Da quale parte i socialisti?

 Aurelio Di Matteo

In questi giorni molti esponenti socialisti che militano nello schieramento di centrosinistra hanno senza esitazione dichiarato di appoggiare Stefano Caldoro. Altri, per lo più dirigenti che ricoprono cariche e incarichi, hanno posto un problema di “schieramento”, affermando acriticamente e astrattamente, con grossolano errore teoretico e storico, l’incompatibilità tra socialismo e centrodestra, facendo riferimento alla “grande famiglia europea” e alla “gloriosa idea” della tradizione. A questi ultimi basterebbe richiamare la celebre frase di Deng Xiaoping, sulla cui fede social-marxista non ci possono essere dubbi: «Non importa se un gatto è bianco o nero, l’importante è che acchiappi i topi», frase tanto cara a Bettino Craxi che la ricordava agli inconcludenti astratti ideologici rappresentanti di vuoti e antistorici schieramenti. E non mi pare che la “grande famiglia socialista europea” stia dando da qualche tempo esempi concreti di saper “acchiappare topi”, né di saper elaborare un progetto di riforme adeguate alla realtà che viviamo e valida per il futuro. Per ultimo assistiamo al grande fallimento dell’ideologica attività politica di Zapatero! Analogamente non mi pare che nello “schieramento” di centro-sinistra, dopo averla assassinata, ci sia qualche traccia della “gloriosa idea”! Peggio ancora, ciò è evidente in realtà più vicine a noi. In Campania, dove è finito il “riformismo socialista”? È finito nelle disastrose politiche, avallate sempre con voto favorevole, dai vari Carpinelli, Valiante (uno e bino), Mucciolo, Di Lello, Corace e di tutti gli appartenenti allo stesso partito e schieramento di De Luca; sempre la stessa squadra, con in più la Iervolino e gli altri delle rimanenti province, che da quindici anni governano la Campania e che ora si ripropongono con l’obiettivo di proseguire con il passato quindicennio di “riforme”. Se il riformismo socialista è questo, è doveroso rispondere, anche se con garbo e pacatezza: no, grazie!  E non venga a dire il proto-socialista di turno, magari assiso su una comoda poltroncina, che De Luca è il nuovo! Come “rappresentante istituzionale” regionale forse sì, come costume e agire politici per niente. Per non sembrare di parte, glielo facciamo dire da un autorevole suo “compagno”: «Come ha affermato in conferenza stampa, anche lui (De Luca) è espressione dell’esperienza di governo del centrosinistra di questi anni». (Cozzolino).Se il riformismo socialista è quello dei rifiuti ai primi piani delle case o quello della Sanità, la più inefficiente ed indebitata d’Italia, per la quale paghiamo e pagheremo enormi addizionali; del fiume di denaro dell’Unione Europea sprecato in mille rivoli clientelari ed improduttivi; della disoccupazione al top e dello sviluppo ai minimi storici; degli inarrestabili sprechi e sperperi e della radicata inclinazione assistenziale e clientelare; della lunga gestione  del duo Villani-De Luca, che ha portato la Provincia di Salerno al penultimo posto tra tutte, diciamo senza esitazione: no grazie, questo riformismo non ci interessa! Se il riformismo socialista di questi quindici anni di centrosinistra è quello della criminalità grande e piccola cresciuta in modo esponenziale; del degrado civile, morale e sociale arrivato ai massimi livelli, degli interi territori, quartieri e Comuni (molti commissariati per camorra) in mano ai clan, nei quali solo in quest’ultimo anno e mesi per merito del Ministro di “destra” Maroni e del governo Berlusconi, Dda, Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, si vedono arrestati assassini e catturati pericolosissimi latitanti; oppure è quello del debito regionale di un miliardo di euro e di mutui sui cittadini campani fino al 2037, oltre alle tasse più alte che per questo subiamo, sempre con garbo ma con chiara consapevolezza ideologica diciamo: no grazie, questo riformismo non è il nostro, non è quello della tradizione socialista! Il riformismo socialista è altra cosa e da tempo! Tanto per citarne uno fra i tanti, è quello del Congresso socialista di Rimini del 1982 e del discorso di Craxi dell’ottobre dello stesso anno, indiscutibili testimonianze che a distanza di tanti anni “quei” Socialisti hanno avuto ragione e che il loro progetto di rinnovare la società si sta realizzando proprio all’interno del PDL. Il riformismo socialista è quello del Congresso dei “meriti e dei bisogni” (Martelli) e della “questione sociale ed istituzionale” (Craxi), degli obiettivi proposti dai socialisti nel 1982 ed oggi in via di attuazione con il governo di centrodestra e con il PDL; è quello della modernizzazione dello Stato, dell’eliminazione di burocrazie, privilegi e clientele, dell’innovazione di regole ed istituzioni: insomma non è la prospettiva di “sceriffi” a parole, e nei fatti “gestori di clientele”, ma quella della craxiana “democrazia governante”, che potrà trovare attuazione solo con Stefano Caldoro Governatore della Campania, sostenuto dall’ampia e articolata coalizione di centro-destra. È per questo che i socialisti di ieri e di oggi non possono essere che da una parte sola, dalla parte della tradizione riformista che si richiama alla stagione di Bettino Craxi del “Vangelo socialista” e non a quella leninista degli epigoni del PCI o a quella senza tradizione del politicamente equivoco Di Pietro, con il quale De Luca e gli altri dello “schieramento” hanno stretto un solido patto. Sono questi in verità che, come il cavolo con la merenda, configgono con i socialisti e con la “gloriosa idea”, con il riformismo e con i Turati, i Matteotti, i Nenni e i Craxi, contro i quali a cominciare dal 1921, si sono esercitati e si esercitano con le peggiori e becere accuse.