Raito: il quartetto Mitja in evoluzione


La formazione napoletana sarà ospite martedì 28 del prestigioso cartellone dei “Concerti d’Estate a Villa Guariglia in costiera dei fiori”. In programma musiche di Mozart, Haydn e Mendelssohn Il valore, le capacità e persino il talento di chi scrive musica è convinzione comune che emergano in tutta la loro effettiva consistenza nelle pagine per due violini, viola e violoncello. Sebbene una simile affermazione non corrisponda meccanicamente alla realtà storica, è comunque innegabile che per un compositore il quartetto d’archi rappresenti uno speciale banco di prova. Non è questo il luogo per indagare le articolate ragioni di una simile particolarità. Un dato, però, crediamo meriti di essere evidenziato. È nel quartetto d’archi (e nella sinfonia, genere che si sviluppa parallelamente a quello quartettistico) che l’autonomia della musica strumentale raggiunge la sua perfetta completezza. L’evoluzione di questa particolare formazione sarà illustrata dal Quartetto Mitja, composto da Giorgiana Strazzullo e Sergio Martinoli al violino, Mariateresa Pagano alla viola e Andrea D’Angelo al violoncello, i quali si esibiranno martedì 28 luglio alle ore 21, ospiti della XII edizione dei “Concerti d’estate a Villa Guariglia in Costiera dei fiori”, organizzati da Tonya Willburger, con il contributo del Comune di Vietri Sul Mare, della Regione Campania, della Camera di Commercio e della Provincia di Salerno, della Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, dell’Ept di Salerno, nonché con il patrocinio del Conservatorio di Salerno, della Coldiretti e del Centro Studi “Raffaele Guariglia”. Il programma principierà con il Quartetto KV 157 in Do Maggiore di un Wolfgang Amadeus Mozart, in gran tour qui in Italia: l’anno è il 1772 e Wolfgang si trova a Milano. Nel movimento d’apertura la freschezza dell’invenzione che caratterizza il gruppo tematico principale e la transizione, condotta con imitazioni tra violini e viola non abbandona neppure l’impertinente lievità introdotta dal secondo gruppo tematico e del gruppo cadenzale. Dolore palpitante e inconsolabile: questo è il conio affettivo dell’Andante in forma di sonata monotematica; tono patetico e cullante e sostanza musicale passano dal tema principale. Il Presto finale è un rondò con due episodi, il primo dei quali viene ripreso prima dell’ultimo ritorno del tema seguito da una coda. Con il Franz Joseph Haydn dell’ opera 76 il Mitja, non solo ci porta all’inizio della parabola storica del quartetto, ma ci dà anche modo di comprendere le ragioni dell’eccellenza haydniana nel genere e di onorarne il bicentenario della morte. Ottantatre sono i quartetti da lui composti e l’op. 76 si situa nella sua piena maturità. Haydn scrive infatti questi sei Quartetti nel 1797 su richiesta del conte Erdödy. La loro destinazione dunque è il piacere privato di un ristretto gruppo di amatori. In essi profonde tutta la sua maestria, mettendo in campo invenzione melodica, innovazione armonica, giochi contrappuntistici. Tutti elementi che emergono nel più celebre della serie (per alcuni il più celebre quartetto d’archi in assoluto), il n. 3, intitolato Imperatore perché nel secondo movimento Haydn si esercita in una serie di variazioni sull’inno nazionale austriaco e che verrà proposto dai quattro giovani strumentisti. Si continua con le celebrazioni e stavolta è per il bicentenario della nascita di Felix Mendelssohn Bartholdy, del quale verrà eseguito il secondo Quartetto, l’op.13 in La minore, datato 1827, una delle più belle testimonianze della sua precocità di artista già impegnato a dare unità e coerenza alla fervidissima ispirazione con una scrittura di grande abilità e di notevole apertura intellettuale. Lo svolgimento estremamente fluido, che si rivela non solo all’analisi ma anche all’ascolto, è frutto di un’attenta selezione dei materiali. Sono chiaramente percepibili la ricorrenza dei motivi (per esempio, l’Adagio di apertura si ripresenta nel finale; il tema di fuga del secondo movimento riappare nell’ultimo) e la parentela tra i temi, ottenuta con un lavoro preciso, attento, fondato sul principio della variazione. Ci sono inoltre singolari analogie, seppure a livello esteriore, con alcuni ultimi quartetti di Beethoven. Preceduto da un tema liederistico a “mo’ di epigrafe” (“Ist es wahr?”, “è vero”?, tratto dal Lied op. 9 n. 1, su testo di Johann Heinrich Voss), il Quartetto consta di quatto movimenti.Un “Allegro vivace” pieno d’ardore, introdotto da un breve “Adagio; un “Adagio non lento” che svolge liberamente un dolente tema d’impronta bachiana; un Intermezzo in forma-Lied, con due sezioni esterne in tempo “Allegretto con moto”, e una interna più brillante, d’un ritmo frenetico, “Allegro di molto”. L’ultimo tempo è un “Presto” in qualche modo riassuntivo, con un originale recitativo d’apertura che rimanda all’op. 132 di Beethoven, da cui sgorga uno svolgimento rapsodico e appassionato, che solo in chiusura volge verso un intimo raccoglimento.