Mondo senza figli anche nel mondo islamico si fanno meno figli

Giuseppe Lembo

Una vera e propria rivoluzione; un forte cambiamento che peserà sul mondo, dove cresce il senso comune della rinuncia ai figli. Siamo ad una vera e propria rivoluzione planetaria; cresce il senso comune a non avere figli. Tanto, non solo nell’opulento Occidente, dove ogni figlio che nasce, è considerato una presenza inopportuna e scomoda, ma anche in altre realtà del mondo, dove era del tutto naturale avere figli. La scelta di ridurre la presenza di nuove vite sulla Terra oggi riguarda anche e soprattutto il Nord Africa, dove è in atto la grande rivoluzione islamica di ridurre le nascite. In queste realtà umane da lungo tempo c’era una forte propensione a mettere al mondo più figli; oggi questa tendenza di lungo corso si è fermata; si è fermata ad un punto tale da poter considerare di trovarci di fronte ad una vera e propria caduta della nascite, con percentuali sempre più vicine alle medie europee.

Uno studio approfondito del fenomeno è del professore Philip Jenkins, docente di scienze umanistiche alla  Pennsylvania State University.

Secondo gli attenti studi di Jenkins, recentemente pubblicati in Italia dalla rivista “Vita e Pensiero” della Cattolica di Milano, c’è una forte crisi demografica nei paesi islamici della mezzaluna.

Per Jenkins il numero chiave per un tasso di fertilità attuale ed a garanzia delle future generazioni, deve essere pari a 2,1; al di sotto di questo tasso, le popolazioni subiranno inevitabilmente un declino, passando ad una fase di stagnazione, con la crescita diffusa dell’età media.

Una condizione di grande sofferenza demografica è oggi vissuta dall’Europa ed al suo interno dall’Italia dove il tasso di fertilità è dell’1,39, dalla Germania 1,45, dalla Spagna 1,47.

Da questi scenari ne consegue che i mussulmani mediorientali superano per nascite gli europei; la prospettiva conseguente è che c’è all’orizzonte, una “Eurabia islamizzata”, che deve comunque fare i conti con gli scenari nuovi degli ultimi 30 anni, con una decrescita demografica diffusa.

Tanto, a partire dagli anni Settanta; il tasso di fertilità in Paesi come l’Algeria, si è abbassato dal 7 all’1,75, la Tunisia dal 6 al 2,03, il Marocco dal 6,5 al 2,21, la Libia dal 7,5 al 2,96.

Perché tutto questo? L’analisi attenta di Jenkins attribuisce il calo diffuso delle nascite nel mondo islamico ai cambiamenti nelle aspettative e nei comportamenti delle donne, sempre più occidentalizzate, sempre più lontane da un mondo tradizionale di sottomissione e di fattrici umane in cui non si riconoscono più.

Più socializzate, più umanizzate, le donne islamiche sono state protagoniste di una vera e propria rivoluzione, per effetto di un crescente disinteresse a dedicarsi ad una vera e propria tribù di figli (sette o otto).

Siamo ad un cambiamento profondo; siamo ad una mutazione che produrrà i suoi effetti non solo interni al mondo islamico ma anche esterni ad esso, con conseguente riduzione del rischio di una Eurabia islamizzata.

Siamo di fronte ad un riequilibrio opportuno; certamente gioverà al mondo dove l’eccesso di carne umana può portare a squilibri pericolosi e disumanizzanti.

Il mondo globale dei nostri giorni ha bisogno dell’uomo che si sa incontrare e convivere con le altre realtà della Terra, senza pensare ad azioni di prevaricazione che non portano, come ci insegna la storia, da nessuna parte, se non ai soli scenari tristi, di distruzione e di morte.

 

 

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