Cava de’ Tirreni: in libreria pregevole fatica letteraria “L’albergo dei morti” di Fabio Dainotti

Cava de’ Tirreni: in libreria pregevole fatica letteraria “L’albergo dei morti” di Fabio Dainotti

Maria Pia Vicinanza

È in libreria L’albergo dei morti di Fabio Dainotti, postfazione di Nicola Miglino, Manni editori, 2023

 Il libro L’albergo dei morti (il titolo è desunto dalla poesia eponima che si trova a p.76), raccoglie testi scritti nell’arco di quasi cinquant’anni; vi si trovano così testi redatti nell’età adolescenziale, a 14-15 anni, affianco ad altri composti nelle varie epoche della vita, eppure uniti da un fil rouge che tutti li attraversa: la volontà di restare nell’orizzonte della comprensione. Fabio Dainotti ha obbedito peraltro, come si legge in 4°di copertina, a un gusto citazionale, che discende da una concezione della poesia come dialogo ininterrotto tra poeti di età diverse (cfr. Lamento per Gina, p. 99). La sfida è quella di parlare di cose ‘importanti’ tenendo abbassato il pedale della sordina: e la conseguente esigenza di ricomporre anche il vulnus e il disordine morale in ordinate “onde armoniche” (4° di copertina). La lingua è piana; la scelta è stata perlopiù (si tratta qui di un’auto antologia) per il monolinguismo, per l’armonizzazione espressiva. Un’altra esigenza è quella a volte di musealizzare, ‘allontanandola’, l’irruzione insostenibile del reale, come avviene con la lirica Nelle tavole di Beltrame. Tra le tematiche, trova posto nella raccolta l’evocazione di drammi di dolorosa attualità, che interrogano la coscienza del lettore: ed ecco il dramma dei migranti, allontanato in una copertina di un rotocalco di tanti anni fa (Nelle tavole di Beltrame p.139). Così trova posto anche la parola amore. Ed è un amore non solo nell’accezione più corrente (Nelle pene d’amore, 148; Piove, p.69. E finita, p.72), ma inteso in un senso più vasto: per l’altro, per la vita.  Un amore non sempre “corrisposto” (Notizie da Tanabborrita, p. 95). Oltre all’amore latamente inteso, le figure dell’universo famigliare, soprattutto la madre (Alla madre p. 19), degli amici e conoscenti, in particolar modo i perdenti, gli emarginati (Il Contino p.127). La presenza di queste figure è una presenza- assenza, un’assenza definitiva dovuta alla morte (In morte, p.22); di qui il titolo. Da non sottacere non solo l’esistenzialità:

Dio (Un cielo vuoto, p. 150), le piccole cose, i grandi quesiti esistenziali (Ricerca di senso a Milano); ma anche la storia: la cultura, la letteratura (L’ispirazione p.147); non mancano i problemi dell’attualità (La natura si rivolta p.108), né le memorie e i ricordi, soprattutto dell’adolescenza (Ricordi di scuola, p.37). La  Poetica dell’autore potrebbe essere inserita, a un cero punto del suo svolgimento, in quella che si suole definire linea realista, nella quale possono esser compresi Saba, Bertolucci, Penna, e poi Pasolini, e poi ancora Giudici, Raboni, Sereni e  soprattutto, per l’importanza che ha avuto nella sua formazione, Giampiero Neri. Ma non è legata, la  poetica, a una scuola particolare, pur avendo attraversato le principali   tendenze de l Novecento. Uno dei  poeti preferiti dallo scrivente è Saba, che il poeta considera suo maestro, e i critici hanno fatto spesso il suo nome. Da lui  deriva l’esempio di scrivere poesie “oneste”, sincere, aderenti al vero nel disvelamento dei sentimenti, delle pulsioni. Scrive Umberto Saba: «A chi sa andare ogni poco oltre la superficie dei versi, apparisce in quelli di Manzoni la costante e rara cura di non dire una parola che non corrisponda perfettamente alla sua visione».  Manzoni peraltro nel carme In morte di Carlo Imbonati tracciava il suo ideale di vita, una sorta di testamento spirituale dell’Imbonati, dicendo tra l’altro: “il santo vero/ mai non tradir”. Realista in generale è la propensione alla descrizione dei paesaggi, dei luoghi natii e cari (San Marco, p. 53; La spiaggia del Lannio, p.93; Una città, p. 107; Alla marina, p. 111). Naturalmente la descrizione degli oggetti in questi poeti citati ha anche una funzione risarcitoria, com’è stato osservato, a fronte dello scacco rappresentato dalla capacità conoscitiva dell’io, che non domina, non conosce a fondo la propria realtà psichica e quindi sceglie oggetti che valgono a indicare il suo disagio. Gli oggetti a loro volta sono sostitutivi di una realtà psichica angosciata, i paesaggi sono insidiati da indefinibili minacce (come avviene in Giampiero Neri), dalla precarietà. Non è tanto il rapporto tra soggetto e linguaggio (che pure è stato oggetto di indagine in questo libro ad es. in Fillide, p.65) ma quello tra io e mondo esterno quello che interessa.  Una poesia, quindi, non legata ai giochi del significante, ma alla necessità di raccontare il proprio vissuto.