Narrativa: tra i ricordi di Roberto De Luca

 Riceviamo e Pubblichiamo

4.   Epilogo

La stampa si è interessata, nel corso del tempo, ai fenomeni di morie di pesci nei corsi d’acqua del Vallo di Diano. Basti solo leggere cosa scriveva su La Città del 19 luglio 2007, a pag. 36, Salvatore Medici, un noto operatore dell’informazione del luogo, che ha condotto una dettagliata inchiesta sull’inquinamento da materiale tossico delle nostre campagne: “Ancora pesci morti nelle acque del Vallo di Diano. Questa volta il canale interessato è il lagno Termine, affluente del fiume Tanagro nella piana tra Sala Consilina e Teggiano, nelle vicinanze del sito dove è ubicato il traliccio che ospita la cicogna bianca: una zona che da alcuni anni è al centro dell’attenzione per l’evento costituito dall’arrivo della coppia di cicogna e dalla nascita dei piccoli; una zona, insomma, da considerare simbolica e dunque da proteggere, ma che invece non è per nulla tutelata…Gli episodi si ripetono nel tempo: prima a Silla di Sassano, poi tra Sassano e Teggiano, poco tempo fa tra San Pietro al Tanagro e Sant’Arsenio fino a Polla e ieri tra Teggiano e Sala Consilina. La presenza di pesci morti è la spia più evidente. I corsi d’acqua che attraversano il comprensorio del Vallo di Diano sembrano essere continuamente minacciati e con essi l’intero ecosistema”. Ci si chiede, allora, chi controlla che fa? Ma se si pensa che a controllare potrebbero essere persone che stanno nelle stesse condizioni di sudditanza psicologica (quando non materiale) di Francesco, allora è facile capire cosa stia succedendo. Quindi, il problema dovrebbe essere affrontato non solo dal lato socio-culturale della questione, ma anche politico. A conferma della pericolosità di tali eventi, poi, leggiamo cosa dice Vincenzo Mazza, operatore sanitario dell’ex ASL SA/3 e rappresentante di Legambiente sul territorio sempre su La Città (3 settembre 2007, pagina 10), in un articolo dove egli riferisce quanto sa da operatore sanitario e da rappresentante di Legambiente, intervistando se stesso, sembrerebbe, sempre a proposito di un episodio di moria di pesci: “Ancora pesci morti in un affluente del fiume Tanagro. La scoperta è avvenuta ieri mattina. Impressionante la scena: nel Fossato Maggiore, in localitá Barca a Sala Consilina, sono stati ritrovati centinaia di pesci morti, in un tratto di almeno due chilometri. E’ stato un maresciallo delle guardie venatorie dell’Italcaccia, Francesco Pascuccio, che abita in prossimitá del torrente, ad accorgersi del fenomeno….I veterinari dell’Asl hanno escluso che il problema fosse riferibile a malattie infettive e, pertanto, hanno inviato i pesci all’istituto zooprofilattico per gli accertamenti del caso, per far cercare nei tessuti eventuali tracce di veleni o metalli pesanti. E’ stata allertata anche l’Arpac, che è competente per quanto riguarda l’inquinamento dei corsi d’acqua. Una cosa è certa: il fenomeno è stato causato da qualcosa avvenuta nel corso della notte. Il maresciallo Pascuccio, infatti, aveva effettuato un giro di perlustrazione proprio nella serata di sabato e le acque del torrente erano limpide. Non è da escludere che ci sia stato qualche sversamento abusivo, visto che la zona, poco urbanizzata, consente a persone senza scrupoli di agire indisturbate. A fine luglio un problema identico si era registrato in un altro affluente del fiume Tanagro, il torrente Cavarelli. A questo si aggiunge la presenza di pesci deformi notati nel Sele, il principale fiume del bacino idrografico. L’ultima “aggressione” al fiume Tanagro in ordine di tempo, secondo Legambiente Vallo di Diano è <<l’ulteriore segnale che la Riserva regionale Foce Sele e Tanagro non interessa a nessuno, neanche alla Regione Campania, che dopo averla istituita, nel 1993, ancora non ha completato gli organismi direttivi, lasciando l’area protetta in balia delle ecomafie>>”. L’operatore sanitario e ambientalista del posto, nel denunciare il fatto e nel paventare le incursioni dei predoni dell’ambiente nel Vallo di Diano, già ben documentate da Cianciullo e Fontana nel famosissimo saggio “Ecomafia”, vuole anche lanciare un segnale alla Regione Campania per una eventuale sua candidatura negli organismi direttivi della Riserva Regionale Foce Sele e Tanagro? A leggere l’articolo, sembrerebbe che, per il nostro giornalista, operatore sanitario e rappresentante di Legambiente, quella particolare moria costituisca una buona occasione per una sorta di messaggio subliminale alla Regione. In questo modo, l’operatore sanitario è testimone del tragico fatto in qualità di pubblico ufficiale e il giornalista intervista il rappresentante locale di Legambiente sulla questione ambientale locale. Come si suol dire, non tutti i mali vengono per nuocere e chi fa da sé fa per tre. Cionondimeno, questo malessere ambientale sta diventando endemico al nostro territorio. Quindi, non sarà occupando cariche di dirigenti in enti di controllo che il problema potrà essere risolto. Si dovrebbe, pur tuttavia, questo sì, stare attenti che ad occupare quelle posizioni non siano avventurieri alle quali non interessa nulla degli equilibri ecologici. E mentre ci si chiede se esista una vera strategia di sviluppo del territorio o se essa sia unicamente affidata all’improvvisazione degli amministratori locali, la maggior parte dei quali non brilla di certo per sensibilità ambientale e per capacità progettuale, ecco che una visione politica di più ampio respiro ci giunge dal compianto Gerardo Ritorto, astro nascente della classe dirigente valdianese degli anni ’70, tragicamente scomparso proprio mentre stava completando il suo “cursus honorum”. L’allora assessore regionale ebbe ad affermare che “bisogna incominciare ad affrontare e risolvere i nodi sociali ed economici a livello comprensoriale”. A questi nodi noi oggi aggiungiamo anche quelli ambientali, che non sono affatto disgiunti dai precedenti. E allora non possiamo non domandarci quale potrebbe essere una possibile soluzione al problema ambientale attuale. Proviamo perciò a dare una risposta. Se la tutela ambientale fosse una delle priorità nell’agenda della politica del Vallo (ma così attualmente non sembra) e se essa potesse ancora costituire un traino per l’intera economia del comprensorio, grazie all’adozione di opportune politiche legate alle attività produttive sostenibili di qualità, alla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale locale, allora saremmo già sulla buona strada. Si pensi, ad esempio, a come questi corsi d’acqua, oggi cloache a cielo aperto, potrebbero essere sfruttati per allevamenti ittici. Vedo già qualche ambientalista lungimirante storcere il naso, mentre sono fermamente convinto che questa attività non solo preserverebbe le specie ittiche autoctone nei fiumi, perché l’allevamento avrebbe bisogno di acqua pulita, ma potrebbero occupare, vista la grande disponibilità di corsi d’acqua, uno spazio avulso dai restanti tracciati fluviali, per evitare la miscibilità delle specie ittiche (autoctone e non). Un’alternativa potrebbe poi essere costituita dall’allevamento di specie ittiche nostrane con metodi naturali. Infine, se venissero periodicamente organizzate gare di pesca sportiva per invogliare, anche localmente, tale attività ludica, si darebbe respiro all’indotto della ricezione turistica del posto.Purtroppo, mentre il raggiungimento di questi obiettivi si fa sempre più pressante, anche a fronte delle emergenze, locali e globali, che l’Umanità è chiamata ad affrontare da subito, alcuni danarosi quanto impietosi furbi stanno selvaggiamente cementificando e devastando il Vallo di Diano con un danno irreversibile alle colture, all’ecosistema locale e all’estetica della vallata. Il sacco della vallata non verrà fermato fintanto che la politica e la magistratura non apriranno gli occhi su quanto sta accadendo. Intanto al Cavarelli hanno ridotto il flusso d’acqua, forse nella speranza che tutti gli inquinanti, necessari per questa società del consumo, possano nella maggior parte defluire in altri corsi d’acqua. In questo modo, forse si pensa, la schiuma non passerà attraverso un parco giochi e lambirà i giardini di un edificio scolastico, dove i nostri figli apprendono gli elementi di civismo. E mentre aspettiamo che qualcuno si svegli, non possiamo che scrivere un pietoso canto di requiem per il Cavarelli.   

 

 

REQUIEM PER IL CAVARELLI

 

(dodecasillabi in rima)

 

Roberto De Luca

 

                                                       All’ultimo serpe, dal milite scorto,

la bava del putrido letto s’avvolge

e tremiti irosi, ancora da morto,

la vittima ignara al cielo rivolge.

 E l’ultimo segno di vita scompare

coi pesci e le verdi dimore di insetti.

La schiuma da presso alle piante riappare:

disegna sull’acque dei cerchi perfetti,

 a volte tangenti, a volte distanti,

recanti vestigia di alchemici danni.

I bimbi nel parco con urla festanti

raccolgon nell’aria futuri malanni.

 I vecchi proverbi solevano dire

che a volte non basta voler maledire,

e certo non basta mostrare l’affanno

se infestan la piana le orde del danno.

 Eppure se dici al gendarme di ronda

che chiara e lampante v’è bava alla sponda,

costui non appare per nulla allarmato

e sempre contento lo vedi e azzimato.

 Per tutte le cose che noi abbiamo detto

per tutte le urla che c’eran nel petto

v’è certo qualcuno che all’ombra del dolo

dirà: il Cavarelli? è morto da solo!