattenuto a Roma da impegni mediatici; per buona pace di tutti. Signor procuratore Roberti ha visto come anche un “giornalista pubblicista” riesce a ricordare, descrivere e ricostruire fatti e circostanze ben precise?

Un pensiero su “Il procuratore Roberti e i magistrati in tv

  1. La qualità che state dimostrandocome giornalista pubblicista o professionista sarebbe la stessa. La scelta deontologica da fare non è se iscrivervi o meno all’albo, ma se decidere di smettere di essere un servo della Pdl o meno. Il Procuratore Roberti è una persona degna di stima e non dovrebbe avere altre ansie oltre che quelle che il suo lavoro impone. Per me lui e gli altri vanno fin troppo poco in tv.

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