Blitz alla provincia: impazza l’informazione

Aldo Bianchini

“Gli apostoli dell’appalto” (Cronache del Mezzogiorno), “I maghi degli appalti truccati” (Il Salernitano), “Provincia, giro di mazzette per aggiudicare gli appalti” (Corriere del Mezzogiorno), “Appalti e tangenti, blitz alla Provincia” (Il Mattino), “Provincia, indagati i funzionari” (La Città); sono esattamente questi i titoli di prima pagina di tutti i quotidiani nostrani all’indomani del blitz operato dai ROS dei Carabinieri all’interno del palazzo Sant’Agostino, sede dell’ente Provincia di Salerno. Nell’ordinanza della DDA si parla di un cartello composto da almeno cinquanta imprese per la partecipazione alle gare di aggiudicazione dei lavori stradali indette dalla Provincia negli ultimi dieci anni e si avanza l’ipotesi (suggestiva assai !!) di tecnici conniventi e addirittura disponibili a far sottoscrivere le loro relazioni direttamente dagli imprenditori corruttori. Dodici gli impiegati-tecnici indagati e regolarmente avvisati nel corso del lungo blitz iniziato alle prime luci dell’alba con l’irruzione dei militari nel palazzo ancora chiuso e sonnacchioso. Autovetture civetta e di servizio che andavano e venivano dal cancello della Provincia per tutta la mattinata; gli impiegati, i funzionari, i politici che uscivano alla chetichella come se tutti noi della stampa non aspettassimo altro che vederli in manette. Il presidente Villani giustamente convoca tutti in conferenza stampa e precisa con gbrande lucidità che la politica è fuori e che l’inchiesta è partita proprio da una sua segnalazione a seguito di un esposto anonimo. Questa la scena, molto brutta, che mi si è presentata di fronte e che mi ha rimandato indietro nel tempo quando il tintinnio di manette era pane quotidiano per noi cronisti. Una cosa davvero inquietante. Allora, eravamo in piena tangentopoli, qualche magistrato scopriva l’uovo di colombo e creò enormi castelli accusatori sulla base dell’assunto che le ATI (Associazione Temporanea di Imprese) fossero state create al solo scopo di “turbativa di gara”, e giù indagini, perquisizioni, sequestri e arresti. Qualcuno ci rimise anche la pelle. Oggi non si parla più di ATI ma di “Cartelli” e giù nuove devastanti accuse, perquisizioni e sequestri; fortunatamente non siamo ancora agli arresti, ma arriveranno ed anche presto. Insomma come se “ATI” e “Cartelli” non fossero la stessa cosa; quegli imprenditori, come questi, in fin dei conti non facevano e non  fanno altro che difendersi contro le anomalie della politica e della burocrazia per tutelare i loro privati patrimoni e per assicurare il lavoro ai tanti dipendenti occupati. Quindici anni fa i giudici mandarono assolti tutti coloro i quali, attraverso le ATI, si erano aggiudicati gare e lavori passando prima sotto il duro vaglio della Procura ed anche della carcerazione preventiva. Oggi ci si è inventati i “cartelli” e nessuno dice che è sempre la stessa minestra: gli imprenditori fanno impresa e non politica, e quindi non si scannano ma si alleano per sopravvivere. Tutta quì, credo, la materia del contendere di oggi; molto fumo e poco arrosto. Se poi nel cartello c’è l’impresa Citarella (da sempre ormai in odore di camorra) qual è il problema; è l’impresa più grossa del settore e dunque si aggiudica più lavori rispetto agli altri. Tutto ciò, ovviamente, non vuole assolutamente coprire le responsabilità penali che se ci sono vannio perseguite e punite con rapidità. Ma i castelli fumosi, per carità divina, signori Magistrati riponeteli subito nei cassetti. Siamo in campagna elettorale e cercate di non ricadere sempre negli stessi errori.