Quel ragazzo…

Quel ragazzo…

Dott. Carmine Paternostro

Primavera. Un sole intenso benedice l’azzurro del cielo. E’ bene augurante in tempi di guerra.

In giornate di luce più chiare e momenti più allegri, un giovane preparava alle mostre d’Italia un primo pastore tedesco e poi un altro, lucidati e resi eleganti dal parrucchiere. Quell’amico del cane e di tanti animali: da cardellini canterini instancabili a riempire le ore di piacevoli note, a tanti gatti multicolori, fino a tacite tartarughe d’acqua, incantate, immobili, ad ammirare il sole, non rimase estraneo all’operosità delle api e ne divenne amico. Ma, sin da piccolo si manifestò diverso: rese grazia e giustizia a suoi genitori, colorando i suoi occhi del colore dell’uno e dell’altro e fu anche di gruppo sanguigno diverso: Rh negativo! Si definiva uomo in miniatura. Da bimbo, conobbe a scuola la matita per scarabocchiare, in disegni, figure astratte, ma reali nella sua mente. Lo mandarono a scuola, ove conobbe le macchie d’inchiostro e poi, più in là, anche la biro! Irrequieto, conobbe, in clausura collegiale, il sapore del sapere, il digerire lo studio, la circolazione di nozioni e notizie delle ere del mondo, che dal cuore perveniva al cervello. In autonomia, dalla scrittura cuneiforme, penetrò nel silenzio della sua Magna Grecia e dilagò nell’etica dell’Egitto dei Faraoni, comparabile ai dettami di Bibbia e Vangelo. Qui conobbe il primo Abramo, Giuseppe, Mosè, Giosuè, approfondendo la storia, archeologia e ciò che dicono mito e leggenda. Sospettava che la Bibbia, avesse ragione e che la Sacra Famiglia del falegname Giuseppe, abbia patito, in effetti, l’Esodo triste, verso una terra lontana, la terra del grano, terra da dove iniziò la salvezza del popolo ebreo. Esodo: dall’Egitto? Dal peccato? Deserto: Conversione? Espiazione? Sospettò che con la sofferenza si dovesse penetrare il corpo di Cristo, per un Esodo di salvezza. Ignoti erano tanti misteri, quando i suoi occhi si incrociarono con quelli di Padre Pio, sul Gargano. Pochi erano gli anni, una libertà spensierata matura negli anni il pensiero. E, quindi, fu medico. Volle conoscere la Medicina Cinese e la religiosità di Confucio.

Quel medico imparava a respirare l’energia vitale della natura, in rispetto reciproco, varcando boschi montani, ispirato da funghi, cerbiatti, volpi, lepri, poane, fragole rosse, acqua sorgiva. Ha sfidato la neve sulla maestosità delle Alpi, munito di sci. E continua tuttora a pedalare, ciclista, dopo aver sfidato la morte su strade, sentieri, sulla vecchia ferrovia calabro lucana, visibilmente commosso. Quella vecchia ferrovia demolita era la strada di partenze lontane, spesso senza ritorno, oltreoceano o in guerra. Una lapide piange i nomi di giovani, che non sapevano di guerre mondiali, fucili, di alpestri contrade sconosciute. I governanti giocano a fare la guerra, i giovani, ignari, non respirano più. Le mamme piangono in lutto. Caino, imperversa. Ha fermato il tempo. E c’è ancora pioggia di guerra. Anteo ha ritrovato le teste, l’oleandro assume colori invitanti e, come le attraenti sirene, insidia ed uccide. Al pari le Amazzoni ed un tempo Eva fecero. Non tutti siamo figli di Abele.

Quel ragazzo ha calciato pazze sfere di cuoio in campi pietrosi, sterrati, poi diventati moderni. Ha incontrato le onde del mare in nuoto, pesca, azzardando lunghe apnee notturne. Mai studioso di musica, per tredici anni, da adulto, si accompagnò alla consorte, in tentate movenze musicali, a scuola di ballo. E fu sposo e padre felice.

Ed un giorno notò, ahimè, le rughe allo specchio. Il suo nome? Ha oltrepassato i confini del tempo, ormai non è più importante il suo nome.