Una traslazione dell’ “Effetto Rebound”

 Giovanna Rezzoagli

L’ “Effetto rebound”, associato comunemente alla sindrome da astinenza, può verificarsi quando si sospende improvvisamente l’assunzione di un farmaco o l’utilizzo di sostanze che determinino dipendenza fisica e/o psichica. La sindrome d’astinenza è un effetto specifico di una sostanza alla sua sospensione od alla rapida riduzione della sua dose, quando questa è stata assunta ad alte dosi e per lungo  tempo. L’effetto rebound è una recrudescenza od una iperespressione dei sintomi di una malattia dopo che un trattamento farmacologico è stato sospeso. Con una traslazione di significati, prendiamo a prestito dal linguaggio medico e farmacologico il termine “Effetto rebound” e proviamo ad applicarlo alla condizione del dopo vacanza in cui molti italiani si troveranno immersi da lunedì in poi. Dopo lunghi mesi di lavoro e di quotidianità spesso ripetitiva, chi ha potuto permettersi una vacanza è, presumibilmente, partito con una buona dose di aspettative nei confronti del periodo di “stacco”. Con queste premesse si affrontano lunghe code su strade ed autostrade, viaggi più o meno confortevoli, si chiedono prestiti “ad hoc”, come si è evinto da una recente indagine pubblicata da Panorama e poi ripresa da quasi tutti i telegiornali . In buona sostanza gli italiani sono pronti a tuffarsi anche in un mare di debiti, oltre che in quello non sempre cristallino delle nostre coste. Le vacanze, negli ultimi anni, hanno acquisito lo status di bene necessario per il quale vale la pena indebitarsi, come la casa o l’auto. Esiste una differenza sostanziale data dalla semplice constatazione che casa e auto sono beni durevoli, la vacanza è un bene di consumo. Bene di consumo che la pubblicità ha contribuito a rendere “necessario”, e la cultura dell’effimero, oggi assai diffusa, propone un’immagine negativa di coloro che restano in città: si tende a dare per scontato che chi non va in vacanza lo faccia spinto da una qualche problematica, non per libera scelta. Un pregiudizio diffuso che agisce da catalizzatore per tutti i soggetti per i quali l’immagine di sé e della propria condizione sociale rappresenta una difesa contro l’incertezza del vivere. Per molti al rientro dalle ferie, oltre alla routine spesso demotivante ed/od insoddisfacente, le rate da pagare. Se al tutto aggiungiamo che le risultanze post vacanza non sempre sono proporzionate alle aspettative nutrite alla partenza, non è da escludere che i primi giorni dopo il rientro lascino un poco di amaro in bocca. Il vecchio proverbio che, con infinita saggezza recitava: “Chi si contenta gode”, è passato di moda da un pezzo. Per i nostri tempi ben si adatta una variante “tout court”: “Chi non si contenta rode”. E allora che si fa? Niente rimedi universali, ma una buona spolverata al buon senso male non farebbe di certo. E preventivare un filo di malinconia al rientro aiuterà a gestirla al meglio, soprattutto se non ci si farà condizionare troppo dalla pubblicità che mostra la disperazione di chi ha appena tornato dalla crociera, di pessimo gusto e nessun riguardo nei confronti di chi disperato lo è davvero per motivi ben più concreti che l’aver terminato una vacanza. Ma non è a questo pubblico che si rivolge il messaggio pubblicitario, non rappresenta l’utente medio. Dispiace ipotizzare che l’aumento di chi chiede prestiti per andare in vacanza, forse è direttamente proporzionale ad una crisi di capacità di raziocinio globale, oltre che ad una crisi economica oggettivabile.