Ritrovare il coraggio di educare

Aurelio Di Matteo*

Di fronte a due episodi di segno diverso avvenuti nel mondo della scuola e ben evidenziati dal Direttore Rita Occidente Lupo, mi sono ricordato di un agile volumetto pubblicato in Germania nel 2006 da Bernhard Bueb, quando è stato collocato in quiescenza, dopo essere stato Preside per trentuno anni del prestigioso Collegio di Salem. È un saggio provocatorio scritto non da luminare di pedagogia. Egli espone, piuttosto, da padre e da insegnante, ciò che ha costatato negli anni della sua attività caratterizzata dallo “stato d’emergenza in cui versa il sistema educativo e scolastico tedesco”. Contrariamente a ciò che non è avvenuto in Italia, la Germania, quando le periodiche rilevazioni OCSE-PISA evidenziarono un lento declino della scuola, corse ai ripari individuando immediatamente la sostanza del problema: educare né secondo la logica del vasaio né secondo quella del giardiniere. È stata una repentina e seria riflessione sulle conseguenze di un malinteso sessantotto. La società e i genitori in particolare avevano disimparato l’arte di educare e perduto le norme comuni, convinti che i bambini crescessero comunque camminando senza bussola in mare aperto. Dagli eccessi della logica del vasaio (intervenire sempre, impartire ordini, guidare in ogni occasione) si era passati a quelli del giardiniere (non intervenire, lasciare che cresca da solo, nessuna imposizione, annaffiare e basta)!La generazione post-sessantotto ha interpretato lo squilibrio di potere tra genitori e figli come una maggiore quantità di esperienza; di conseguenza i metodi educativi dovevano evitare tutto ciò che faceva sembrare che l’educazione consistesse in un’affermazione di potere. Vennero banditi, pertanto, tutti i concetti che richiamavano in qualche modo il potere: autorità, obbedienza, regole, disciplina. Non si è trattato di un rifiuto teorico: autorità e obbedienza sono state bandite e hanno perso la loro validità soprattutto nella pratica e nella vita quotidiana. Genitori, docenti e educatori nella loro azione quotidiana non si presentano più come “auctoritates”, consapevoli del proprio valore e del proprio ruolo, come modelli da “seguire” a fronte della necessità psicologica che gli adolescenti hanno di crescere secondo punti di riferimento stabili e regolati da norme chiare. Per tanto tempo ci si è scordati che educare significava “guidare”, che con il termine “pedagogo” in Grecia s’intendeva lo schiavo che “conduceva i fanciulli a scuola”. Chi ha la doverosa funzione di guidare ha anche la legittima aspettativa di essere “seguito”. Tutto qui! Educare è nient’altro che avere il coraggio di educare. Avere il coraggio di educare è anche avere il coraggio di esercitare la funzione di guida e di chiedere di essere seguito. Insomma detto senza eufemismi, il coraggio di educare è il coraggio di esercitare la disciplina! E la disciplina non è altro che il rispetto di regole e norme, cominciando da quelle morali. Per lungo tempo la disciplina è stato il figlio non amato dalla pedagogia, tuttavia essa costituisce il fondamento dell’intera educazione. Inizialmente la disciplina deve essere sempre imposta dall’esterno, ma alla fine si trasforma in autodisciplina attraverso un rapporto di vero amore per i giovani. L’inventore Thomas A. Edison ebbe a dire: “Una scoperta è fatta per il 90 per cento di sudore e per il 10 di ispirazione”. Attraverso la disciplina si sviluppa il talento, qualunque esso sia. In una società democratica l’uomo si costruisce il futuro solo con il duro lavoro e il rigore dell’impegno che portano all’autodisciplina. Diceva Kant: “Uno dei più gravi problemi dell’educazione è quello di conciliare la sottomissione a un obbligo legittimo e la capacità di fare uso della propria libertà. La costrizione è infatti necessaria!”.Ogni giorno genitori, insegnanti e educatori devono esercitare la tensione che nasce dal pretendere sottomissione, obbedienza e disciplina da bambini e adolescenti, dovendoli allo stesso tempo guidare verso l’indipendenza, l’autodisciplina e la libertà. Accettare questa tensione ed essere modello per i giovani sono il segno dei grandi educatori. Ed è ora che si ritrovi, innanzitutto da parte dei genitori, il coraggio di educare! Più o meno erano queste le idee espresse dal Preside alla fine della sua carriera e sono state queste idee che hanno migliorato la scuola e, con essa, l’intera società tedesca in questo decennio.      

* Componente del Comitato per la razionalizzazione della formazione per il Turismo – Ministero del Turismo

 

Un pensiero su “Ritrovare il coraggio di educare

  1. non condivido per niente le teorie sulla costrizione, la disciplina, l’obbedienza, la disciplina, e tutte quelle citazioni che smbrano dare una visione conservativa e ottocentesca e da libro cuore delle problematiche della scuola. altrettanti sono gli scienzati ed educatori che sostengono un approccio diverso meno militaresco e meno ipocrita: francois dolto, danilo dolci, ghandi, montessori, don milani e potrei continuare. da noi, in Italia, vi è sempre la solita esagerazione o tutto bianco o tutto nero. io mi amereggio e rimango stupito quando parlando, oggi con questa crisi e con questo governo, della scuola italiana non venga messo in risalto che i tagli che sono stati effettuati sono di un’entità tale che nel giro di pochissimo tempo potremmo dimenticarsi della scuola pubblica, di tutti, vero valore civico, civile e costituzionale che tutti veramente tutti dovrebbero difendere con le barricate. però se di matteo si accontenta delle divise, dei ceci sotto le ginocchia, dell’andare in castigo dietro la lavagna e di una sana scudisciata buon per lui.

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