Luminoso Vincenzo Buonocore!

 Michele Ingenito

Domani l’università di Salerno, in un’Aula Magna a lui dedicata, si inchinerà, celebrandola, alla memoria di Vincenzo Buonocore. Insigni maestri del diritto italiano – Benedetti, Cottino, Costi, Irti, Rescigno – con il linguaggio giuridico prediletto al maestro salernitano, ne ravviveranno il ricordo per una testimonianza di altissimo profilo culturale e scientifico. Già Pierluigi Castagnetti, in occasione della recente cittadinanza onoraria conferita dal Comune di Fisciano all’ex-Rettore, ha calamitato l’attenzione generale con un discorso non retorico, ma pieno di apprezzamenti autentici. Sia per l’uomo politico da lui conosciuto a Montecitorio, sia per l’accademico di taglio elevatissimo per studi e per scienza. Un uomo di statura superiore – morale, culturale e umana – naturalmente allineato ad altre pietre miliari della ristretta cerchia “dei grandi personaggi prestati alla politica nazionale: da Beniamino Andreatta a Pietro Scoppola, da Leopoldo Elia ed Achille Ardigò.” Castagnetti non poteva riferire cose migliori. Lo ha fatto con un ‘excursus’ storico-personale affascinante dell’uomo Buonocore che, nel richiamo al contributo politico-parlamentare rilevante, ancorché discreto, da lui dato, ne ha evidenziato le caratteristiche fondamentali. La capacità, cioè, di riassumere ed esprimere al meglio le sue qualità di scuola e di famiglia, di cultura e di formazione. Per un pensiero colto ed intriso di fede insieme come esclusiva e personale fonte e forma di comunicazione e di veicolazione agli altri della propria missione. Collocandosi, così, con spontanea naturalezza, nella scia più autentica dei grandi costituenti di ispirazione sturziana: Dossetti, La Pira, Moro. Come i grandi figli ‘rivendicati’ dalle città di adozione, Vincenzo Buonocore proveniva, in realtà, da terra di provincia; terra lucana. Dove aveva incamerato i sani valori della tradizione familiare prima di proiettarsi nel mondo nuovo ed affascinante dell’accademia e della cultura nazionali. Il profilo tracciato da Castagnetti corre lungo il binario dei ricordi con assoluta naturalezza; rievocando, con garbata signorilità, la qualità dei rapporti tra Buonocore e i suoi allievi, pur nella sua maniera di essere innanzitutto maestro esigente e selettivo: “La sua modernità di cogliere lo spirito del tempo negli studi più recenti quali quelli su etica ed impresa ed etica e diritto”, ha ricordato Castagnetti, “indusse Buonocore a prevedere ben cinque anni prima la crisi finanziaria dei giorni nostri, per una globalizzazione economica cui sarebbe corrisposta quella politica.” Certo, non sono mancate le amarezze per il Buonocore-politico riservategli purtroppo dagli elettori democristiani di Salerno. Fu quando la città capoluogo preferì all’ex-Presidente della CRUI personaggi di scarsissimo profilo nella corsa alla ricandidatura per la XI legislatura parlamentare; diversamente, invece, dagli autentici e numerosi estimatori ed elettori dell’agro-nocerino-sarnese e, in parte, della Valle dell’Irno, dove egli aveva da poco trasferito la nuova università. Una università nata tra le polemiche, indubbiamente mostruosa nella sua architettura da terzo mondo (analoghi edifici li abbiamo visti all’epoca nell’Università Nazionale Somala di Mogadiscio costruita da noi italiani), e di cui Buonocore, che progettualmente l’aveva solo ereditata, non poteva avere responsabilità. Impegnandosi con infinito coraggio, per quanto gli competeva, in un’impresa oggettivamente superiore a comuni risorse umane. Il suo trasferimento. La causa delle amarezze politiche di Buonocore furono oggettivamente dovute ad un suo limite diremmo assoluto e ben noto. Ragionare con la propria testa, sempre; asservirsi a nessuno, mai; vivendo di suo dal punto di vista politico ed elettorale. Avvalendosi dei propri voti, voti ‘buoni’, di stima; mai negoziati in nome dei “do ut des”, inquinanti ed inquinati, di cui si ‘cibano’ i tanti accattoni del potere politico me, nella fattispecie, accademico. Perché, nella buona e nella cattiva sorte, un intellettuale puro vive sempre e comunque di suo, di quella analoga onestà che, soprattutto in politica, raramente paga. Ma che, proprio per questo, consentì all’allora deputato Vincenzo Buonocore di scontrarsi senza problemi con un tal Bettino Craxi in Commissione Cultura della Camera. Senza complessi e senza timori reverenziali. Dissentendo liberamente con il potentissimo leader socialista su una diversa visione di intendere problemi tra l’altro di sua specifica competenza. Fu per questa sua maniera libera (e sturziana) di intendere la politica in maniera ‘ostile’ agli inciuci e ai compromessi che Buonocore, dapprima ‘usato’ da vecchi marpioni democristiani preoccupati di allentare la presa di pericolosi concorrenti interni di partito, fu, poi, puntualmente ‘scaricato’ per fare spazio a giovani rampanti, questuanti diversamente utili e, per questo, funzionali al sistema, lontani mille miglia dalla statura dello ‘scomodo’ uscente. A ‘prestito’ politico consumato, Buonocore ritornò, dunque, all’accademia. Dispiaciuto, ma senza polemiche e senza rancori. Non al Rettorato, che pure gli avrebbe spalancato le porte senza per questo dovere ricorrere a trucchi o a marchingegni di bottega per re-incollarsi alla ambitissima poltrona. Ma nel suo ‘rifugio’ prediletto: gli studi, gli allievi, gli studenti. Riappropriandosi della fonte primaria e autentica della sua ricerca e del suo magistero. Perché “la goccia  non cade sempre nello stesso punto”, come amava dire, come per scusarsi. Non fu, quindi, nel suo ambito, un accattone del potere per il potere, né, tanto meno, si sentì mai ossessionato sul da farsi una volta ‘perdutolo’. Ma un accademico puro e di assoluto prestigio, testimoniato da unanimi ed infiniti riconoscimenti. Tra cui, qualcuno farebbe bene a ricordarlo, il “Premio Feltrinelli” 2005 per il diritto. Un premio conferito a lui, così come, per altre e rispettive aree culturali, a personaggi quali Rita Levi Montalcini, Igor Stravinsky, Umberto Zanotti Bianco, Thomas Mann, Hans Kelsen, Luchino Visconti, Ermanno Olmi, Mino Maccari, Jean Mirò, Massimo Severo Giannini, Lawrence Olivier.