Verbi Swahili: kuimba (cantare)

Verbi Swahili: kuimba (cantare)

Padre Oliviero Ferro

Agli africani piace moltissimo cantare, suonare e danzare. Basta poco per mettersi a danzare. Qualche colpo di tamburo e via, inizia la festa. Lo si vede spesso durante le celebrazioni religiose, ma anche in altri momenti. Entri in un villaggio e senti la musica. Ti guardi intorno e vedi che c’è qualcuno che si lascia andare, preso dalla musica. La cosa che colpisce di più sono i bambini piccoli. E’ uno spettacolo vederli danzare. Ho capito anche il perché. Quando ancora sono dentro la mamma, lei danza e così trasmette i movimenti al bèbè che quando uscirà alla luce continuerà il ritmo ricevuto.  Poi li vedi cantare e danzare in gruppetti, seguendo le canzoni dei cantanti più in voga. Si sono fabbricati gli strumenti con molta fantasia e si lasciano andare. E’ un piacere vederli e, a volte, ti invitano a entrare nel cerchio. Ci ho provato, senza molti risultati. Mi hanno sorriso, anche se si sono accorti della mia buona volontà. Poi la domenica è tutta una festa. Si scaldano i tamburi (vengono posti davanti al fuoco per rendere morbida la pelle) e quando sono pronti, comincia la musica, accompagnata dai balano e altri strumenti. La processione d’ingresso trova tutta la comunità che in piedi canta e danza. I chierichetti fanno un passo avanti e due indietro (ci vogliono dai 5 ai 10 minuti per arrivare all’altare). Tutti, ma proprio tutti cantano. E’ uno spettacolo. Battono le mani, qualche grido per dare un po’ di colore al canto e così si inizia e si va avanti per almeno due ore. In certe occasioni (feste di Natale, pasqua con i battesimi, festa del ringraziamento) anche qualche ora in più. L’importanbte è stare insieme e rendere gloria a Dio che si è fatto uomo per noi per stare in mezzo alla sua gente. All’offertorio, ognuno porta qualcosa (di solito i gruppi,): frutti del loro lavoro, qualche soldino per i lav ori della parrocchia.

Poi al ringraziamento si scatenano e il grazie sale fino al cielo e gli angeli, sicuramente, si uniscono (anche se non li vediamo) al loro canto. Anche gli antenati, sparsi tra le nuvole gioiscono per la festa. Loro erano stati accompagnati dai canti delle corali nel loro viaggio di ritorno nel cuore di Dio e ora dall’alto ci guardano e ci incoraggiano. Insomma, anche noi europei ci lasciamo trascinare dal canto e alla fine, forse un po’ sudati, ma veramente felici ci diamo l’arrivederci alla prossima volta. La gente, intanto, se ne esce ancora cantando e continuerà nel percorso di ritorno alle loro case. E’ qualcosa di straordinario poi, passando nei villaggi, sentire le mamme che, mentre lavorano (pilano la manioca), continuano a cantare i canti religiosi.

Insomma non c’è separazione tra la vita di ogni giorno e l’incontro domenicale. Edc è normale per loro cantare. E’ qualcosa che esce dal cuore e che avvolge tutta la loro (e la nostra) vita.