Università: il progetto “Lauree Scientifiche”

Salvatore Ganci

C’è un mio caro ex studente che, iscrittosi a Ingegneria Elettronica, dopo una settimana di “mugugni interiori” e una notte insonne, decide di passare a Fisica e mi informa di ciò “perché mi sembrava giusto, prof, che lo sapesse …”. Dopo avergli espresso alcune mie considerazioni sul futuro e preso atto delle risposte, appuro, purtroppo, che la sua scelta è consapevole perché “Fisica la fai per amore, non per mestiere”.  Devo arrendermi all’inevitabile e tra me penso: “Beh, frequenta anche il Conservatorio e lì si dovrebbe diplomare bene … forse le lezioni di chitarra classica possono ancora rendere …” E per fortuna si diploma al Conservatorio con il massimo dei voti.Quanta somiglianza con un giovane che più di quarant’anni fa s’iscriveva a Fisica più o meno con le stesse motivazioni ma in un periodo in cui c’era ancora qualche sbocco e male che fosse andata, c’era la Scuola. Già, nessuno voleva insegnare nella scuola. La “richiesta” di Docenti era tale, agli inizi degli anni 70, che negli Istituti Professionali era il Preside a disporre la nomina a tempo indeterminato, mentre per gli altri ordini di scuole era il Provveditorato (oggi Dirigenza Regionale). Male che fosse andata, la pagnottella quotidiana, anche se fuori Regione, non sarebbe mancata … Poi, un colloquio alla Pirelli in un nebbioso giorno di ottobre del ‘73, la vista dell’ingresso sorvegliato da guardie, con il filo spinato lungo la recinzione (proprio come nella caserma lasciata da poco) consegnò definitivamente quel giovane nelle braccia della Scuola.Oggi ottenere una semplice “supplenza” è una lotta all’arma bianca, con manipoli di giovani a scrutare le graduatorie d’Istituto, a brigare al telefonino per scambiarsi informazioni e indiscrezioni, con la malcelata speranza che al piano di sopra possa (magari!) capitare qualche “colpetto” che liberi il posto, magari per sei mesi. Il 97% della spesa per l’istruzione è destinata agli stipendi del personale e inoltre (fenomeno tipicamente italico) il MIUR retribuisce 25000 docenti di religione cattolica, un costo aggiuntivo che altri paesi dell’Unione europea non hanno. Ma come è stato possibile che una scuola media d’ante riforma (quella con il Latino) avesse un consiglio di Classe formato da tre docenti “fissi” (Lettere, Lingua Straniera, Matematica) e tre su più consigli (Religione, Educazione Fisica, Disegno). Oggi, nell’attuale Scuola Media si ha un numero di materie che fanno pesare dai 7 ai 12 kg uno zaino. Oggi non è più necessaria una “educazione musicale” (che era svolta, quel pochissimo che bastava, dal mio buon Docente di Lettere assieme a Italiano, Latino, Storia e Geografia) c’è voluto un apposito docente che non educa all’ascolto ma deve insegnarti a tutti i costi a suonare il flauto o quattro accordi alla chitarra.La morale di queste considerazioni? Esistono corsi di Laurea che sono semplici laureifici (uno per tutti? “Scienze della Formazione”) con quel bel titolo di “dottore” che in Italia è condizione necessaria ma non sufficiente per “avere titolo” per sperare in qualcosa … ma in cosa? Anche l’ultimo “rifugio” (la scuola degli anni 70) per lunghi anni a venire dovrà smaltire personale in eccedenza. Ma allora, perché il MIUR si preoccupa tanto di invogliare i giovani ad iscriversi ad una Facoltà (Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali) che ha avuto il calo di iscritti fallimentare? In una logica di “razionalizzazione” occorrerebbe “riconvertire” la Facoltà in modo da fornire competenze credibili e qualche finalità lavorativa concreta. E invece? Moltiplicazione di corsi e di Sedi decentrate (ogni grosso paesotto mirava a diventare Sede di qualcosa), moltiplicazione sfrenata di concorsi (ovviamente all’Italiana) favoriti dall’autonomia degli atenei. L’Italia che diventa l’eccellenza del Terziario: uno stato di Dottori, mentre il Primario e il Secondario non se la passano meglio. Ciò che nel “sistema MIUR” suscita perplessità è il rifiuto di tale logica che funziona senza troppi complimenti nel settore industriale e l’invogliare in tutte le forme possibili (le varie “settimane”, i “laboratori aperti” ecc. ) un giovane portato e motivato per la Scienza a intraprendere una via senza sbocchi o nella quale arriva a qualcosa di più o meno gratificante uno su mille. O ho letto male quando la stima media dei laureati che se ne vanno all’estero sono più di 3000 l’anno? Ritorno a pensare con malinconia al mio ex studente: “ma chi glielo ha fatto fare a lasciare Ingegneria Elettronica …”Coraggio, D! c’è sempre la chitarra .