Pontecagnano-Faiano: disastro urbanistico ed ambientale

Aldo Bianchini

Nella precedente puntata dedicata a Pontecagnano ci eravamo fermati al momento del “boom economico” che la città ha vissuto fino alla metà degli anni ’70 per via della sua posizione geografica strategica a mo’ di cuscinetto tra il capoluogo, la piana del Sele e i Picentini.Negli anni del boom economico, infatti, sfruttando al meglio tale collocazione e la sua grande tradizione agricola, Pontecagnano divenne il maggiore centro industriale di trasformazione dei prodotti agricoli dell’intera Provincia. Primo fra tutti il grande stabilimento conserviero della Cirio. Poi c’erano tabacchifici, pastifici e numerosi altri conservifici che occupavano decine di migliaia di persone che provenivano da tutti i comuni del circondario ed anche dal Vallo di Diano, dal Cilento e dall’alta valle del Sele. Cominciò anche a svilupparsi un turismo di qualità sulla fascia costiera che in assenza di politiche-turistiche attive del Comune, ha visto nel corso degli anni Magazzeno trasformarsi in un luogo di degrado urbanistico ed ambientale. La scarsa qualità della classe dirigente politica ha sempre influito negativamente sul destino della città. Anche nella fase di maggior fulgore economico i maggiorenti locali si divisero circa le prospettive di sviluppo della città: vocazione-agricolo turistica o industriale? Che è anche l’eterna indecisione della città capoluogo. Lo scontro si consumò sulla redazione del Piano di Fabbricazione che vide, anche sulla scorta del varo della formula politica del centro sinistra sul piano nazionale, il PSI di Carmine Giordano allearsi con la Dc di Mario Del Mese. L’alleanza ebbe conseguenze disastrose per il Partito Socialista sul piano elettorale con un travaso del voto di sinistra verso il Pci che diventò per molto tempo e fino al 1990 il primo partito della sinistra. Contro l’intesa Giordano/Del Mese, infatti, si schierò il PCI di Emilio Sparano più interessato a sostenere l’ipotesi di uno sviluppo industriale con l’intento di intercettare il consenso della nuova classe operaia che andava sindacalizzandosi non solo a Pontecagnano ma anche nella vicina Salerno. La battaglia comunista contro il “Villaggio del Sole” di Mario Del Mese (che doveva essere il primo avamposto dello sviluppo turistico dell’intera fascia costiera) ben si sposava con il progetto di sviluppo industriale sostenuto da Alfonso Menna, sindaco di Salerno. Insomma una guerra guerreggiata trasversalmente e senza esclusione di colpi per l’affermazione dei poteri forti dell’epoca a discapito dell’ambiente e dello sviluppo realmente sostenibile. Il Sindaco Menna anche per contrapporsi al potente industriale De Martino (leader della Dc del dopoguerra, proprietario di tabacchifici, conservifici e della maggiore azienda provinciale di trasporti pubblici “So.Me.Tra.”, progenitrice dell’attuale Cstp) sostenne la politica dei poli di sviluppo industriale per lo sviluppo del Sud, promossa con gli incentivi statali della Cassa per il Mezzogiorno (Casmez) ai cui vertici per molto tempo sedette proprio Alfonso Menna. Per promuovere lo sviluppo industriale di Salerno e del suo hinterland, l’on. De Martino, individuò proprio al confine con il Comune di Pontecagnano le aree dove dovevano sorgere le nuove industrie. Suoli pregiati dal punto di vista agricolo a ridosso del mare furono occupati dalle grandi industrie nazionali (Marzotto, Landis e Gir, Snia, Idealstandard, Pennitalia, Brollo ecc) attratte dai sostanziosi incentivi statali. Quella scelta, col tempo, si dimostrò fatale per la vera vocazione dell’intera zona, fascia costiera compresa, che era ed è a sfondo turistico, scelta che però nell’immediato e per alcuni decenni diede lavoro e benessere a centinaia e centinaia di famiglie salernitane, e non solo. Gli insediamenti industriali attirarono a Salerno manodopera da tutta la provincia e ciò comportò la costruzione negli anni 60, senza alcun criterio urbanistico credibile, dei quartieri di Pastena e Mercatello insieme ai numerosi insediamenti di case popolari sostenute dal piano nazionale della Gescal. Anche in questo caso si trattò di scelte che nell’immediato diedero impulso e nuova linfa a vari settori del mondo del lavoro come l’edilizia e il suo indotto, ma che sul lungo termine si sono rivelate scelte assolutamente scellerate da mettere in ginocchio una città, Salerno, che è cresciuta in maniera scoordinata ed irrisolvibile. E pensare che all’epoca i salernitani veraci e quelli di adozione avevano realmente pensato che quel benessere fittizio potesse diventare duraturo e definitivo. Come furono costruiti quei quartieri e come venivano acquistati gli appartamenti dormitorio? Lo vedremo nella prossima puntata.

2 pensieri su “Pontecagnano-Faiano: disastro urbanistico ed ambientale

  1. Aldo Bianchini è un vero giornalista, e lo dimostra anche in questi sui articoli un po’ più semplici, se vogliamo più standard e normali! E’ un vero peccato che Salerno non abbia saputo valorizzarlo, perchè è uno dei pochi giornalisti (se non l’unico) che merita di essere tale. Nessuno fa inchiesta, nessuno fa vera informazione, nessuno offre il servizio che dovrebbe, in pratica nessuno fa giornalismo.
    Non so voi ma io in giro vedo solo marchette.
    Peccato che pure questo giornale non lo valorizzi come merita.

  2. Sarà anche un bravo giornalista, ma credimi a volte i toni verranno smorzati..almeno finchè non ci si accerterà della presunta colpevolezza…Definire un paese schifoso addossando tutte le colpe anche di corruzione ad una sola persona mi sembra esagerato e poco leale…

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