Ecce, homo!

 Giovanna Rezzoagli

L’uomo, animale sociale e cacciatore spietato. Creatura fallace ed insicura, vittima della ragione non meno che del proprio istinto. L’uomo, ambivalente per eccellenza in conflitto tra giudizio e pregiudizio, costantemente alla ricerca di sicurezze che, cieco e sordo ai richiami dell’io più profondo, difficilmente troverà fuori dal proprio sé. Tra le dinamiche psicologiche che influenzano significativamente il comportamento sociale, a livello inconscio, molte afferiscono al meccanismo di difesa che prende il nome di “formazione reattiva”.Esso consta nella sostituzione di un desiderio inaccettabile con un suo opposto (spesso un comportamento). Può incidere anche sulla costruzione della personalità del carattere; tanto che un eccesso di formazione reattiva può facilitare la costituzione di un cosiddetto “Falso Sè” (ovvero, una personalità non autentica). L’omofobia, l’etnofobia, la xenofobia, si originano non solamente da una conoscenza profondamente inficiata dai pregiudizi, i quali vale la pena ricordare, hanno come scopo primario quello di evitare al soggetto una disamina approfondita di tematiche potenzialmente destabilizzanti dell’integrità della propria immagine sociale. La formazione reattiva porta a disprezzare, a volte anche in termini molto forti, condizioni esistenziali che, nella condizione intrapsichica inconsapevole, sono in realtà elettivamente attraenti. Pertanto l’ipercriticità verso stili di vita e/o modelli esistenziali diversi da quelli culturali di appartenenza, può sottendere ad un profondo senso di frustrazione in relazione al proprio vissuto. Questa dinamica psicologica in associazione al pregiudizio crea un mix esplosivo a livello di convivenza sociale, specialmente in concomitanza di altri eventi destabilizzanti quali la crisi economica in atto. Ma questo è l’uomo, questa è la sua natura. Per molti è sicuramente più facile trattare con disprezzo il clochard che dorme sulla panchina, quando non lo si cosparge di benzina per dargli fuoco, piuttosto che riflettere che su quella panchina ci potrebbe finire chiunque di noi. E’ assai facile scagliare la prima pietra in nome di presunte disamine sociologiche. La responsabilità della condotta personale non può e non deve prescindere da se stessi. Riflettere, anche solo per un istante, può costituire un momento di umiltà. Anche questo è l’uomo.