“Cogito, ergo sum”. “Posso, quindi sono”

 Giovanna Rezzoagli

René Descartes, filosofo e matematico vissuto tra la fine del 1500 e la prima metà del 1600, è ricordato soprattutto per il celeberrimo “Cogito, ergo sum.”, “Penso, quindi sono”. Il filosofo, animato dal dubbio scettico anche di fronte alle realtà più evidenti come quelle matematiche che trascendono la fallacità sensoriale, giunge ad ipotizzare che l’unica dimensione certa dell’esistenza sia data dall’attimo di consapevolezza di se stessi nel momento in cui, dubitando, si pensa. Pensare equivale alla prova certa di esistere. Una delle esigenze primarie dell’uomo è data dall’auto riconoscimento del proprio se e dal riconoscimento sociale nel contesto di vita. Questa premessa teorica per poter analizzare un preoccupante fenomeno in continua crescita, nel nostro Paese come in quelli più tecnologicamente progrediti: l’aumento di casi reati penali compiuti da minori. La fase di passaggio dall’adolescenza all’età adulta non può prescindere da una consapevolezza acquisita del proprio “esistere” in un contesto sociale di cui essere compartecipi. Sino a pochi decenni fa, il giovane tendeva a ricercare la propria affermazione individuale attraverso un percorso che prevedesse obiettivi ben definiti. Era molto difficile che un giovane a venticinque o trenta anni non avesse concretizzato un corso di studi o non avesse un lavoro. Spesso si aveva la responsabilità di una propria famiglia. Oggi la realtà sociale, e sociologica, è molto diversa. Il fattore economico incide, ma non con la preponderanza che i nuovi modelli sociali vorrebbero imporre. Oggi è considerato normale essere iscritti all’Università, magari senza avere compreso se alla base della scelta di un determinato corso di studi vi sia, o meno, una motivazione solida. L’abbandono degli studi e l’elevato numero di fuoricorso non si spiega efficacemente trascurando questo parametro che, peraltro, non viene minimamente valutato all’atto dell’iscrizione ai vari corsi. Oggi a trenta anni molto spesso non si è usciti dal nucleo familiare di origine, e se è vero che è difficile permettersi un affitto, è parimenti vero che spesso non si sa cucinare un uovo o lavare una camicia. La maturità psicologica è procrastinata nel tempo. Rimane però indiscutibile che la maturità biologica si compie nella stessa età anagrafica oggi come secoli fa, casomai risulta anticipata dalle condizioni di benessere in cui viviamo. Oggi vige una cultura del materialismo e del vuoto di coscienza e di riferimenti da esso riempiti, che, associata alla povertà intellettuale ed alla “fame” di riconoscimento sociale, crea un mix molto pericoloso. L’opinione pubblica è sconcertata di fronte agli atti di criminalità perpetrati da giovani. Non si tratta soltanto del fenomeno del bullismo, ma di fatti gravissimi di disprezzo della vita umana e per giunta con motivazioni abiette. La lista di crimini contro la persona è assai lunga con una serie di violenze e di stupri, aggressioni di gruppo a sfondo razzista o “punitivo” del diverso, persino omicidi. Oggi si aggredisce per rubare un cellulare, un iPod o, semplicemente, per noia. Il materialismo è il nuovo riferimento per definire il confine effimero del proprio sé. Ma non solo il possedere oggetti, anche potere esercitare sopraffazioni sull’ “Altro” sta diventando uno strumento di distinzione: “Posso, quindi sono”. Le azioni delinquenziali in contesto di gruppo sono poi in aumento perché è proprio nel contesto gruppale che il singolo soggetto percepisce “diluita” la responsabilità personale, godendo nel contempo di una soddisfazione del riconoscimento da parte degli altri membri del gruppo riconoscimento che va anche testimoniato con la ripresa al telefonino dell’atto criminoso. Il “Cogito” di Cartesiana memoria è imbarbarito sotto i colpi di un benessere che ha profondamente ottuso la capacità di maturare in un contesto sociale. Una scossa forte ai modelli educativi troppo garantisti di oggi forse può arginare danni futuri, ma il contraccolpo sociale del lassismo dell’ultimo decennio (ad essere riduttivi) si avvertirà per anni. Alcune sentenze dei Tribunali dei minori sono apparse, in tal senso,  preoccupanti. La speranza è di sbagliare analisi, ma temo che le probabilità di errore siano inversamente proporzionali al numero di quanti giovani oggi saprebbero rispondere alla fatidica domanda: “Chi è l’Autore della frase “Cogito,  ergo sum”?”.