Benedetto XVI e musica degli Angeli

 Benedetto XVI e musica degli Angeli

don Marcello Stanzione

Il defunto papa Benedetto XVI,  in un famoso discorso tenuto a Parigi il 12 settembre 2008 in occasione dell’incontro con il mondo della cultura al collegio dei Bernardini parlò della vita monastica alle origini della teologia occidentale e delle radici della cultura europea e dichiarò: “La parola di Dio introduce noi stessi nel colloquio con Dio. Il Dio che parla nella Bibbia ci insegna come noi possiamo parlare con lui. Specialmente nel Libro dei salmi Egli ci dà le parole con cui possiamo rivolgerci a Lui, portare la nostra vita con i suoi alti e bassi nel colloquio davanti a Lui, trasformando così la vita stessa in un movimento verso di Lui. I salmi contengono ripetutamente delle istruzioni anche sul come devono essere cantati ed accompagnati con strumenti musicali. Per pregare in base alla Parola Dio il solo pronunciare non basta, esso richiede la musica. Due canti della liturgia cristiana derivano da testi biblici che li pongono sulle labbra degli Angeli: il Gloria, che è cantato dagli Angeli alla nascita di Gesù, e il Sanctus, che secondo Isaia 6 è l’acclamazione dei Serafini che stanno nell’immediata vicinanza di Dio. Alla luce di ciò la liturgia cristiana è invito a cantare insieme agli Angeli e a portare cosi la parola alla sua destinazione più alta.

In Benedetto, per la preghiera e per il canto dei monaci vale come regola determinante la parola del salmo: Coram angelis psallam Tibi, Domine- davanti agli angeli vogliono cantare a Te, Signore- (cfr. 138,1). Qui si esprime la consapevolezza di cantare nella preghiera comunitaria in presenza di tutta la corte celeste e di essere quindi esposti al criterio supremo: di pregare e di cantare in maniera da potersi unire alla musica degli spiriti sublimi, che erano considerati gli autori dell’armonia del cosmo, della musica delle sfere. I monaci con il loro pregare e cantare devono corrispondere alla grandezza della Parola loro affidata, alla sua esigenza di vera bellezza. Da questa esigenza intrinseca del parlare con Dio e del cantarLo con le parole donate da Lui stesso è nata la grande musica occidentale. Non si trattava di una “creatività” privata, in cui l’individuo erige un monumento a sé stesso, prendendo come criterio essenzialmente la rappresentazione del proprio io. Si trattava piuttosto di riconoscere attentamente con gli “orecchi del cuore” le leggi intrinseche della musica della stessa creazione, le forme essenziali della musica immesse dal Creatore nel suo mondo e nell’uomo, e trovare cosi la musica degna di Dio, che allora al contempo è anche veramente degna dell’uomo e fa risuonare in modo puro la sua dignità”.