Personaggi africani: linguaggio giovanile

Personaggi africani: linguaggio giovanile

Padre Oliviero Ferro

Lavorando con i giovani, sia in  Congo che in  Camerun, ero molto colpito dal loro linguaggio. Mescolavano con facilità il francese con la lingua locale. In Congo, c’era l’abitudine di storpiare il francese. Ad esempio, si diceva spesso che bisogna sapere arrangiarsi, il kuji-debrouiller (kuji: ku=segno dell’infinito presente + ji=pronome intransitivo) e debrouiller (arrangiarsi, darsi da fare), perché, dicevano, questa è la concretizzazione dell’articolo 15 (il faut coopèrer pour reussir bisogna cooperare per raggiungere uno scopo; spesso è la corruzione, in soldi o in natura).E questo, nella vita di ogni giorno, a scuola, durante gli esami semestrali; quando vuoi ottenere qualcosa da qualche autorità, ti chiederà sempre qualcosa. Diceva un capo “la mia bic non mangia pietre”…quindi paga: Poi c’erano anche altri linguaggi. Ad esempio se una ragazza era incinta, tra i giovani si diceva che quella è una ragazza 5.9.1.0. (5= 5 minuti di piacere; 9= mesi di gravidanza; 1= un figlio in braccio; 0=zero padre che riconosca di averla ingravidata). E così, rimaneva da sola o, nel tempo, poteva finire come seconda, terza, quarta moglie di uno che aveva soldi e quindi più nessuno la vedeva, soprattutto se il marito, il padrone, era di un’altra religione). Poi c’era un linguaggio, che attraverso dei gruppi giovanili (ad es.: i giovani della luce) si cercava di combattere. Erano i tre B (bière, bangi, bagarre; cioè: birra, droga e dispute). Tutto ciò richiedeva un cammino, non solo religioso, ma anche a livello umano e degli animatori-educatori che fossero dei modelli per loro e che indicassero loro i valori e il modo di impegnarsi, sia nella comunità cristiana, come in quella del proprio paese. I giovani, come dappertutto, sognano un mondo migliore, sia per loro che per le persone a cui vogliono bene, ma non sempre trovano dei buoni maestri, o meglio, come diceva Paolo VI, dei veri testimoni. Ci sono anche in Africa coloro che hanno pagato con la vita (i martiri d’Uganda, la beata Anwarite, i giovani Sebyera e Bakandja, e altri che proponevamo come modello). E’ un cammino lungo, ma che porterà sicuramente dei frutti.