Religione, materia secondaria!

di Rita Occidente Lupo

Pazienza cristiana! Quella che i docenti di religione esercitano da un bel pezzo, dietro i ghirigori legislativi. L’ora d’insegnamento, sempre dibattuta. Dalla lontana genesi concordataria, la docenza in un Paese per antonomasia cattolico, cristiano, apostolico e romano. Prima degli sciviloni laicali. Un costante sabotaggio ai valori da trasmettere. Ad una disciplina che se un tempo veniva gestita catecheticamente, col tempo ha subito flessioni ed adeguamenti di sorta. Un primo boom negli anni ’80, allorchè venne fuori la facoltatività: la panoramica sui vari tipi di religioni presenti, senza esclusivismi. Poi, una disciplina   alternativa, per chi non s’avvaleva. In seguito, la libertà di poter anche lasciare la scuola, se all’ultima ora o d’entrare alla seconda, se la materia in oggetto calendarizzata alla prima. Tra un incarico annuale ed una sofferta attesa presso gli Uffici di competenza diocesani, il ruolo nel 2003. Bando al precariato contraddittorio: l’Autorità diocesana, sempre detentrice per l’affidamento della docenza, ma nei ruoli e nelle tabelle di saldo statali. La bufera tra Stato e Chiesa, docenti atipici che, se per degli aspetti possono esser dotati di una laurea, in caso di discrezionalità diocesana, potrebbero anche slittare sulla materia di laurea, bypassando le corsìe naturali. Ed ora, la sentenza del Tar del Lazio a bruciapelo. Estromessa la religione   dagli scrutini finali e dall’assegnazione del credito! Mondo cattolico e laicale in subbuglio. Il primo, sconfitto, dal ricorso del secondo in giubilo. C’è chi sostiene che la fede sia un fatto intimistico e privato. E chi,  che la conoscenza cristiana, concorra alla formazione delle personalità. Se molti orientati verso studi teologici, per un inserimento lavorativo, il quadro scolastico diventa ora più maculato. Malgrado il Ministro Gelmini abbia  dichiarato il suo dissenso, il Tar ha pontificato. Tra lo sdegno della Cei, che proprio non ci sta a veder declassato il proprio personale scolastico. La religione comunque resterà fuori dai circuiti esaminativi di maturità.  Scivolando, in un’altra contraddizione:  il personale statale, ormai di ruolo, ancora una volta discriminato. Se la Chiesa perdesse il monopolio dell’assegnazione delle cattedre, probabilmente i docenti sarebbero pari ai colleghi di altre discipline. Ma ciò, almeno per il momento, non si profila all’orizzonte! Anche se la Cei, non dimostra di voler retrocedere dal voler portare avanti la battaglia a sostegno d’una categoria che continua a non sentirsi garantita!