A te che leggi dopo mezzanotte… “La forza del destino”

Giuliana Rocci

Sarebbe finita così se lui non si fosse fatto vivo? Lei non l’avrebbe più contattato, dopo esser stata rifiutata come altre volte in passato ed averlo ripetutamente cercato nei giotni precedenti…e regolarmente rifiutata! Lui stava male d’accordo, ma con gli altri parlava, invece con lei aveva chiuso il circuito. Dopo che lei s’era disperata per lui, più di lui, per quanto gli era accaduto, questo proprio non lo meritava. Avrebbero dovuto insieme viver quel momento. Non poteva comportarsi più come un bambino capriccioso, avvezzo solo al suo egoismo. Loro stavano insieme, in un tuttuno inspiegabile, sapendo d’esser in coppia senza una fisicità optional. Perciò lei ci stava da cani…ancora una volta il suo stomaco ne risentiva, per quel maledetto vizio d’incapsulare tutto, senza riuscire mai ad esternare ciò che si portava dentro veramente! Di una scala, da uno a cento, lei sentiva tutto a mille…tutto accelerato!! In quel gioco, s’era bucata il cuore! Qualche giorno prima, i loro sms, le loro corse, le ore senza ritorno, la notte più bella del giorno, la voglia di rivederlo fin dalle prima luci dell’alba a sera…ed ora, di nuovo l’astinenza immotivata, l’assenza dopo che sembrava avviata una stabilità. Non era possibile, ancora altre illusioni da riporre, altri sentimenti da reprimere, altre lacrime da soffocare…perchè il destino non lo toglieva definitivamente dal suo cammino se doveva soffrire continuamente? La ricarica che aveva nel sentirlo, la gioia a mille solo ad uno squillo…ma quanto avrebbe capito che lei era la sua bussola proprio ora, che la tempesta era in corso nella sua vita? Che non era più il nocchiero della nave? Lei lo amava al di là di tutto e lui gettava tutto alle ortiche. Lei che aveva creduto che fossero sepolti dei sentimenti, tramutati, invece il destino l’aveva riacciuffata per i capelli, facendole capire ch’era inutile sfuggirgli. Era stanca, a pezzi, distrutta dentro…si portava macerie di troppe esperienze, alle quali aveva tentato di non dar più retta, mettendoci una pietra sopra. E tentando di chiuder quella partita con lui, giacchè lui sembrava sempre imbalsamato nell’amore. Così lei aveva tentato di capire che probabilemnte il cielo proprio non voleva darle un po’ di pace..e s’era assuefatta a nuovi volti sul suo cammino, pur non cancellando mai il suo. Dopo l’ultima, era ancora sotto choc:  in troppi a guardarla, a farle una corte serrata o discreta, mentre  restava del tutto indifferente, consapevole di piacere, qualcuno però era stato così insistente, da assediarla, per poi, dover dileguarsi per salute… una tragedia per lei, che non intendeva più neanche ricordare quella breve parentesi, intessuta di vita e morte; così s’era resa conto che doveva chiudere col cuore ed ancora una volta lui, emerso dal suo passato più presente che mai…lui che non era mai stato poi, il suo passato! Lo aveva sempre avuto dentro, ma aveva dovuto assecondare le sue bizze altalenanti, i suoi mille ritrarsi, le sue paturnie di timidezza. O di altro, che in fondo le si celava da sempre e che ora proprio non le andava più d’ignorare. Avrebbe strappato la maschera dal suo volto, denudando un uomo ormai smontato. Dopo l’ultimo lancio,  finito miseramente non per colpa sua, lei lo sapeva benissimo e per questo stava ancora più male, lui un puzzle senza ordine, con troppi problemi di vario genere sulle spalle, troppe figure oppressive intorno: quell’angustia da sempre se la portava a spasso, con quel tono sacrificale e quell’aria da perenne distaccato. Quando avrebbe smesso di calciare la felicità e di viversi finalmente con lei quella favola d’amore che durava da tanto? Neanche Montale si sarebbe inchinato dinanzi alla sua apparente indifferenza, con nulla di divino, tranne lo sterile tentativo di nascondere ciò che aveva dentro. Da subito, lei era riuscita a percepire quello che era veramente: se n’era innamorata andando dietro quell’armatura che lo inorgogliva, su uno scanno di superiorità e quando poi aveva smarrito quel trono che gli dava prestigio; quando la sua sfingea sicurezza, aveva rivelato i tratti d’un’umanità analoga alla sua. S’era innamorata di quello ch’era veramente  e non le importava nè il rango nè il ruolo: con lui le scappava il tempo, che strapazzava le lancette all’orologio. Si sentiva la sua bussola, quando lo vedeva affranto, con lo sguardo spento, in quelle rare frazioni di tempo, in cui perdeva la maschera: in cui lasciava intravedere parte di sè aprendosi. Quella di lui, una solitudine analoga alla sua: malato di nostalgia esistenziale, avrebbero detto i poeti o semplicemnete d’accomodamento: un tratto che aveva sempre saputo esistere in lui, ma del quale le sfuggivano i contorni. Il loro amore, era avvenuto per caso, tra una risata ed uno sterile parlare subito. Il classico colpo di fulmine, destinato a durare in eterno. Perchè lui, a furia di dribblare, non accennava a smettere quell’humour neanche troppo anglosassone, che diventava puerile, più che aristocratico. Lei s’innervosiva, lui continuava…qualcosa d’irritante per lei, quando doveva riafferrare ogni volta il filo, per far quadrare un discorso che lui sornione, sapeva a memoria. Come conosceva lei, avendola squadrata, soppesata, misurata nel tempo: ora lei n’era sicura. Lui conosceva ogni suo atteggiamento, prevedeva ogni sua mossa: lei, invece, impulsivamente coglieva ciò che lui impiegava più tempo a decifrare. Mentre lui elaborava come non perderla, probabilmente quella situazione si sarebbe infranta da un bel pezzo se lui non l’avesse sempre lanciata da un trapezio con tanto di rete, mentre lei amava il tuffo nel vuoto, la libertà dell’azione…lui la compensava, pur essendo perfettamente identico,  la completava anche in quella parte del suo essere, inespressa da una repressione educativa. Era stato a lungo sotto quella cappa materna,  tuttora lo era e lei, in fondo ricalcava i tratti, ma era anche la sua compagna di vita, soprattutto questo. Ora, però, lui aveva preso il largo della solitudine: forse, dopo averle detto celiando, una manciata di giorni prima, che non si sarebbe sbarazzata facilmente di lui, dileguato…il tempo gliel’avrebbe rimesso sul cammino? Raccogliendo gli ultimi steli d’una rosa, regalatale da un cingalese affamato, ricordò che neanche con un fiore lui l’aveva mai omaggiata. Cacciò dalla custodia in macchina, una sacca in plastica con tanti petali: avevano circa due anni, erano ancora profumati…qualcuno, al di là del mare, ogni sera, per appagarle il senso di solidarietà di chi vive in strada, aveva regalato per lei, mance alla clandestinità, sol per farla felice…quel qualcuno che più d’una volta, le aveva palesato amore, anche incrociandole lo sguardo in una romantica cena, malgrado il ruolo prestigioso che ricopriva…mentre lei, gli aveva fatto capire che c’era anche un altro nella sua vita…poi, al di là della sua volontà, l’era stato tolto dal cammino! La forza del destino trionfava ancora una volta e le rimetteva in carreggiata il suo compagno di sempre, ancora tramortito dai tradimenti sociali ed ottenebrato dal senso di responsabilità familiare: ma c’era lei con lui; sperando che stavolta l’avrebbe finalmente capito, prima di perderla, bussola della sua esistenza!