Proverbi africani: la pietà

Padre Oliviero Ferro                                          

Cos’è la Pietà?. Filosoficamente parlando, la pietà è considerata come una delle emozioni simpatiche, quelle che ci fanno condividere le gioie e i dolori del prossimo. Ne hanno parlato diversi filosofi, come Aristotele, Seneca, Spinoza, Mandeville, Kant, Nietszche. Poi Schopenhauer, J.J.Rousseau, D. Hume, A.Smith, M.Scheler. A livello cristiano, troviamo s.Tommaso  d’Acquino e s.Agostino. Per loro la pietà, che è sentimento di misericordia sempre sottomesso alla ragione, è una delle più importanti virtù dopo l’amore di Dio. Nell’opinione comune la pietà implica la compassione, nel senso di condivisione, compartecipazione delle situazioni di sofferenza degli altri. Nella morale africana, attraverso i proverbi, troviamo delle risposte ad alcune domande fondamentali riguardanti l’esperienza della pietà. Ad esempio. La prima questione che si pone generalmente è di sapere in che cosa consiste la comprensione della sofferenza altrui. La prima risposta è che dobbiamo essere in possesso di informazioni utili riguardo al dolore. Nel processo di compassione, se non posso vivere l’intensità del dolore dell’altro, posso almeno saperne di più, esserne al corrente.

La seconda possibilità consiste nell’affermare che chiunque ha vissuto la stessa esperienza è in grado di comprendere la sofferenza altrui. Nel partecipare al dolore di un lutto che ha colpito un amico provo tristezza come quella del mio amico, tristezza che tuttavia è di un’intensità più grande della mia. Si tratta perciò di una differenza di gradi e anche di tipo di sofferenza nella compassione. L’importante, secondo la morale africana, è l’interesse alla sofferenza degli altri e la collaborazione ad un processo di ripresa della vita normale. Colui che non manifesta interesse ai dolori degli altri, o che non partecipa concretamente alle loro sofferenze, è considerato un egoista, una persona cattiva, propensa alla peggiore delle cattiverie, la stregoneria.

D’altra parte, la morale richiama gli uomini all’apertura agli altri, nella semplicità. Invita alla comunicazione delle proprie sofferenze e anche alla richiesta di assistenza. E ora passiamo a qualche proverbio. Il primo viene dai Bassar del Togo “La strega non si preoccupa dei dolori del parto di una donna” (qui si parla di una persona di cuore cattivo che gioisce di fronte alle sofferenze degli altri). La gelosia è sempre in agguato. Ce lo ricordano gli Hutu del Rwanda quando dicono “Una buona prestazione ti priva di ciò che ti avrebbe nutrito” (un’impressione di felicità non attrae la pietà degli altri). Non basta tirare fuori una vittima dalla disgrazia. Occorre che l’atteggiamento esterno sia radicato in uno spirito (Imana) davvero generoso e che vi siano atti reali di compassione.

Questa è la riflessione dei Tutsi del Burundi, quando dicono “Ciò che importa è l’Imana e non la compassione” (Imana significa spirito in generale, specialmente spirito divino, buono e generoso). Non si può gioire delle disgrazie dei nemici. La pietà deve superare le ragioni dell’avversità. Non è facile capirlo, ma i Kanuri della Nigeria ci danno questo aiuto con il proverbio “La mucca dei nemici morta è sempre una mucca persa”. E per conclude, anche se forse non potremmo essere del tutto d’accordo, ascoltiamo questo proverbio degli Apinzi del Gabon “A colui che distrugge il suo alloggio, presta una roncola” (Si usa per insegnare a non avere pietà di colui che non ha pietà). Qui interverrebbero i “leoni di tastiera”.