Salerno: “Arte in Convento”, Felice Andreasi

Martedì 5 maggio, alle ore 20, la sezione “Arte in Convento”, curata da Vito Puglia, inserita nel vasto scenario della seconda edizione di “Quello che passa al convento”, il ricchissimo cartellone promosso dal Convivio delle Arti dei Rozzi e degli Accordati, con il contributo del Comune e dell’Ente Provinciale del Turismo di Salerno, del Pastificio Amato, della Centrale del Latte e di Salerno Energia e la collaborazione della web radio Unis@und, ospite del Convento di San Michele, gestito da Marco De Simone, proporrà una serata dedicata al genio di Felice Andreasi, a quattro anni dalla sua scomparsa. La serata vedrà delle video-proiezioni di Nanà di Beppe Varlotta, in cui il protagonista Nandu, interpretato da Felice Andreasi, è un cercatore di tartufi, un uomo solitario e apparentemente burbero, che vive in simbiosi con la sua cagnetta Nanà, che porta il nome di una ballerina di cui era innamorato, e “Felice l’attore che dipinge” e Schegge di Andreasi montati da Antonio De Lucia, preludio ad una conversazione con Maria Grazia Andreasi, Beppe Varlotta e Nicola Vicidomini.Felice Andreasi, nato a Torino nel 1928, faceva parte di una generazione di attori profondamente e positivamente segnati dalle loro origini regionali, capaci di una comunicazione immediata e concreta proprio per il loro legame con un paesaggio umano preciso e con forme linguistiche determinate. Andreasi aveva scelto come sua terra d’ elezione il Monferrato astigiano e ne aveva tratto un certo atteggiamento, un modo di porsi che segnava i suoi personaggi e dava loro individualità e concretezza. Il suo successo artistico era venuto però a Milano, dove aveva fatto parte dall’ inizio della generazione di comici e performer radunati intorno al Derby Club fra gli anni Sessanta e l’ inizio dei Settanta: Jannacci, Cochi e Renato, i Gufi, Toffolo, e sullo sfondo Gaber e Dario Fo. Le fortune artistiche di questi attori sono state assai diverse, ma la loro eredità continua a essere vitale: la vicenda di attori come Paolo Rossi, Enzo Catania, Claudio Bisio e dei loro allievi ed epigoni deve molto a quel mondo, alle esperienze tentate allora di mescolare musica d’ autore e comicità, cultura alta e bassa, critica sociale e intrattenimento, teatro e cabaret. Felice Andreasi in questo gruppo era l’ interprete del «cabaret dell’ assurdo», cioè di una forma particolarmente surreale di quel genere di spettacolo, che fa del nonsense la sua materia prima fondamentale. Andreasi arrivò in televisione nel 1972 con «Il poeta e il contadino», ma aveva già alle spalle una buona carriera teatrale, che l’ aveva portato a interpretare, per esempio, nel 1968 una notevole edizione di «Mercadet l’ affarista» di Balzac accanto a Tino Buazzelli. E faceva molto cinema: la sua prima interpretazione importante è nel Sospetto di Francesco Maselli con Gian Maria Volonté (1975). Ma poi vengono Sturmtruppen di Samperi (1976), Saxofone di Pozzetto, Come perdere una moglie… e trovare un’ amante di Pasquale Festa Campanile e Geppo il folle di Adriano Celentano (tutti del ‘ 78), ancora con Festa Campanile Nessuno è perfetto (1981) e Bingo Bongo (1982) e poi Mani di fata di Steno (1983), Storia di ragazzi e di ragazze di Pupi Avati (1989), Pane e tulipani di Soldini (1999), che gli valse un nastro d’ argento come migliore attore non protagonista, fino agli ultimi film: nel 2002 La collezione invisibile di Gianfranco Isernia e Due amici di Spiro Scimone, nel 2004 Ora e per sempre di Vincenzo Verdecchi. Nel frattempo Andreasi proseguiva anche il suo lavoro teatrale, con alcuni spettacoli di grande successo, come L’ antiquario di Goldoni con Gianrico Tedeschi (1986) e un celebre Apettando Godot con Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e Paolo Rossi (1990). Negli ultimi anni questa attività così ricca e multiforme si era un po’ calmata e Andreasi era tornato a occuparsi soprattutto della sua arte preferita e mai del tutto abbandonata, la pittura. La sua è stata una presenza discreta ed efficace, di grandissima intelligenza e professionalità, uno di quegli attori che convincono il pubblico per umanità e personalità.