L’ avalutativita’ nelle relazioni interpersonali

 Giovanna Rezzoagli

L’apprendimento negli esseri umani avviene attraverso processi sociali di interazione e di socializzazione per mezzo dei quali si trasmettono gli elementi culturali di appartenenza. L’analisi sociologica della cultura analizza essenzialmente la sua funzione principale: proteggere dal caos ed orientare verso il fine primario di vivere insieme ad altri esseri umani. Potrà sembrare una visione depauperata di valenze condivise dell’accezione del termine “cultura”, ma il nucleo fondamentale è costituito proprio da questa esigenza dettata dall’evoluzione, infatti l’uomo è incapace di vivere compiutamente in isolamento, molto concretamente non potrebbe sopravvivere. Il neonato necessita delle cure genitoriali non soltanto per le sue necessità fisiologiche; se privato di cure e attenzioni affettive non potrà sviluppare le sue potenzialità sensoriali ed intellettive. La cultura trasmessa al bambino prima dalla famiglia e poi dalle strutture sociali avrà il potere di condizionare e rendere il giovane prima e l’adulto poi attivamente costruttore del mondo sociale in cui vivrà. Max Weber (1864-1920) ha teorizzato la reciprocità dell’influenzamento che intercorre tra cultura e mondo sociale. Weber,che si occupò prevalentemente di sociologia del potere e della religione, tentò di fissare i parametri di una sociologia definibile “comprendente”, nella quale si limitava il ruolo del nesso causale oggettivo nelle interazioni sociali a favore dell’azione sociale intenzionale. Garfinkel, padre fondatore dell’etnometodologia, riprese gli studi di Weber e sostenne che per comprendere una cultura occorre cercare di analizzarla dall’interno, il più avalutativamente possibile. In epoca di socializzazione forzata come appare essere la nostra, l’avalutatività può rappresentare la possibile risposta ai molti conflitti culturali? Credo che porsi questa domanda non sia ipocrita. Se è indiscutibile che la convivenza di diverse culture determini l’insorgere di conflittualità più o meno marcate, appare altrettanto indiscutibile la realtà oggettivabile della multietnicità in cui, volenti o nolenti, viviamo. L’avalutatività è l’esclusione dei termini valutativi e dei giudizi di valore soggettivi dei comportamenti umani sociali ed individuali. Non esistono comportamenti buoni o cattivi a priori, esistono comportamenti. Siamo noi che attribuiamo valore alle azioni. Questo non significa assolutamente che non si debbano avere convinzioni o non sia auspicabile mettere in discussione l’altrui comportamento, tutt’altro. Significa semplicemente che non è possibile configurare e definire oggettivamente ed in modo assolutistico il comportamento dell’Altro. Siamo invece spesso portati a questionare e discutere su tutto, e, in genere, colui che maggiormente in ciò si affanna è proprio il soggetto più vulnerabile, è colui che è maggiormente insicuro e che tenta di mascherare la propria insicurezza ammantandosi di certezze. L’avalutatività nelle interazioni sociali, dalle più banali alle più impegnative è, ovviamente del tutto impossibile, ma potrebbe essere molto produttivo trasmettere ai bimbi di oggi il rispetto per gli altri. Dimensionare la visione egocentrata tipica dell’uomo oggi, aiuterà a costruire una società meglio integrata domani. Utopia? Forse. Anche ai i sognatori di tutte le epoche sarà sembrato utopistico mettere il piede sulla luna, ma la storia alla fine ha dimostrato che, a volte, guardare avanti è fondamentale.