La Voce e la Vita della Chiesa: “Natale del Signore”

La Voce e la Vita della Chiesa: “Natale del Signore”

Diac. Francesco Giglio

«Trascorsi molti secoli dalla creazione del mondo, quando in principio Dio creò il cielo e la terra e plasmò l’uomo a sua immagine; e molti secoli da quando, dopo il diluvio, l’Altissimo aveva fatto risplendere tra le nubi l’arcobaleno, segno di alleanza e di pace; ventuno secoli dopo che Abramo, nostro Padre nella fede, migrò dalla terra di Ur dei Caldei; tredici secoli dopo l’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto sotto la guida di Mosè; circa mille anni dopo l’unzione regale di Davide; nella sessantacinquesima settimana secondo la profezia di Daniele; all’epoca della centonovantaquattresima Olimpiade; nell’anno settecentocinquantadue dalla fondazione di Roma; nel quarantaduesimo anno dell’impero di Cesare Ottaviano Augusto, mentre su tutta la terra regnava la pace, Gesù Cristo, Dio eterno e Figlio dell’eterno Padre, volendo santificare il mondo con la sua piissima venuta, concepito per opera dello Spirito Santo, trascorsi nove mesi, nasce in Betlemme di Giuda dalla Vergine Maria, fatto uomo: Natale di nostro Signore Gesù Cristo secondo la carne.» (dal Martirologio Romano, 25 dicembre)

Ancora una volta nella storia della nostra vita ci prepariamo a vivere il Santo Natale. Il Bambino Gesù, come promesso dal Padre  viene nel mondo perché vuole incontrare tutti e quindi, come ai pastori di Betlemme si preannuncia ci chiede di guardare a Lui con gli occhi dei semplici, degli ultimi, dei miti e dei pacifici. Egli viene in mezzo a noi con l’intento di realizzare il suo Regno di pace, di amore e di giustizia ed invita “gli uomini e le donne di buona volontà” a mettersi alla sua sequela e soprattutto ad avere fede.  Ci invita al banchetto di nozze e ci chiede di indossare l’abito bianco della festa (cfr. Mt 22,1-14). A quelli che hanno deciso di seguirlo più da vicino richiede di amare gratuitamente, ad essere disposti a compiere il proprio servizio liberamente, senza riserve o pretese, rifiutando la logica del “servo inutile” poiché nessuno è inutile per Dio. Inoltre esorta ad indossare il “grembiule” (cfr. Gv 13,1-15) e porsi al servizio dei fratelli  in spirito di “servizio, umiltà e disponibilità” come collaboratori- corresponsabili, umili servi e suoi seguaci. Egli ci ricorda che nel suo Regno “chi vuole essere il più grande deve farsi il più piccolo”(cfr. Mc 10,35-45) perché ai piccoli, ai poveri, a chi soffre nel corpo e nello spirito, agli ultimi e ai senza voce è “ destinato il suo Regno”.

In questo particolare momento di preparazione al Santo Natale, come singoli che come comunità, siamo chiamati a far silenzio dentro, fuori ed intorno a noi perché nel chiasso del mondo non è possibile udire la voce di Dio.

Fare silenzio significa riconoscere i propri limiti e le proprie capacità e come nella parabola dei “talenti” (cfr. Mt 25,14-30), chiedersi se siamo capaci di farli fruttificare. E’ solo nel silenzio che possiamo scoprire, se ci siamo sempre adoperati per la costruzione del Regno di Dio. Noi non abbiamo la capacità di raggiungere Dio, ma Dio ha avuto l’infinita bontà di farsi uno di noi, assumendo la nostra natura umana ed «è comparso sulla terra, e si è messo a conversare con gli uomini» (Bar. 3, 38). Questo è il Vangelo, questo è il Natale. Ci sono doni che il Bambino Gesù ci porta e che nemmeno la pandemia ci può togliere. Anche quest’anno ci attendono restrizioni e disagi, ma pensando  al Natale di Giuseppe e Maria, che fu pieno di difficoltà e preoccupazioni, ci consola il pensiero che la fede, la speranza e l’amore li guidò e li sostenne. Si rinnovi anche per noi questo prodigio e  accogliamo con gioia la nascita di Gesù.