Idee a confronto-la difesa dell’identità è sviluppo

Giuseppe Lembo

È sempre più importante nel nostro Paese e per il futuro del nostro Paese, il confronto delle idee; un confronto dinamicamente vivo dal locale al globale. Purtroppo, in tante parti del Sud e soprattutto nelle piccole realtà appenniniche di montagna e più in basso in collina, il piccolo con i suoi Paesi dell’anima, considerato bello da vivere, è oggi una realtà territoriale amaramente disumana e dal futuro negato; tanto, con le gravi conseguenze di una fuga senza ritorno, lasciando sui territori un solo mondo di vecchi abbandonati a se stessi ed in attesa che si aprano le porte dei cimiteri. E così, i tanti Paesi dell’anima, per invivibilità diffusa, sono diventati Paesi senz’anima. L’identità, l’appartenenza, le radici con tutto quello che hanno in sé sono forti ed importanti espressioni antropiche di un insieme umano che nel passato, con questi riferimenti utilmente positivi, ha funzionato come insieme di saggia umanità, con un fare solidale e capace di importanti atti di solidarietà umana e territoriale. Tanto soprattutto, nel mondo contadino fatto di aggregazioni umane prossime a scomparire, dal passato con un fare solidale che agiva per il bene comune anche nel lavoro non remunerato, ma fatto di scambio degli uni con gli altri nella coltivazione dei campi e/o in azioni condivise e funzionali alla salvaguardia dei territori nel ruolo di guardiani intelligenti e solidali dei loro comuni spazi di vita e del loro insieme umano condiviso. Pur riconoscendola un’importante risorsa antropica, sono amaramente convinto che non ci sono attualmente le condizioni per fare dell’identità una leva per lo sviluppo possibile e sostenibile. Purtroppo, a come stanno le cose nei Paesi dell’anima, ridotti sempre più senz’anima, c’è da dire che nel “Piccolo italiano” anche le cose importanti come l’identità, l’appartenenza, il radicamento, non sono assolutamente spendibili come risorse umane e territoriali in quanto negate da chi doveva garantirle e favorirne con forza, la presenza sui territori, utilizzandole con saggia determinazione, come risorse per lo sviluppo umano e territoriale. Oggi le buone intenzioni del dire, mancanti tra l’altro ancora delle buone intenzioni del fare non servono a cambiare le cose di realtà e mondi locali che, cammin facendo e con rammarico bisogna riconoscerlo, hanno visto il loro oro, fatto di umanità un tempo vive ed oggi purtroppo cancellate, rovinosamente ridotto in cenere; tanto, per un vuoto crescente e diffuso di presenze umane costrette a fuggire per non morire, essendo stato private di tutto il necessario per vivere. Con un fare responsabile, si può tentare di rimettere quella necessaria prima pietra per far ripartire anche i territori abbandonati e la gente che li abita; tanto, sempre che si cancelli quella maledetta dismissione che non permette alla gente di viverli, costruendovi, così com’è possibile fare con la forza identitaria dell’appartenenza, le condizioni umane per uno sviluppo ancora possibile; uno sviluppo da tradurre prima di tutto in lavoro necessario a ripopolare le tante terre abbandonate in quanto rese umanamente invivibili, da quei farisei del fare mancato che egoisticamente, per quelle briciole di potere che si ritrovano a gestire, pensavano e pensano  al “va bene così”, cancellando tragicamente anche le buone occasioni di vita basate sulle risorse valoriali di un passato che non c’è più e che è assolutamente difficile da farlo tornare. La tradizione familiare, così come descritta, proprio non c’è; è solo una favola di chi crede ad un passato fatto di tradizioni e di un fare familiare da tempo cancellato. La salsa di pomodoro, le melanzane fatte in casa e tutte le altre cose del passato, come l’economia del maiale fatto in casa, sono parti di un’ormai scomparsa tradizione di un’economia familiare che proprio non c’è più. Purtroppo, sono tutte insieme, il passato; il passato che non può tornare, perché mancante delle sue condizioni di una volta, siano esse umane che sociali ed economiche. Il Sud, la Campania, il Cilento ed i tanti piccoli Paesi dell’anima, ormai e sempre più senz’anima, per la grave mancanza della gente che li ha abbandonati, anche sui territori dove tra mille difficoltà e sofferenze vive ancora la poca gente, si è cercato di cancellare i segni di mondi lontani con le caratteristiche devastanti di una diffusa povertà personale, familiare e di forte sofferenza nell’insieme sociale. Anche i territori dell’anima con la loro produzione residuale ed assolutamente poco produttiva soprattutto per l’età avanzata di chi è rimasto, risente del profondo cambiamento in atto, con l’altrettanto profonda trasformazione delle relazioni sociali; la gente del nostro tempo ha assorbito in modo diffuso il modello consumistico che appartiene alla più generale società dei consumi del Terzo Millennio, un tempo dove il protagonismo diffuso della mercificazione incide, cancellandolo, sul passato dal forte senso dell’appartenenza familiare e comunitaria.