I media tra analfabetismo economico e numeri

Amedeo Tesauro

La matematica, si sa, non è un’opinione. I numeri non mentono si suol dire, eppure va da sé che essi devono essere raccolti nella giusta maniera e con i giusti criteri, altrimenti si rischia di piegarli alle proprie valutazioni e ai propri calcoli. Se a ciò aggiungiamo l’ignoranza, detto non in maniera dispregiativa ma nel senso letterale di “non sapere”, da parte dell’individuo medio (e non solo) su certi argomenti, va da sé che comprendere movimenti e giudizi su quei numeri risulta complicatissimo. Si parla di economia, ovviamente, tema tanto caldo quanto incomprensibile in un paese che, stando agli ultimissimi rilevamenti OCSE, si piazza tra gli ultimi posti in Europa perfino in quanto a conoscenze alfabetiche e matematiche, figurarsi per ciò che concerne tematiche come finanza e economia. Così non può sorprendere la distanza sostanziale che vi è tra certi temi e l’individuo medio, che è elettore e dunque esprime opinione su politiche economiche di cui non sa nulla. Lo stesso individuo che se parla di economia lo fa per sentito dire, affidandosi al luogo comune o all’opinione “rubata” all’esperto di turno visto in TV, un atteggiamento che non fa altro che disinformare ancora. Quando poi i numeri indirizzano a conclusioni diverse, tra chi parla di crescita e chi incita alla decrescita, magari felice, quando tra il ministro dell’Economia e l’ISTAT le opinioni divergono, e quando perfino l’Unione Europea tira al ribasso le stime come avvenuto nelle ultime ore, allora diviene tutto ancora meno chiaro, scontrandosi con il turbato umore popolare che di volta in volta vede nuovi dati interpretati nelle maniere più diverse. Di ciò che accade, dei perché, in verità nessuno sa nulla, tra un dato e l’altro c’è il miraggio dell’uscita della crisi che più viene annunciato e più fa imbestialire i cittadini che l’hanno già sentito troppe volte. Come parlare di economia? Si può davvero? I media, soprattutto nei momenti caldi della crisi, si riempirono di tabelle e esperti pronti a rendere popolari termini come “spread” e “default”, cercando di chiarificare anche i significati di parole note come inflazione, crescita, eccetera. L’economia governa e anima i provvedimenti di uno stato, eppure solo nei momenti bui si riscopre un bisogno di divulgazione che, essendo frettoloso, non arriva al punto e rischia di disinformare più che altro. Purtroppo pare assolutamente utopistico pensare di educare all’economia intere generazioni, compresa quella dei giovanissimi, che al calcolo economico e alla finanza non sono mai state introdotte se non in riferimento ad una ristretta praticità. Che in fin dei conti è ciò che serve sapere all’individuo medio per gestire la propria vita, ma non ciò che è necessario per esprimere opinioni e valutazioni sulle grandi manovre di una nazione, come pur a quell’individuo medio si chiede di fare attraverso lo strumento democratico delle elezioni.