Prato: in fiamme fabbrica cinese

di Rita Occidente Lupo

La distruzione della fabbrica cinese a Prato, crea sgomento per le vite umane, spente in un episodio che si tinge anche di toni dolosi. Ma in corso d’accertamento, per il carico di responsabilità l’attenzione, non solo mediatica, sulla manodopera orientale, che nel nostro Stivale, non si concede battute d’arresto. I Cinesi, ormai lavorano tutto e di tutto. A costi competitivi, con la crisi che avviluppa il Paese, ancora più concorrenziali. L’allarme, ormai a sirene spiegate da più tempo, sulle ammine, presenti specialmente nei   coloranti, sembra transitare in sordina. Ormai ogni prodotto, anche delle grosse aziende, mostra un marchio o per materie prime o per lavorazione, che rimanda al Paese degli occhi a mandorla. Coi controlli a tappeto anche delle Forze dell’Ordine, spesso non si riesce a fronteggiare la mole produttiva che giunge dalla superpotenza asiatica. E quello che colpisce, con gli euro sempre meno cospicui, i costi. Specialmente nel settore dell’abbigliamento e delle calzature. Il fatto che anche in Italia, in alcuni ambiti, quali ristorazione, estetica, i Cinesi abbiano trovato spazio, in tempi di disoccupazione imperante, fa sorgere interrogativi naturali sui reali spaccati produttivi. I Cinesi non conoscono tregua nella loro volitività produttiva e Lombardia e Toscana vantano una grossa insistenza sul territorio. La dirompente presenza sui mercati, non meraviglia più:  la rarità, trovare il made in Italy, nel nostro Paese!

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