L'angolo dei giovanissimi:il bugiardo inganna soprattutto se stesso

 Alessio Ganci

Oggi, il 13 Luglio è l’anniversario della pubblicazione delle “Avventure di Pinocchio”, scritte da Carlo Lorenzini (detto Carlo Collodi). Le “Avventure di Pinocchio” vennero scritte a Firenze nel 1881 ed ebbero molto successo nella letteratura dei ragazzi. Furono pubblicate due edizioni del racconto. Collodi non aveva il progetto di scrivere per i bambini, infatti la prima edizione non era a lieto fine ma si concludeva con Pinocchio impiccato a causa dei suoi numerosi errori. Con la seconda edizione (la più diffusa oggi), invece, venne introdotto un finale a lieto fine in cui Pinocchio si converte da burattino a bambino per aver provato sentimenti nei confronti del padre, che poi lo hanno spinto anche a studiare e a diventare un uomo.Il racconto insegna molto sulle bugie: Pinocchio era un burattino bugiardo che aveva il naso lungo in rapporto con le bugie da lui dette. Le bugie portano un individuo a sbagliare e a caricarsi la coscienza inutilmente. Mentendo, si inganna chi non merita di essere ingannato e ci si sente oppressi da un sentimento di rimorso. Chi non ha rimorso, semplicemente non è un uomo, ma un delinquente che si diverte a dire bugie e a stare dalla parte del male. Sono molti i motivi per cui un individuo racconta una bugia: bisogna però distinguere: come un bambino può raccontare bugie al genitore (ad esempio per non essere sgridato per un aver brutto voto preso a scuola) un amico può mentire all’altro (ad esempio sul suo stato di salute) per tranquillizzarlo e non agitarlo. Peccato che senza inganno si può fare di meglio per tranquillizzare chi sta male.Il racconto insegna inoltre (soprattutto ai bambini) che cosa potrebbe succedere non studiando e divertendosi esageratamente. Di sicuro non ci si trasforma in somari (animali peraltro intelligenti), però si regredisce a tal punto che in futuro si potrebbe essere comandati come delle bestie al circo.