Falvella: in paradiso con …..

Aldo Bianchini
Da ben trentasette anni è sempre la stessa agitazione in Paradiso, almeno nella sezione in cui stazionano le anime delle persone uccise per motivi politici, ideologici e terroristici. E’ piena agitazione soprattutto nel corso del pomeriggio del 7 luglio in quanto tutti ricordano che in quel giorno dell’ormai lontano 1972 un diciannovenne salernitano venne barbaramente ucciso da un altro giovane per apparenti motivi ideologico-politici. Tutti lo conoscono, tutti gli vogliono bene, tutti gli fanno gran festa. Si chiama Carlo Falvella, alto, slanciato, bella presenza, ottima dialettica, sempre disponibile e prodigo di consigli per tutti. In paradiso si è laureato in giurisprudenza e tiene lezioni di legalità e trasparenza a tutti quelli che non hanno avuto le sue possibilità. Oggi, però, appare un pò triste agli occhi dei suoi due più cari amici: Guido Rossa e Vittorio Bachelet, il primo ucciso dalle brigate rosse e il secondo pure, provenienti però da estrazioni completamente diverse. Rossa dalla fabbrica, Bachelet dall’Università. Sono anche i suoi due consiglieri e da sempre insistono affinchè Carlo, proprio il 7 luglio, perdoni il suo assassino che si aggira ramingo fuori dal Paradiso nell’attesa di un cenno da parte del Padreterno. “Giovanni Marini” così si chiama l’assassino, mal messo nel fisico e nell’aspetto, verso le ore 17.10 riprende la discesa verso gli inferi; fra qualche anno, forse, gli ha mandato a dire Carlo, arriverà anche il perdono e la possibilità di un accesso, almeno per una volta, tra le incantate nuvolette del Paradiso. Carlo si siede nel salottino con i suoi due amici per centillinare il classico caffè pomeridiano e rivedere, come in film luce, le trentasei cerimonie precedenti in attesa dell’ultima, quella di oggi. Ma è subito nervosismo, cosa succede laggiù a Salerno, sul tratto di strada tra la federazione di AN e Via Velia, dove di solito9 si snoda il corteo commemorativo;  è inquieto Carlo, non vede dall’alto le solite camice nere, i tantissimi di Azione Giovani, insomma non c’è più quella Città che partecipò impietrita e commossa ai suoi funerali; oggi pomeriggio l’atmosfera è più soft. “Ma che sta succedendo?” chiede ansioso; risponde per primo Bachelet che conosce bene il carattere di Carlo e i suoi puri ideali, con aria professorale cerca di fargli capire che l’MSI non esiste più da tempo e che anche AN da qualche mese è scomparsa.  Stizzito Carlo quasi urla tra le nuvole del Paradiso: “Ma dove sono i giovani in parata militaresca, perchè stanno imbrigliando la mia commemorazione a mò di cerimonia da seminaristi, non voglio più niente, neppure l’intitolazione di una strada. Avevano ragione Dario Fò e Franca Rame quando protestavano sotto il tribunale di Salerno contro la Destra. Di quella stagione, del perchè ho dato la vita nessuno più ricorda niente. Hanno consentito alla sinistra di dare perfino il posto di giardiniere al mio assassino”. Interviene Guido Rossa, sindacalista, mediatore, ne ha viste di tutti i colori nelle fabbriche di Genova: “Carlo devi stare calmo, siamo in Paradiso da tanti anni, ma che te ne frega più di cosa combinano quegli umili mortali di Salerno”. E mentre Guido dice ciò, sul marciapiede che dall’ex federazione di AN porta verso Via Velia si avvia il corteo capeggiato dal neo presidente della provincia. “Hai visto -ritorna Bachelet- che le cose migliorano, quest’anno ti ricorderà addirittura il Presidente della Provincia con tutto il suo staff ed anche la Vice presidente”. Ma Carlo diventa sempre più insofferente, quasi collerico e sbotta: “”Non voglio essere ricordato da uomini che hanno stretto allenze politiche addirittura con De Mita, Del Mese, Brusco, Fasolino, Gagliano e Lubritto; persone che rappresentano la negazione delle ideologie e  partiti contro cui ho combattuto e dato la vita. Non so che cosa gli è preso a quelli di Salerno ma “ancora oltre sopportar non posso” questa violenza; impensabile vedere alla mia commemorazione personaggi come la Ferrazzano, Lello Ciccone, Gaetana Falcone, e mi fermo qui. Scusate ma io mi ritiro nelle mie stanze, non riesco a vedere queste scene. Sono soltanto venditori ambulanti di chiacchiere””. Il caffè rimane sul tavolo, Bachelet e Rossa dopo qualche minuto si ritirano anch’essi; nessuno dal Paradiso vedrà la cerimonia terrena. Forse soltanto Marini, da un finestrone del girone infernale nel quale è finito, darà un rapido sguardo ripensando all’assurdità del suo gesto.

Un pensiero su “Falvella: in paradiso con …..

  1. Grazie dott. Bianchini, non avrei mai trovato le sue stesse risposte, per motivare il perchè questa serra non sono andato a nessuna commemorazione per l’assassinio di Carlo Falvella.

    In quella folla di “figuranti” che da qualche anno si presenta , il 7 Luglioin via Velia, c’è di tutto e di più.

    Non a caso, oggi militano nello stesso partito, il fratello di Carlo e l’avv. che nel difendere l’assassino, più volte cercò d’infancare la memoria del “nostro” MARTIRE.

    Voglio ricordare a modo mio un AMICO e un CAMERATA che ha dato la vita per quell’idea che ci vide, in sieme ad altri, sacrificarci sulla stessa barricata.

    Probabilmente io/noi siamo stati più fortunati, ma “Lui, si è risparmiato il triste spettacolo del “teatrino della politica” dei giorni nostri.
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    7 Luglio 1972 / 7 Luglio 2009
    Era il mese di giugno del 1972, da poco si erano chiuse le scuole.
    Insieme con noi c’era Carlo, che riusciva,con il suo modo di comportarsi concreto e leale, a fare gruppo.
    Non era un “capo”, era uno di noi, certamente il migliore tra noi.
    Condividevamo gli stessi ideali: l’Onore, la Famiglia, la Patria.
    Vivevamo un periodo Drammatico ed Esaltante.
    Per questi ideali, durante l’anno scolastico, più volte ci eravamo confrontati e scontrati contro altri giovani che, con le loro bandiere rosse e al grido di “ Lenin, Stalin, Mao Tsè-tung, “ bramavano condurre l’Italia e l’Occidente Cristiano oltre quella “Cortina di Ferro” che rappresentava il confine invalicabile fra lo Spirito e la Materia.
    Quel lontano mese di giugno, era il culmine di un anno di lotte politiche e, a Salerno, si festeggiavano le prime vittorie elettorali dell’allora neonata Destra Nazionale.
    Si pensò ad un’affissione massiccia di manifesti per le strade della città; ma non c’era denaro e come sempre i giovani del Fronte della Gioventù si offrirono per tale incarico.
    Furono formati alcuni gruppi per “coprire” meglio la città; si sapeva che il compito era difficile perché c’erano state delle scaramucce durante la giornata.
    Infatti un gruppo di studenti del F.d.G e del FUAN-Azione Universitaria, Carlo era con loro, che stavano affiggendo dei manifesti nel quartiere di Torrione, nei pressi della Camera del Lavoro, si vide aggredito da un foltissimo gruppo di persone più che mature e solo l’intervento di un gruppo di camerati di Cava dei Tirreni, alcuni erano degli esperti in arti marziali, evitò il “peggio “ mettendo in fuga le “orde” degli aggressori. In quell’occasione solo un giovane studente fu ferito al volto.
    Eravamo tutti giovani e la sera ci ritrovavamo sul lungomare.
    I “comunisti “ si ritrovavano, solitamente, davanti al bar Nettuno mentre noi di “Destra” c’incontravamo tutte le sere davanti al bar Nazionale. Ci dividevano poche decine di metri ma per tutti, quelle due aiuole erano un limite invalicabile.
    Era stato sempre così, ma non in quelle sere e con quel clima di tensione.
    Un tardo pomeriggio, un foltissimo gruppo di giovani di sinistra fece un presidio davanti al bar Nettuno; la tensione era moto alta e si preferì momentaneamente lasciare il campo. Un giovane di “Destra”, inconsapevole del fatto, era solo sul lungomare: fu circondato e picchiato selvaggiamente e riportò una brutta ferita alla testa. In pochi minuti tutto il “mondo giovanile di Destra” seppe dell’aggressione e si ritrovò in via Diaz (la sede del F.d.G.). Eravamo indignati e si voleva dare una risposta a quella vile aggressione, ma i dirigenti del Fronte riuscirono a calmare gli animi.
    Sembrava che l’episodio fosse finito così ma un gruppetto di giovani camerati (sei o sette) non volle sentire ragioni. Si allontanarono e non ebbero remore ad aggredire un numero tanto elevato (80-100) di avversari. Seguì uno scontro furibondo che fortunatamente non portò gravi conseguenze, un paio di rossi all’ospedale con qualche ammaccatura e qualche punto di sutura, i suppellettili del bar Nettuno (tavolini,sedie ed ombrelloni) distrutti.
    Carlo era fra quelli che sempre cercava di trovare delle risposte politiche alle aggressioni che erano perpetrate nei nostri confronti: non era un vile, ci diceva che dovevamo rispondere in modo politico alle prepotenze, denunciando all’opinione pubblica ogni provocazione e noi lo ascoltavamo perché sapevamo che non ci avrebbe mai lasciato soli nel pericolo.
    Quella sera di Luglio, infatti, quando stava rincasando, il suo amico fu aggredito e ferito a colpi di pugnale ed egli non esitò a frapporsi fra lui e i suoi aggressori, salvò il suo amico, lui ricevette due pugnalate al cuore e morì.
    L’avrebbe fatto per tutti noi. Chissà se noi l’avremmo fatto per Lui.
    Dopo trent’anni, questo è il ricordo che ho di Carlo Falvella.
    Un ragazzo normale che in un momento particolare si è comportato da eroe.

    Primo Carbone

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