Dirigismo sulla Fiat

Angelo Cennamo

Nemo propheta acceptus est in patria sua, recita un noto brocardo latino. L’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, non avrà certamente il carisma e le doti miracolistiche di Gesù di Nazareth, ma quando la sua azienda, nel 2004, stava per finire nell’oltretomba della sezione fallimentare del tribunale di Torino, fu lui e non altri a riacciuffarla per i capelli e riportarla tra i vivi, come fece il giusto profeta con Lazzaro, 2000 anni fa. Chiusa la perentesi biblica, la Fiat è oramai da qualche anno divenuta la cartina da tornasole intorno alla quale l’Italia e gli italiani stanno testando gli effetti della crisi, le debolezze di una legislazione giuslavoristica ed una rappresentanza sindacale, ancorate saldamente al medio evo del capitalismo. La lunga storia della casa torinese è costellata di successi, veri o presunti che siano, collusioni governative e di programmazioni industriali talvolta discutibili. Si può ragionare del fatto che per decenni l’azienda abbia goduto di aiuti di Stato ( incentivi vari, sovvenzioni, rottamazioni) e che tale regime assistenzialistico abbia di fatto trasformato il Lingotto in una vera e propria azienda pubblica. Ma mettere in relazione quel tempo, quello per intenderci della famiglia Agnelli ( che nei ricordi tumultuosi di Diego Della Valle sarebbe stata particolarmente abile nei divertimenti elitari e in certi sport : golf, sci, vela e calcio) con il presente, è quanto meno fuorviante per la complessa interpretazione dei fatti più recenti. Marchionne in questi giorni è rifinito nell’occhio del ciclone per aver annunciato che l’investimento di 20 miliardi di euro, promesso alcuni mesi addietro in cambio di un restyling contrattuale dei suoi stabilimenti, non si farà più. Il mercato automobilistico europeo è saturo, e prima che un italiano o uno spagnolo decidano di cambiarsi l’utilitaria ci pensano un bel pò. Va meglio in Asia e in America, tant’è che gli investimenti in Chrysler stanno cominciando a dare i frutti sperati. Grazie a quella scalata, la Fiat è oggi una vera multinazionale che guarda oltre confine senza nessun pregiudizio. Il dietrofront di Marchionne viene però giudicato da più parti una sorta di tradimento, e la sua vana promessa come una furbata. In tanti allora chiedono al governo di intervenire, di convocare l’ad come un truffatore qualsiasi sul banco degli imputati. L’incontro con Passera e Fornero ci sarà, ha confermato il manager. Sì, ma poi? Cosa potrà mai fare un ministro per stravolgere i piani e le strategie industriali di un’azienda privata, multinazionale, e per giunta quotata in borsa?

17 pensieri su “Dirigismo sulla Fiat

  1. @Angelo:

    non credevo che saresti riuscito nel miracolo quasi sallustiano di difendere l’indifendibile 🙂

  2. Billy, un’azienda privata ha un solo obiettivo : fare profitto. Per raggiungerlo, assume personale qualificato e adotta le strategie più opportune per stare sul mercato e, se è possibile, sbargliare la concorrenza. Può darsi che Marchionne non sia il miglior manager automobilistico ( può darsi), ma è indubbio che lui e non altri sia riuscito a resuscitare un’azienda già morta dandole, quantomeno, delle chance sui mercati asiatici e americani ( gli unici dove si vendono ancora le auto). Chi, poi, fa paragoni con certe aziende tedesche, dovrebbe sapere che anche quelle aziende lì sono in difficoltà ( guarda l’Opel). Le altre se riescono ancora a battagliare sul mercato, lo fanno grazie ad un segmento di produzione medio alto ( auto di grande cilindrata). Accade lo stesso con l’italiana Ferrari, che dalla crisi non sembra essere stata toccata.

  3. il bravo billy ha sintetizzato l’evidenza della tua contraddizione.
    io volevo, per aggiunta, solo ricordare come il nostro, nel senso anche geografico delle sue origini lucane, abbia fomentato lo scontro con il sindacato dei metalmeccanici offrendo una sponda, insperata, all’allora morente governo. riuscendo ad ideologizzare uno scontro fatto solo delle solite promesse, mai mantenute, di un’azienda che cerca il riscatto e la crescita dando meno tutele, meno salario e facendo più numeri quantitativi, senza aver capito, purtroppo, che il problema è solo la qualità e l’innovazione.
    ed oggi di fronte all’evidenza coloro, che hanno sostenuto le sue chiacchere fumose, si sono trovati con tanto di palmmo di naso e pensare che gli agnelli hanno preteso il monopolio!
    il ministro intanto potrebbe: aprire il mercato italiano,dare incentivi, fare nuove leggi… e tante altre cose.

  4. @Angelo:

    quando saranno mangiati dagli indiani che vogliono venire qui al posto loro, vedrai 🙂

  5. “Il ministro potrebbe aprire il mercato italiano dando incentivi……” ancora? Non ti bastano le tasse che dobbiamo già pagare? Vogliamo aumentarle per finanziare pure la Fiat?
    Gli investimenti Marchionne non li fa perchè ha capito che le auto in Europa non si vendono per una’altra ragione : la gente non c’ha i soldi. Alla Panda puoi metterle anche il pilota automatico, ma chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena se ne frega. E’facile investire dove la pressione fiscale è a livelli accettabili : in Italia è al 70%.

    Per quanto riguarda le nuove leggi sono d’accordo : impediamo ai giudici di disegnare le piante organiche (decidendo chi assumere e chi no)delle aziende private, e abroghiamo lo statuto dei lavoratori, che è un fossile incompatibile con il mercato del lavoro moderno. Fare impresa, in Italia, è troppo complicato e sconveniente. Per chiunque.

  6. La questione è molto semplice: Marchionne non può rischiare.
    Deve ritornare i soldi ad Obama altrimenti è planetariamente finito.
    Non credo che non volesse un futuro per la Fiat in Europa, credo però che non ci abbia scommesso.
    Questa assenza di visione è legata secondo me anche al fatto che uno studioso di filosofia è inevitabilmente più vicino all’aspetto finanziario della faccenda piuttosto che a quello del prodotto tecnologico.

  7. @Angelo:

    pensa, io sarei per uno “statuto degli imprenditori” per controllare che sappiano fare quello che devono fare prima di fargli fare qualunque cosa. 🙂

  8. Non sono un amico di Marchionne, ma l’idea che l’ad della Fiat passi per un incomptente la trovo fuori dalla realtà. Marchionne in America è stato celebrato come un salvatore della patria. E’ apprezzato dai politici, dalla comunità industriale e dai media. Nel 2004 la Fiat era fallita, questo particolare molti lo ignorano o fingono di non ricordarlo. Se oggi quell’azienda ha conquistato fette di mercato in Usa e Brasile ( non è poco), risollevandosi in borsa, è solo merito di Marchionne ( la cui laurea in filosofia è una garanzia in più : i filosofi sono molto richiesti dalle multinazionali per le loro straordinarie capacità analitiche e di gestione del personale). Il mercato europeo è saturo, lo è per tutti. Le auto tedesche (considerate, a ragione, il top del settore) hanno mercato soprattutto fuori dal continente. Il gap che Fiat dovrebbe colmare per essere al passo con la Volkswagen è troppo oneroso : i nostri cugini tedeschi hanno investito per decenni mentre a Torino si faceva tutt’altro ( grazie anche alla cultura statalista e al sindacalismo rosso di questo Paese). Venti miliardi, oggi, è diventata una somma improponibile. Marchionne ha fatto la scelta giusta e non a caso la famiglia Agnelli lo difende.

  9. @Angelo:

    Angelo, la FIAT ha portato “in dono” alla Chrysler della tecnologia FIAT. Come l’hanno fatta la tecnologia FIAT? Non credo con la filosofia: hanno preso dei soldi da qualche parte (ad esempio quelli di cui al post di cui sopra, che servivano proprio a quello), hanno investito in research&development (come si DOVREBBE fare) e hanno creato qualcosa che, come vedi, è stato utile.

  10. Mah non lo so Cennamo.
    Io un laureato in filosofia lo vedo bene alla direzione delle risorse umane perché la sua passione è capire l’Uomo.
    Un ingegnere gestionale conosce bene il prodotto che nel caso dell’auto non è soltanto un pacchetto di azioni; con queste non riesci a giustificare sul lungo termine la disaffezione dei clienti, stanchi di ritrovarsi tra le mani centraline fuori uso dopo 120.000 km.
    Pur riconoscendo la libertà di scelta a Marchionne, io devo fare pressione affinché investa qui in Italia, perché io, come te del resto, faccio parte della lobby Paese. Perdere la Fiat significa perdere 1.000.000 di posti di lavoro con l’indotto cioè un milione di persone che andranno meno dall’avvocato, in palestra, in vacanza, dal parrucchiere a farsi le lampade; pensa, è probabile che limitino persino l’acquisto di preservativi.

  11. @Amgelo:

    eccetto per la parte relativa alla filosofia (adesso sembra che ce l’abbiamo con i filosofi), sono d’accordo con te. Ti segnalo, però, che, al di là di tutto, non è detto che un ingegnere gestionale abbia necessariamente la capacità di essere un buon “product manager”. Diciamo che ci troviamo a cavallo tra la filosofia, il marketing, la creatività e l’ingegneria e non è sicuramente un titolo o il carattere di una sola persona a poter fare la differenza. Insomma, non è sostituendo Marchionne con un qualsiasi ingegnere gestionale che i problemi vengono risolti.

    Comunque, un milione di persone a spasso, oltre a non spendere (anche per la crisi), graverebbero pesantemente sulla collettività.

  12. Caro Amgelo,
    Marchionne è un ottimo Manager ( anche grazie alla sua lauera in filosofia). La parte debole di questa vicenda è la politica, la quale dovrebbe adoperarsi per rendere più appetibili gli investimenti in Italia, ed invece è succube del sindacalismo estremo e delle vecchie logiche di sinistra.

  13. @Angelo:

    Angelo, quando hai tempo e voglia cerca su Google due articoli tratti da Omniauto: il primo si intitola “Parla il Sig. Mahindra”, il secondo si intitola “Marchionne non convince i sindacati tedeschi”. Dopo, se vuoi, parliamo di “sindacalismo estremo” e di “vecchie logiche di sinistra”, sebbene io parlerei volentieri di promesse mancate e piani industriali inconsistenti. Oltre che, per carità, di crisi del settore.

  14. Caro Cennamo,

    spero tu abbia ragione su Marchionne però direi di aspettare quallche anno prima di dare il giudizio definitivo sul manager filosofo.

  15. Se gli aiuti consistessero in una pressione fiscale più equa ed una riduzione dei costi della rca, sarei d’accordo.

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